“Tsunami”, “Terremoto”, i paragoni si sprecano per i risultati elettorali di Lugano. In realtà, c’è una continuità: la città è sempre orientata a destra e lo rimane in modo schiacciante. Il passaggio della maggioranza relativa dal Partito liberale alla Lega dei Ticinesi o la vittoria del candidato sindaco leghista Marco Borradori sul liberale Giorgio Giudici appaiono cambiamenti più di forma che di sostanza. Certo, perdere il potere dopo 65 anni di dominio ininterrotto nel palazzo cittadino brucia ai liberali. Così come brucia l’aver perso la sfida per la poltrona più ambita. Forse però la saggezza popolare può fornire una chiave interpretativa: “chi è colpa del suo mal pianga se stesso”. Nel 2009, sul domenicale leghista un articolo portava la seguente firma: I tre municipali della Lega dei Ticinesi, Giorgio Giudici, Giuliano Bignasca e Lorenzo Quadri. Una svista, una provocazione o semplice verità? Non lo sapremo mai. Non sono pochi però gli osservatori nostrani che concordavano nel definire, seppur sottovoce, Giudici il terzo leghista nell’esecutivo luganese, vista la comunanza di idee su svariati oggetti. Da quando è nata, Giudici non si è mai opposto alla Lega. Lo ha fatto solo ora, quando i leghisti insidiavano la poltrona su cui sedeva da 30 anni. Lo stesso confronto elettorale tra Giudici e Borradori è stato incentrato più sulle differenze caratteriali dei candidati che su eventuali differenze nel campo delle idee. Su un punto vi è una sostanziale differenza tra i liberali e i leghisti: i bilaterali. I primi sono favorevoli perché sono stati voluti dal mondo economico, i secondi invece sono contrari poiché ne hanno intuito fin da subito le conseguenze sul mercato locale e l’enorme potenzialità nel farne un cavallo di battaglia elettorale, come avveratosi nei fatti. Indicando nei frontalieri il capro espiatorio, la Lega aizza alla guerra tra i lavoratori, ben guardandosi dal denunciare chi trae profitto dalla corsa al ribasso dei salari. Per questo per i salariati luganesi, per i dipendenti comunali, avere una maggioranza leghista o liberale non cambia nulla: la filosofia e gli interessi restano quelli padronali. |