"Decisivo l'associazionismo"

Claudio Micheloni è uno dei quattro esponenti dell’Unione nella circoscrizione estero risultati decisivi per la vittoria del centrosinistra al Senato. Membro del Consiglio generale degli italiani all’estero (Cgie), presidente della Federazione delle Colonie Libere italiane in Svizzera (Fclis), segretario generale del Forum per l’integrazione degli immigrati in Svizzera (Fimm), il neoeletto senatore nell’intervista torna sulla campagna elettorale e commenta il voto degli emigrati. Senatore Micheloni, come ha vissuto questa “avventura” della campagna elettorale e della notte dei risultati incerti? La campagna l’ho vissuta come un momento di vita importante delle associazioni. Abbiamo fatto decine di assemblee, con molta partecipazione: un dibattito che è tornato ad essere vivo nelle associazioni. In Svizzera, il lavoro di collaborazione tra Colonie Libere ed Acli ci ha fatto uscire da questa campagna più forti di come vi eravamo entrati. Quanto al risultato, sono state ore drammatiche: dalle tre del pomeriggio, con i primi exit poll che confermavano i sondaggi, fino ad arrivare, ora dopo ora, al risultato millesimale di differenza, abbiamo vissuto tutti gli stati d’animo possibili e immaginabili. In modo particolare, abbiamo vissuto molto male tutta la fase dello spoglio, perché la disorganizzazione che c’era nei seggi era impressionante: anche per lo spoglio hanno sottovalutato l’importanza del voto all’estero. I rappresentanti di lista e gli scrutatori hanno fatto un lavoro straordinario, ma non c’era veramente nulla di organizzato, solo dei grandi baracconi e dei tavoli. Un’ulteriore dimostrazione che fino al risultato finale hanno continuato a vedere il voto all’estero come una cosa un po’ lontana, un po’ strana. Ma questa sorpresa del voto degli emigrati così a sinistra, se l’aspettava? In Europa sì. Sono però stato molto sorpreso del risultato mondiale, soprattutto per il Senato. Abbiamo cominciato a capire che prendevamo quattro senatori (che non avevamo immaginato di prendere, bisogna dire la verità) verso l’una e mezza di notte. Alle tre, dal quartier generale del voto all’estero abbiamo potuto confermare a Prodi che oramai erano sicuri quattro seggi; ed alle tre e mezza Prodi è uscito a dire in pubblico che avevamo vinto. Credo che sia la dimostrazione che gli italiani all’estero, vivendo in paesi dove l’informazione è libera e non controllata dal potere, hanno una visione vera dell’Italia. E hanno detto basta a questa compagine governativa e a Berlusconi. Pensa che abbiano giocato un ruolo anche i giornali dell’emigrazione? No, credo che gli italiani all’estero siano influenzati dalla stampa locale del paese d’accoglienza, dalla stampa sindacale libera, come in Svizzera. Ma la stampa dell’emigrazione credo che non abbia giocato un ruolo determinante, anche perché ha una diffusione molto limitata. E poi, gli emigrati hanno votato nella misura di oltre il 50 per cento, mentre i canali d’informazione delle associazioni non raggiungono un decimo di quelle persone. La stampa sindacale ed i mass media svizzeri, che hanno seguito molto attentamente la campagna elettorale italiana, hanno dato invece un grosso contributo, non solo durante la campagna, ma nel corso di tutti i precedenti cinque anni nei quali hanno diffuso l’immagine negativa dell’Italia che loro hanno visto. E l’associazionismo, secondo lei, ha avuto un ruolo? Fondamentale. Questa è stata la dimostrazione che le associazioni, che diamo sempre per spacciate, in realtà sono ancora presenti e vive. Il risultato elettorale lo dobbiamo a tutte le associazioni, in particolare alle Colonie Libere (e colgo l’occasione per ringraziare tutti gli iscritti delle Colonie Libere che hanno fatto un lavoro di volontariato straordinario). Se non c’erano le associazioni, non c’era comunicazione e non avremmo avuto mai la partecipazione che abbiamo avuto. Si aspettava una partecipazione così alta? Sì, lo speravo. E l’avevo anche dichiarato. Speravo che in Svizzera si raggiungesse il 50 per cento, perché questa è una comunità informata, che vive vicina all’Italia e che è in grado di dare un segnale politico forte. Il 50 per cento di partecipazione, nelle condizioni nelle quali i consolati hanno organizzato queste elezioni, mi sembra un grande risultato. È negli altri paesi che la partecipazione mi ha un po’ deluso, soprattutto in Belgio. Gli emigrati però hanno problemi da risolvere e diritti da difendere. Che cosa potrà fare per loro questa maggioranza? Come potrà occuparsene, presa com’è dai suoi problemi interni? Il fatto che i quattro senatori della circoscrizione estera garantiscono la governabilità del paese (perché di questo si tratta: non va dimenticato che senza il risultato dell’estero ci sarebbe stata una maggioranza di centrodestra al Senato e di centrodestra alla Camera, e dunque si sarebbe tornati a votare subito) è stato un elettro-shock nel mondo politico e nei mass media italiani. Ora noi parlamentari eletti dall’estero siamo inseguiti dalla stampa italiana che vuole sapere tutto di noi: cosa mai successa. Cioè si sono accorti adesso della realtà degli italiani all’estero, una realtà viva nel paese e che determina addirittura la maggioranza in una Camera. E voi neoeletti come vivete questa nuova situazione? La dobbiamo vivere con un grande senso di responsabilità, non con l’orgoglio di chi si sente determinante: questo sarebbe infantile e pericoloso. È una responsabilità supplementare, perché non ci possiamo permettere, noi dell’estero, di rimettere in questione la stabilità di questa legislatura: sarebbe la fine del voto all’estero e del rapporto con gli italiani all’estero. Creerete un vostro gruppo parlamentare? Sarebbe un errore politico, perché ognuno di noi ha un’appartenenza politica ed interverrà sulla politica italiana da quella posizione. Io ho invece proposto un coordinamento di tutti i 18 parlamentari esteri, perché sui problemi nostri (la rete consolare, la salvaguardia della lingua, eccetera) dobbiamo trovare posizioni comuni e un piano di lavoro comune, in modo che ogni iniziativa di un parlamentare abbia il sostegno degli altri. Ed in questo ci è di grande aiuto l’esperienza maturata nel Cgie, il Consiglio generale degli italiani all’estero. Ora lei lascerà tutti gli altri suoi incarichi? Nel Forum per l’integrazione dei migranti in Svizzera lascio la segreteria generale e rimango semplicemente membro del Forum. Per le Colonie Libere, ho messo a disposizione il mio mandato di presidente, ma il Direttivo ha risposto all’unanimità che non ce n’è bisogno. Per il Cgie, uno dei miei primi atti da senatore insediato sarà quello di dare le dimissioni dal Cgie, non perché vi sia incompatibilità tra le due cariche, ma perché ritengo inopportuno che un parlamentare della circoscrizione estero sia anche membro del Cgie.

Pubblicato il

28.04.2006 01:30
Silvano De Pietro