Ci sono questioni che possono sembrare di rilevanza marginale. Ma, attenzione!, alle volte i cedimenti culturali possono cominciare da ambiti più o meno nascosti. E così ad un tratto guardando nei nostri piatti ci accorgeremo che la frittata è stata fatta. Quella metaforica dell'irrimediabile perdita di identità. Laddove un tempo c'era la polenta, ora c'è il cous-cous. Non sono questioni futili, non nascondiamoci sempre con la scusa delle esplorazioni culinarie. Tutte quelle chiacchiere sulla curiosità di conoscere specialità esotiche non convincono chi ha un minimo di senno e orgoglio patrio. Noi ormai abbiamo ceduto il controllo dei nostri fornelli a cuochi stranieri, abbiamo consegnato loro i nostri mestoli. Il kebab ha sostituito la trippa e di giovedì non ci sono più gli gnocchi ma il sushi. Tra l'altro, ditemi voi come si fa a mangiare il pesce crudo? Uno se non ha voglia di perder tempo a cucinare va al ristorante, mica si mangia le cose crude, no? Tutto ciò dimostra che non può esserci ecumenismo gastronomico tra i popoli e ognuno deve
attenersi alle proprie tradizioni. Anche perché, vi avviso, è breve il passo dal sushi alla formica gigante trifolata, o dagli involtini primavera al serpente passato nella pastella e fritto. Poi non mettetevi a piangere sulla "busecca" versata.
Soprattutto non date retta ai dietisti che più che altro sono i profeti della dieta mediterranea. Chi li paga per tutta questa pubblicità? La lobby dell'ulivo? O devo dire dell'Ulivo, così capite chi si nasconde dietro a questo complotto.
Hanno cercato di convincerci in tutte le maniere a farci abbandonare le nostre ricette. Niente burro, niente grassi animali. E basta! Le possenti coronarie delle popolazioni alpine non si lasciano certo otturare da bordate di strutto. Il grasso suino zampilla sereno e allegro nei nostri vasi sanguigni senza colpo ferire. Fidatevi. Noi siamo geneticamente predisposti per smaltire quantità pantagrueliche di lipidi. E non vorrei che in questa demonizzazione strutturale, distruttiva… insomma dello strutto ci fosse poi lo zampino – certamente non lo
zampone - degli islamici. Ma, insomma, Maometto era un profeta o un dietista?
Il problema comincia a porsi anche nella ristorazione. Mentre il povero grotto negletto se ne sta nascosto nel folto dei boschi, in centro città la fanno da padroni pizzerie, ristoranti cinesi, giapponesi, indiani, libanesi, argentini… Manca giusto la rappresentanza del Bhutan di cui per ora non conosciamo la cucina ma non disperiamo. Ancora un po' che andiamo avanti con queste nazioni unite delle pietanze finirà che qui la gente saprà distinguere i nachos dai tacos ma non la raclette dalla fondue. Tutto ciò mi getta nello sconforto più disperato. Dove sei finito nostro eroico Guglielmo Teller? Avresti forse preferito prendere a balestrate una papaya? Ah, tu che vivevi in un'epoca gloriosa senza tofu.
Orsù, è tempo di reagire. Chi cercherà di entrare nelle nostre cucine lo fermeremo in salotto! Un risotto lo seppellirà! Mobilitate le trippe! In alto la coppa, affettiamola.

Pubblicato il 

25.05.07

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