Cure a domicilio, allarme rosso

Rispettando le consegne della maggioranza borghese della Commissione della gestione, il Dipartimento della sanità e della socialità (Dss) ha aperto nelle scorse settimane il cantiere dei risparmi nel settore socio-sanitario. I servizi che fanno capo a Patrizia Pesenti hanno allestito con solerzia un menu di “varianti tecniche di contenimento della spesa” per un importo massimo complessivo di 37,8 milioni di franchi, da cui ricavarne in un primo tempo 11,3. La consultazione degli enti interessati (Servizi di assistenza e cura a domicilio, enti d’appoggio, case per anziani, istituti per invalidi, centri giovanili, asili nido, antenne per tossicodipendenti, ecc.) si è conclusa ieri. In attesa che il dossier finisca sul tavolo del Consiglio di Stato, area propone un approfondimento sulle conseguenze che le misure di risparmio ipotizzate dal Dss avrebbero sulla politica cantonale di mantenimento a domicilio e in particolare sul funzionamento dei suoi principali tasselli operativi: i Servizi di assistenza e cura a domicilio (Sacd), gli enti d’appoggio e gli aiuti finanziari diretti. Si tratta innanzi tutto di porre una domanda: che senso ha avere una legge (e una prassi ormai consolidata) che promuove il mantenimento di anziani, disabili e malati al proprio domicilio e poi adottare delle misure che non faranno altro che far lievitare la domanda di presa a carico istituzionale e quindi – in contraddizione con l’obiettivo iniziale di ridurre le spese – i costi globali per il Cantone? È questo – stando alle reazioni raccolte nel dossier – il principale interrogativo che stanno suscitando fra operatori e utenti le ipotesi di risparmio per il settore messe in consultazione dal Dss. La domanda riflette il disagio di chi lavora sul terreno a favore del mantenimento a domicilio di fronte a “varianti tecniche di riduzione della spesa” che rientrano in un’operazione pregiudizievole per la linea adottata dal Dss (promozione della qualità, contratti di prestazione, scelte pianificatorie), condotta a compartimenti stagni (si taglia da una parte senza tener conto delle ripercussioni sulle altre). Operazione essenzialmente contabile (e i bisogni effettivi?) ma in realtà eminentemente politica (un’altra volta si taglia sulle spese statali senza parlare delle entrate, ovvero senza rimettere in discussione il disegno politico della defiscalizzazione). Gli effetti perversi del processo avviato da (ma imposto al) Dipartimento sanità e socialità rischiano di rendere vani gli sforzi intrapresi dall’entrata in vigore nell’ottobre del 1999 della Legge sull’assistenza e le cure a domicilio (Lacd). Benché soddisfino l’imperativo politico di ridurre le spese del settore socio-sanitario a corto termine, le misure di risparmio ipotizzate dal dipartimento di Patrizia Pesenti, se attuate, provocheranno al Cantone maggiori costi a medio termine a causa di un aumento delle domande di presa a carico istituzionale (in genere più cara dell’assistenza e cura a domicilio) in case per anziani, istituti per invalidi e foyers. A meno che i Comuni non accettino di accollarsi i maggiori oneri milionari derivanti dalla messa in atto della principale strategia di riduzione della spesa studiata dal Dss: l’assunzione da parte dei Comuni anche di quel 20 per cento restante del disavanzo di Sacd e servizi d’appoggio ora a carico del Cantone. Margarita ha sempre caldo. Senza un filo d’aria non sta bene, suda. Per questo anche in inverno le finestre del salotto devono restare aperte. Così, si sente subito meglio (come «con un caffè», dice). Così riceve sollievo dall’aria a cui fa fatica ad andare incontro. Da quando nel 1998 la sclerosi multipla l’ha costretta su una sedia a rotelle, questa signora di 47 anni dalla folta chioma e dagli occhi vispi non esce più quando ha voglia, ma quando può. Cioè sempre meno. Prima – fino a poco tempo fa – guidava con relativa facilità la sua carrozzella elettrica oltre la soglia della porta di casa, usciva sul pianerottolo, chiamava l’ascensore, ci entrava, scendeva al pianterreno e in un attimo era all’aria aperta. Adesso premere il pulsante dell’ascensore è un gesto che richiede grande energia e