Alcuni giorni orsono con il telecomando stavo facendo una carrellata dei vari canali tv fermandomi, poi, su una rete tv italiana che trasmetteva un talk show pomeridiano dove un suo inviato in Ucraina – in collegamento da Kiev – stava descrivendo un bombardamento in atto da parte dell’esercito russo con immagini di una famiglia con bambini che stava fuggendo per una strada della città mentre crollava in fiamme un edificio alle loro spalle. In quel preciso momento la conduttrice del programma ha interrotto il collegamento e mandato in onda una serie di spot pubblicitari sollecitando i telespettatori a non abbandonare il programma. Sono rimasto talmente sbigottito da questa incredibile inopportuna interruzione pubblicitaria che mi ha fatto rimpiangere la Rai della mia gioventù, quella di un unico canale (siamo alla fine degli anni 50 del secolo scorso), in cui la pubblicità era concentrata nei dieci minuti di “Carosello” – che seguiva il Tg principale delle 20 – e che, per i bambini, era diventato il segnale dell’ora di andare a letto a dormire. Dieci minuti che consentivano di pubblicizzare ogni sera quattro prodotti di vario genere con scenette comiche e divertenti recitate da personaggi all’epoca famosi come Giorgio Albertazzi, Mike Bongiorno, Ernesto Calindri, Aldo Fabrizi, Paolo Ferrari, Abbe Lane, Virna Lisi, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Totò e tanti altri ancora. Oppure pubblicità creata da scenette in cui gli interpreti erano dei cartoni animati che poi facevano tendenza specialmente tra i giovani come, per esempio, l’Omino coi baffi di una caffettiera napoletana o il “Calimero”, pulcino tutto nero, che pubblicizzava un detersivo, oppure il “Caballero” e la “Carmencita” per una marca di caffè. Pubblicità e programmi tv che, peraltro, all’epoca venivano aspramente criticati da gran parte degli italiani per una censura, delle autorità preposte, applicata non solo ai programmi televisivi ma anche alla pubblicità. Una censura per il linguaggio blasfemo, le parolacce oppure per ogni accenno al sesso; ma anche divieto di mostrare donne in abiti succinti e tantomeno in costume da bagno (chi non ricorda, tra i più anziani, le splendide gemelle Kessler – tedesche – costrette a ballare con delle calzamaglie color nero?), cantanti famosi come Umberto Bindi e Mina allontanati dalla Rai perché l’uno omosessuale e l’altra in maternità ma nubile! Arrivando all’assurdo di mettere al bando della pubblicità alcuni prodotti come la biancheria intima femminile oppure, addirittura, l’uso di alcune parole come sudore, depilazione o deodorante. Tuttavia, con il senno di poi, cioè di oggi, una Rai che si fa ricordare con nostalgia, da noi che ne siamo stati telespettatori, quando ci sintonizziamo su uno dei canali della tv pubblica italiana e, soprattutto, su uno dei tanti canali delle reti tv commerciali nate nel Belpaese negli ultimi decenni: telegiornali al ritmo di ogni trenta minuti che ti perseguitano H24 con le stesse notizie; film e serie tv ripetuti in continuazione nell’arco della settimana (magari in fasce orarie diverse), dei mesi o degli anni; spettacoli cretini che non si comprende come facciano a divertire il pubblico; un circo delle chiacchiere con una ventina di opinionisti tuttologhi schierati politicamente, che si spostano da uno studio tv all’altro; una pubblicità ossessiva e invadente (e spesso indecente) da far odiare i prodotti pubblicizzati. In definitiva, come recita una canzone di Enzo Jannacci, una televisione – sicuramente quella italiana – che “la t’endormenta cume un cuiun” che, a tanti emigrati italiani in Svizzera, fa sempre di più apprezzare i programmi della Ssr e in particolare la Tv della Rsi e la radio di ReteUno! |