A briglie sciolte

A memoria d’uomo a Cuba non ci si ricorda di un uragano di una tale violenza. Durante quasi 48 ore Irma ha flagellato 13 delle 15 province dell’isola, accanendosi soprattutto su tutta la costa nord. Il mitico Malecón dell’Avana è stato preso d’assalto da onde alte più di 10 metri, che hanno allagato tutta la parte bassa della città. Un quadro esatto della situazione non c’è ancora, ma i danni sono incalcolabili, soprattutto nei più importanti alberghi turistici della parte settentrionale. Nonostante un’organizzazione capillare e perfezionata della protezione civile, che ha evacuato più del 15% della popolazione, si sono dovuti registrare 10 morti, in gran parte persone che si erano rifiutate di lasciare le loro abitazioni o che hanno commesso gravi imprudenze. In tutta Europa i comitati di solidarietà con Cuba hanno lanciato appelli per la raccolta di fondi: tra i primi c’è stata la sezione ticinese dell’Associazione Svizzera Cuba.

 

A livello dei media invece di quanto è capitato a Cuba quasi non si è parlato. Siamo stati informati in dettaglio su quanto è avvenuto nelle altre isole caraibiche, per giorni ci hanno poi tempestato a getto continuo e in tempo reale con quanto forse sarebbe potuto capitare in Florida, quasi si trattasse di una provincia di casa nostra. Non se ne poteva letteralmente più e, da quanto ho sentito in giro, sicuramente non sono l’unico a pensarlo. Ma si sa, parlar bene di Cuba è strettamente proibito e questa volta non si sarebbe potuto evitare di lodare lo sforzo esemplare fatto dalle strutture governative cubane per limitare al minimo le perdite umane, contrariamente a quanto è avvenuto in diverse altre isole caraibiche. Per non parlare della nostra Catena della Solidarietà per la quale Cuba non è mai esistita.


E per concludere mi riallaccio, sempre a proposito di media, alla mia colonna di quattro settimane fa, quando parlavo del Venezuela, perché nel frattempo è capitato qualcosa che magari ha sorpreso qualche ingenuo. Per mesi ci hanno bombardato quotidianamente con notizie sull’aggravarsi continuo delle manifestazioni di protesta, quasi che lo scoppio della guerra civile fosse oramai solo questione di ore. Quando poi il 30 luglio è stata eletta la Costituente con più di 8 milioni di voti chavisti, la situazione sul posto si è calmata ed il Venezuela è subito sparito da tutti i media. È come se qualcuno da qualche parte avesse improvvisamente inserito “Off”: magari ho le traveggole, ma penso proprio che sia capitato così.

 

In questi giorni ho però letto che il governo di Caracas, di fronte alle misure di blocco economico attuate a Washington, ha deciso di farsi pagare il petrolio non più in dollari, ma in yuan cinesi. Sarebbe uno smacco terribile per il grande fratello del nord, e non è quindi da escludere che a quelle latitudini venga nuovamente inserito il bottone “On”, per quanto riguarda la propaganda anti-Venezuela. Ed allora ce lo ritroveremo servito ad ogni piè sospinto. Quale amara conclusione non posso che ricordare come tutto ciò ci fa capire come mai in tutti i sondaggi realizzati nei paesi occidentali i giornalisti siano ormai la categoria di cui il pubblico si fida meno.

Pubblicato il 

28.09.17
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