concentrazione. Conquistare autonomamente un po’ d’aria fresca sul viso è diventato più arduo. Margarita Vieira vive in un appartamento al terzo piano di una palazzina a Osogna. Il marito Joâo, fresatore in una ditta di Lodrino, l’aiuta ad alzarsi attorno alle 7. Le dà una mano a fare il bagno, la veste e prepara la colazione. La figlia Sofia, nel frattempo, è già partita per Lugano (è al primo anno di architettura alla Supsi). Non rientrerà prima delle 19. Joâo invece va al lavoro verso le 8. Prima di uscire solleva le gambe di Margarita su una poltrona (per la circolazione), oppure le mette i piedi sui pedali di una cyclette automatica (per la muscolatura delle gambe). Di norma è lì che alle 9 la trova Manuela, dipendente del Servizio aiuti di vita (Sav) della Pro Infirmis. Manuela – di nazionalità portoghese come la famiglia Vieira – rimane con Margarita fino alle 11, poi se ne va lasciando il pranzo preparato che Joâo riscalda quando rincasa a mezzogiorno. Joâo e Margarita mangiano assieme. Prima di uscire, lui la lascia di nuovo alla cyclette, con le gambe sulla poltrona del salotto oppure coricata a letto. Manuela torna alle 14 e resta con lei fino alle 16. Joâo rientra di norma attorno alle 17. Quando torna Sofia (che i fine settimana cucina e subentra al padre in alcuni compiti), riscalda la cena lasciata pronta da Manuela. Poi aiuta la moglie a fare esercizi e a coricarsi, solitamente fra le 21 e le 22. I sabati e le domeniche la famiglia Vieira esce a fare delle passeggiate nei dintorni. Nel gioco a incastri che sono le giornate di Margarita il servizio fornito dalla Pro Infirmis gioca un ruolo fondamentale. Ogni settimana (salvo durante le vacanze scolastiche, coperte da Sofia) Manuela passa 19 ore a casa dell’amica che segue ormai da 10 anni (nel Sav è sempre lo stesso dipendente che interviene). Si occupa delle pulizie, prepara pranzi e cene, la accompagna alle sedute di ergoterapia, oppure semplicemente le passa un bicchiere d’acqua. Quando Margarita torna dal fisioterapista (ci va due volte alla settimana) la trasferisce dalla carrozzella manuale a quella elettrica che usa sempre in casa, la sveste, la aiuta a fare il bagno e la riveste. E poi ci sono gli interventi di emergenza (anche fuori dalle ore di servizio), come quando un anno fa a Margarita si è aperta un’arcata sopraccigliare cadendo nel tentativo di aprire la finestra della cucina. «Non tutti i giorni sono uguali. Ultimamente, ad esempio, mi è capitato spesso di trovarla sulla carrozzella con il busto spostato su di un lato, ed era in quella posizione scomoda da più di un’ora», nota Manuela. «Mi capita quando sono stanca», le fa eco Margarita. Le quattro ore quotidiane (tre il mercoledì) che cinque giorni alla settimana Manuela trascorre in casa Vieira sono «il minimo indispensabile», dice Joâo. Per continuare a vivere al proprio domicilio Margarita ha bisogno di un accompagnamento costante, una prestazione che solo il Servizio aiuti di vita della Pro Infirmis – nel mirino dei tagli ipotizzati dal Dss – può garantire a prezzi accessibili (oltre che a condizioni di lavoro adeguate per chi presta l’assistenza) a questa famiglia di condizioni modeste. Le poche ore quotidiane non coperte dai famigliari o dalla dipendente Sav (8-9, 11-12, 13-14, 16-17), infatti, sono cariche di incognite. «Certo, un’ora da sola può stare. Ma può andar bene come può andar male», afferma Manuela secondo cui lasciar sola più a lungo Margarita significherebbe «costringerla a letto». «Ad esempio – prosegue – Margarita soffre di stitichezza. Per paura che il bisogno di andare alla toilette si presenti in quell’ora in cui rimane sola, mi chiede di sederla sul Wc quando me ne vado alle 16. In questi casi Margarita lì ci deve rimanere per più di un’ora, fino a quando rientra Joâo. Se dovesse restare sola più a lungo per la mancanza di un servizio come il Sav, come farebbe?». Detto altrimenti: chi garantirebbe una risposta al bisogno di accompagnamento costante che è quello di Margarita? Chi permetterebbe a questa famiglia, che di istituti o case per anziani non vuol nemmeno sentir parlare, di continuare a vivere insieme, con le gioie, le difficoltà e, a tratti, le frustrazioni di una vita a casa propria? Chi manterrebbe Margarita a una rassicurante distanza da un ricovero che lei, Joâo e Sofia rifiutano e che allo Stato, fra l’altro, costerebbe molto più della sua permanenza a domicilio? 