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Di mestiere maronatt, una scelta da spirito libero

Incontro con Giovanni Scozzari, che da quasi mezzo secolo vende castagne nel centro di Lugano: un osservatorio privilegiato

Anziani, boomer, generazione X, millennials e generazione Z, tutti in fila aspettando pazientemente il loro turno per assaporare le caldarroste di Giovanni Scozzari nella centralissima Piazza Dante di Lugano. A veder la coda al banchetto, non si direbbe un mestiere in via di estinzione quello del “maronatt”, il venditore di caldarroste.

A metà Ottocento, riportano i documenti dell’epoca, a Lugano ve ne erano tredici, tra i quali tre donne. Oggi, salvo errore, in città se ne contano due. Ma quella di Giovanni nei mesi invernali è una presenza imprescindibile nella piazza luganese. Se non ci fosse, la piazza sembrerebbe vuota. Da quasi mezzo secolo vende castagne arrostite da quella postazione da ottobre a febbraio, sette giorni su sette. E lo faceva già in precedenza, aiutando da ragazzo il padre Salvatore, dal quale ereditò mestiere e postazione. In totale, son più di settant’anni che la famiglia Scozzari è una presenza fissa invernale nella piazza davanti all’Innova, oggi Manor. Averla ereditata fu una scelta di vita, dettata dal seguire lo spirito libero che lo animava e lo anima tuttora, ha confessato Giovanni in un bell’articolo a lui dedicato sulla rivista il Ceresio.

 

«Il contabile non faceva per me»

Dal padre, migrante dalla Sicilia negli anni 30 del secolo scorso, contadino e venditore ambulante di marroni e di gelati d’estate sul lungolago di Paradiso, dice di aver ereditato il buon cuore e i principi quali il rispetto per la dignità e il valore di ogni persona. Qualche umiliazione perché figlio di un “terrone dal mestiere umile”, l’ha subita anche Giovanni nel Ticino degli anni Cinquanta del secolo scorso. Furono quei principi paterni fatti propri a fargli abbandonare dopo pochi anni il primo mestiere esercitato, quello di contabile nella gestione d’immobili. «La contraddizione nel dover difendere gli interessi dell’immobiliare per cui lavoravo in opposizione a quelli degli inquilini in difficoltà economica a rischio di sfratto, diventò insopportabile. E quindi mi licenziai» spiega con la sincerità che lo contraddistingue.

 

Con la futura moglie Jacqueline si spostò a Ginevra, città in cui lei concluse gli studi in letteratura germanica, mentre Giovanni, a soli due esami dalla laurea, interruppe gli studi universitari in storia dell’Arte, decidendo di seguire le orme del padre, diventando il maronatt di Lugano. «Sono sempre stato uno spirito libero e, non avendo grandi ambizioni di guadagno e di prestigio sociale, invece di finire degli studi che all’epoca non davano grandi sbocchi, ho abbandonato tutto e ho ripreso il banchetto di castagne sul finire degli anni Settanta». A 76 anni compiuti, lo troviamo ancora lì. «Anche se oggi me la prendo più comoda» dice sorridendo. Anche perché non è un mestiere di tutto riposo, anzi.

 

Il sogno di una società giusta

Una scelta di vita supportata dalla moglie, insegnante nella scuola pubblica, il cui reddito garantiva sicurezza economica alla famiglia. Giovanni, maronatt a tempo pieno nei cinque mesi invernali e gerente d’estate di un chiosco sul lungolago per molti anni, si dedicò così alla cura delle due figlie, alle faccende domestiche, trovando il tempo di coltivare altre passioni: orto, cucina e amore per l’arte, creando sculture con materiale di riciclo. Sul mobile della sala di casa in cui ci accoglie, alcune delle sue opere. «Saldare, farlo bene voglio dire, è complicato. Io sono un dilettante» dice modesto.

Appesa sopra il mobile, una foto di Che Guevara, l’argentino che lasciò posti di potere a Cuba dopo aver partecipato alla rivoluzione, per tornare a combattere (e morire) “ovunque fosse necessario liberare i popoli oppressi”. «Sono e rimango un suo ammiratore» ammette Giovanni. «Non ho mai smesso di sognare una società più giusta, senza discriminazioni».

 

La piazza di un tempo che non è più

Con quello spirito critico e solidale, da quel banchetto Giovanni ha visto scorrere mezzo secolo di umanità nella piazza luganese. È stato testimone di cambiamenti sociali, di umori e di mode, servendo castagne arrostite a ricchi, poveri e ceto medio, sempre con la stessa gentilezza e rispetto. Una piazza Dante che è andata svuotandosi nei decenni. «Negli Ottanta era una piazza viva, affollata di gente. C’erano negozi di vario genere, piccoli alberghi, bar e ristoranti. Finito il lavoro, la gente si fermava in Piazza e anche la domenica si riempiva. Oggi, la piazza non è più un luogo di ritrovo, è un luogo di passaggio». La piazza si è svuotata della sua anima.

Sebbene sian tutti di fretta, gli facciamo notare come la gente si metta in fila al suo banchetto, attendendo con pazienza il proprio turno o che le castagne siano cotte al punto giusto. Giovani compresi. «È vero. La castagna è un prodotto che piace ancora. È naturale, sano e nutriente. Forse per quello piace ancora anche alle nuove generazioni». Consiglierebbe il lavoro da maronatt a un giovane? «Perché no? Se gli piace il contatto con le persone, l’indipendenza nel lavoro e si accontenta economicamente, è sicuramente interessante».

 

Vacche grasse, vacche magre

Restando sul piano economico, a sorprendere è il prezzo con cui Giovanni vende i marroni, tre franchi l’etto, rimasto immutato da diversi anni. Il margine di profitto tra l’acquisto all’ingrosso e il prodotto lavorato invece, si è ridotto notevolmente nel tempo. Ma Giovanni preferisce mantenere il prezzo di vendita accessibile. «Un collega svizzero tedesco mi diceva di alzarlo, di venderlo come loro a 4,50 franchi l’etto. Non lo trovo giusto. In Ticino la gente ha meno soldi. Inoltre, non è come negli anni Ottanta o a inizio Duemila, ai tempi delle vacche grasse. Ora son tempi di vacche magre e bisogna saper accontentarsi del meno».


Un rammarico professionale di Giovanni è non poter offrire ai clienti un prodotto nostrano. «Mi piacerebbe ma non è possibile. Ci vuole un certo tipo di castagna, grossa, facile da spellare e che non si guasti facilmente. E soprattutto, ci vuole la garanzia di averne a sufficienza e sempre disponibile». Le sue castagne arrivano, tramite l’importatore svizzero, dal Piemonte, dove c’è una lunga tradizione di coltivazione. Una coltura che non sfugge ai problemi derivanti dal cambiamento climatico, che nel recente passato ha creato qualche difficoltà di approvvigionamento. Complice pure la comparsa del cinipide, un imenottero originario della Cina, che causò notevoli danni al castagno in tutto l’arco sudalpino, Ticino compreso. Fortunatamente, un animaletto antagonista fu pure lui importato e si è riusciti a debellare il cinipide quasi totalmente.

E la castagna, cibo di sussistenza del non troppo lontano passato dei ticinesi, può continuare a deliziare il palato dei clienti del maronatt Giovanni.

FOTO: © Francesco Bonsaver - area

Pubblicato il

24.12.2024 07:00
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