Esteri

Cuba tra miracoli e desolazione

In gennaio ho trascorso alcuni giorni all’Avana, soprattutto per valutare l’evoluzione dei progetti dell’associazione mediCuba, fondata nel 1991, quando dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica l’isola caraibica finì in una gravissima crisi economica a seguito dell’impossibilità di trovare a breve scadenza sbocchi commerciali alternativi. Ho un ricordo molto vivido di quel “periodo especial” durante il quale una parte della popolazione cubana era letteralmente ridotta alla fame. Decidemmo perciò di creare mediCuba, prima in Svizzera e poi a livello europeo, per fornire aiuti che potessero salvare l’esemplare sistema sanitario cubano. Da allora abbiamo potuto fornire un sostegno, non da ultimo durante la pandemia, di circa 30 milioni di euro. Durante la visita sono stato perciò ricevuto dal presidente cubano Díaz-Canel che ha voluto ringraziarmi come presidente di mediCuba-Europa. Dall’Avana sono tornato frastornato, con la testa piena di impressioni contraddittorie e da allora cerco di capire quale possa essere il futuro dell’isola.
Dopo l’azzeramento durante la pandemia del turismo, principale fonte di entrata dello stato, l’isola è difatti ripiombata in una grave crisi economica, anche perché Washington ha subito sfruttato la situazione rendendo il blocco economico totalmente asfissiante nell’ovvio tentativo d’affamare la popolazione e di spingerla alla rivolta. Così si è arrivati al blocco totale delle transazioni bancarie (e in Svizzera ne sappiamo qualcosa!), a impedire addirittura ai cubani che vivono negli Usa d’inviare soldi ai loro parenti, a imporre multe stratosferiche a qualsiasi impresa che tentava di commerciare o di trasportare beni a Cuba. Il tutto aggravato dall’improvvida introduzione da parte del governo cubano di una riforma monetaria, che avrebbe forse dovuto essere ritardata: si è infatti scatenata un’ondata inflazionistica, che sta duramente colpendo la popolazione meno abbiente. Dopo 60 anni di blocco economico asfissiante, i cubani sono stanchi e soprattutto molti giovani non vedono più, anche in assenza della carismatica figura di Fidel Castro, un futuro. Nell’ultimo anno e mezzo, quindi, circa 300.000 cubani, in particolare giovani ben formati, sono emigrati, soprattutto negli Stati Uniti, dove vengono fatti loro ponti d’oro, contrariamente a quanto capita con i migranti provenienti da altri paesi. D’altra parte Cuba non finisce di sorprendere. È riuscita con dei vaccini studiati e prodotti localmente (possibilmente addirittura migliori dei nostri) a vaccinare tutta la popolazione contro il Covid. Da qualche mese è finalmente entrata in vigore una chiara legislazione che permette la creazione di piccole e medie imprese private o sotto forma di cooperative: se ne contano ormai già più di 6.000. Ho avuto anche il piacere, per pochi spiccioli, di assistere al teatro José Martí alla produzione di un balletto classico-moderno di qualità eccezionale, come forse non lo si ritrova neanche a Broadway. Come mi ricordava il nostro ambasciatore, Cuba, assieme alla Svizzera, è l’unico altro paese al mondo dove “il matrimonio per tutti” è stato accettato in votazione popolare e questo nell’ambito di un codice di famiglia, più progressista del nostro. E ciò dopo una discussione pubblica molto intensa soprattutto per l’opposizione feroce delle Chiese evangelicali.
Riuscirà quindi Cuba ancora una volta a uscire dalla crisi e a conservare le conquiste di tipo socialista (scuola, salute, cultura ecc.) del suo sistema? A questo punto credo che nessuno lo sappia. Ciò che diventa sempre più chiaro è che costruire il socialismo in un solo paese, per di più piccolo e a pochi chilometri dal quartier generale del sistema imperialista, è un’impresa quasi impossibile. A meno che Cuba non compia un altro miracolo.

Pubblicato il

02.02.2023 17:14
Franco Cavalli