11 milioni subito, altri 26 a disposizione La Legge sull’assistenza e cura a domicilio (Lacd) entrata in vigore il 29 ottobre 1999 ha quale scopo principale quello di permettere ad ogni persona di ricevere cure ed assistenza a domicilio. La Lacd ha quattro tasselli: i Servizi di assistenza e cura a domicilio (Sacd; sono 6 in tutto il Cantone e hanno sostituito i consorzi); i servizi di appoggio che offrono prestazioni di supporto alla singola persona bisognosa, alla sua famiglia e anche ai Sacd (distribuzione di pasti a domicilio, servizi di trasporto, centri diurni, servizi di pédicure, ecc.); il volontariato; e gli aiuti diretti (aiuti finanziari individuali che facilitano la permanenza a domicilio di persone con un reddito modesto e fortemente dipendenti dalla presenza costante di familiari e volontari). Assieme a case per anziani, istituti per invalidi, colonie, centri giovanili, asili nido, foyers, autolettighe e antenne per tossicodipendenti, i Sacd, gli enti d’appoggio e gli aiuti diretti formano il “pacchetto” del settore socio-sanitario sul quale il Consiglio di Stato – con un decreto allegato al preventivo 2004 – aveva l’intenzione di risparmiare 11,3 milioni di franchi. Seguendo l’indicazione della maggioranza della Commissione della gestione, lo scorso mese di dicembre il Gran consiglio non accolse la proposta governativa di tagliare i contributi cantonali al settore. Gli 11,3 milioni vennero così “congelati”. La Gestione chiese però al Dipartimento della sanità e della socialità (Dss) di individuare delle misure di contenimento della spesa nell’ambito sociale da negoziare con le parti e da presentare al più tardi con il consuntivo 2003. I servizi del Dss hanno così approntato una sorta di menu con delle “varianti tecniche di riduzione della spesa” per un risparmio totale massimo di 37,8 milioni di franchi: 11,3 milioni dovranno essere ricavati subito in modo da essere sottoposti al parlamento già in primavera (contemporaneamente al messaggio sul consuntivo 2003) e poi ancorati nel preventivo 2005; i restanti 26,5 milioni resteranno “a disposizione” del Consiglio di Stato e andranno con ogni probabilità a formare una percentuale della quota-parte risparmi del Dss in uno o più pacchetti di contenimento della spesa previsti dal Piano finanziario 2004-2007 (105 milioni per il 2005, 52 per il 2006 e 26 per il 2007). Il risparmio massimo ipotizzato dai servizi del Dss sulle prestazioni dei Sacd, degli enti d’appoggio e sugli aiuti diretti si aggira complessivamente attorno ai 9 milioni di franchi, importo da ricavare – in buona parte via modifiche legislative – attraverso razionalizzazioni, aumento delle entrate, blocco del rincaro e degli scatti salariali, rinuncia a nuovi servizi, riduzione/soppressione di prestazioni e, soprattutto, trasferimento ai Comuni. Fra le conseguenze delle singole misure su personale e utenti del mantenimento a domicilio, i documenti in consultazione fino a ieri segnalano: ripercussioni su motivazione e rendimento degli operatori di Sacd e servizi d’appoggio; possibile iniquità di prestazioni tra regioni e/o Sacd ed enti d’appoggio; presumibili difficoltà per le famiglie delle fasce di reddito inferiori a pagarsi le prestazioni di sostegno; aumento degli oneri per i Comuni e, soprattutto, crescita della domanda per collocamenti istituzionali. Pesenti: "Un taglio del 12 per cento" «Le richieste della maggioranza del Parlamento e del Governo vanno ottemperate, indipendentemente dalla mia opinione politica sui tagli alla spesa pubblica». La direttrice del Dss ha le mani legate. La Patrizia Pesenti che in ottobre era scesa in piazza, megafono alla mano, arringando la folla contro l’arroganza dei colleghi di governo è un ricordo ormai sbiadito. Rientrata nei ranghi, ora le tocca coordinare un’operazione (vedasi riquadro sotto) richiesta dalla maggioranza del parlamento e volta a trovare delle alternative ai risparmi nel settore sociale presentati dal governo