In questo periodo abbiamo sentito e letto molto sul debriefing. Si tratta di un intervento volto ad aiutare le vittime di un trauma, affinché possano elaborarlo (cioè riuscire ad esprimerlo e prenderne coscienza) e possibilmente superarlo. Solitamente, si parla di debriefing in presenza di un evento inatteso, forte, drammatico, che pone le persone che lo vivono in una situazione di stress. Nella vita capitano anche degli eventi per niente drammatici, che sono tuttavia fonte di stress e che possono procurare un trauma più o meno forte a seconda di chi lo vive. C’è chi se lo porta appresso, c’è chi lo supera, c’è chi lo cura (magari nel modo sbagliato). Un evento minore di questo tipo l’ho vissuto anche io e mi ha fatto riflettere. In breve: mi è capitato di dovermi presentare davanti all’ufficio di conciliazione in materia di locazione, dove ho dovuto sopportare l’arroganza di un avvocato che versava bile a pagamento. Ho trascorso la nottata rileggendo per la terza volta le vicende della tribù Malaussène di Pennac. Ho avuto il mio trauma da stress dovuto ad un fatto unico, emotivamente forte ed imprevisto. Eppure, nella mia breve carriera di sindacalista mi sono trovato numerose volte di fronte alla Chambre des Prud’hommes o in Pretura. Non ne ho mai avuto il sonno turbato. Questa volta invece non riuscivo a dormire. Perché? La risposta è semplice: tra me e l’avvocato è mancato un cuscinetto in grado di attenuare i colpi. Mi sono così reso conto di un compito importantissimo, che viene regolarmente svolto dai sindacalisti: quello di debriefer. Ho ripercorso alcune delle vertenze più difficili, non solo giuridicamente ma anche umanamente parlando, che ho affrontato ed ho capito (solo ora) quanto importante fosse, da questo punto di vista, il mio ruolo ed il mio modo di agire rispetto ai lavoratori ed alle lavoratrici. Mi sono così scoperto debriefer inconsapevole ma, oso dire, efficace. Chi ha vissuto l’esperienza di una causa in pretura per questioni di lavoro sa quanto bassi possano essere i colpi dei datori di lavoro e/o di chi li rappresenta. Il sindacalista impara a gestire le proprie emozioni ed a gestire quelle dei suoi patrocinati, facendoli parlare e contestualizzando fatti ed affermazioni. Certo egli non è formato a questo scopo, non è uno specialista, non usa nessuna tecnica professionale ma aiuta comunque lavoratori e lavoratrici ad elaborare lo stress e a superare il trauma della vertenza: è a metà strada tra la mamma protettiva ed il debriefer professionale. Nelle analisi sociologiche si parla molto del ruolo delle organizzazioni sindacali come elemento di gestione del conflitto sociale, che permette di incanalare rivendicazioni ed azioni potenzialmente violente e destabilizzanti per il sistema, verso il compromesso (il sindacato come stampella del capitale). Non ho mai trovato un riferimento invece (ma non pretendo di conoscere tutta la vasta letteratura sull’argomento) alla gestione dei conflitti individuali da parte dei sindacalisti, che di udienza in udienza combattono quello che io chiamo una quotidiana lotta contro la dominazione. Sono molti i datori di lavoro che non lo sanno, ma dovrebbero ringraziare i sindacalisti se hanno conservati intatti i loro connotati e le carrozzerie delle loro automobili.

Pubblicato il 

14.12.01

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