nello scorso autunno. Patrizia Pesenti, il Dss sta facendo “i compiti” richiesti dalla maggioranza della Commissione della gestione. Stando alle prime reazioni di enti, istituti, associazioni e Sacd, li starebbe facendo fin troppo bene. Adesso non c’è il rischio di fare dell’eccesso di zelo? I servizi del Dss hanno fatto passare con rigore e scrupolo ogni voce di spesa del settore sociale. Abbiamo presentato un ventaglio di ipotesi tecnicamente possibili proprio per permettere al Consiglio di Stato di scegliere le misure di risparmio che ritiene più opportune. Presentare adesso delle misure concrete di risparmio non significa riconoscere che negli ultimi anni la spesa del suo Dipartimento è sfuggita, almeno in parte, al controllo? Solo chi non esamina la composizione della spesa pubblica può dire che è sfuggita al controllo. La spesa sociale per esempio è aumentata soprattutto nei settori dove le decisioni non vengono prese in Ticino. Una grossa parte della spesa sociale è vincolata da leggi federali che il cantone non può modificare neanche se volesse: quanto spendiamo per l’Avs, per l’Ai viene stabilito da una centrale di calcolo federale, non possiamo intervenire e quindi neanche risparmiare. Lo stesso vale per metà di quello che paghiamo per i sussidi cassa malati, e per il 90 per cento delle prestazioni complementari Avs e Ai, vincolate da leggi federali. In questo ambito, e ve ne sono anche altri, il Cantone non è libero di determinare la propria spesa. Tra l’altro sono proprio queste le voci di spesa ad essere maggiormente aumentate negli ultimi anni, a causa dell’aumento della popolazione anziana. Su 621 milioni di spesa netta in ambito sociale e sanitario il Cantone ha le mani legate dalle leggi federali su circa 240. Se si calcola che altri 160 milioni vengono usati per finanziare gli ospedali pubblici, la porzione di spesa su cui si può di fatto intervenire si riduce a 220 milioni. Tra l’altro per chiarire la questione tra contenimento e tagli: se si risparmiano 11,3 mio nel settore delle case per anziani, negli istituti per invalidi e minorenni, un settore che spende in tutto circa 90 mio all’anno, è chiaro che per gli enti e gli istituti colpiti si tratta di un taglio del 12 per cento! Leggendo i documenti relativi alle “varianti tecniche di contenimento della spesa” messe in consultazione si ha l'impressione che il Dss stia grattando il fondo del barile di ogni voce di bilancio senza una visione di assieme. Non c’è il rischio di provocare degli effetti perversi con questo tipo di operazione (per esempio, un risparmio suo Sacd comporterà un aumento delle prese a carico istituzionali e ciò si tradurrà in maggiori costi)? È possibile che un minor impegno nelle cure a domicilio per gli anziani provochi un maggior ricorso alle case per anziani. Questo e altri effetti sono proprio quelli che mettiamo in evidenza nel documento che lei cita. Questa manovra di risparmio da 11,3 milioni è solo la prima tappa. Altri risparmi sono già previsti quale quota-parte del Dss nel pacchetto da 105 milioni per il Preventivo 2005. Quali altri tagli sarà ancora in grado di sopportare il Dss tenuto conto dell’evoluzione dei bisogni della popolazione? I bisogni sanitari e sociali della popolazione evolvono a dipendenza della struttura demografica. In che modo e quante risorse impegnare per rispondere ai bisogni di cura, di sicurezza, di benessere dei cittadini è una scelta politica. I servizi pubblici danno le stesse opportunità di partenza a tutti i cittadini e i contributi delle assicurazioni sociali fanno in modo che nessuno resti indietro per strada. Si tratta di scegliere il tipo di società in cui vogliamo vivere. Dopo aver difeso come tutti sanno lo Stato sociale, come si sente ora a dover coordinare quest’operazione? Un membro dell’esecutivo deve essere pronto ad eseguire le decisioni del Parlamento, o nel caso di votazione popolare, della maggioranza dei cittadini. Nel rispetto delle regole democratiche, continuo a fare tutto ciò che posso per contrastare le disuguaglianze. Nessuno può sentirsi davvero libero in una società che non da a tutti le stesse opportunità.

Pubblicato il

05.03.2004 03:00
Stefano Guerra