L’Associazione per la scuola pubblica del cantone e dei comuni (Asp) non va per il sottile e critica, in un documento molto dettagliato presentato la scorsa settimana, l’operato dei vertici dell’Università della Svizzera italiana (Usi). L’accusa principale riguarda la crescita esponenziale dell’Usi che in «appena sette anni di vita – si legge nel documento – non sembra rispondere a una programmazione ponderata e consapevole». «Si ha invece la forte impressione che l’ambizione prevalente della neonata università sia di crescere comunque – non importa se in modo coerente e funzionale agli scopi. Una nuova realizzazione non ha il tempo di consolidarsi e di verificare la propria efficacia che subito si promuovono una nuova propaggine o un nuovo indirizzo formativo», continua il documento intitolato “Per l’Università della Svizzera italiana. Riflessioni e problemi”. Queste riflessioni sono state presentate al pubblico alcuni giorni prima della riunione della Commissione scolastica del Gran consiglio che ha sottoscritto a larga maggioranza (13 a favore e 3 contrari. Vedere articolo sotto) il rapporto sull’istituzione di una nuova facoltà che si aggiungerà a quelle già esistenti. All’Accademia di architettura e alle facoltà di scienze della comunicazione e di economia si aggiungerà, il prossimo autunno (2004/2005), la facoltà di scienze informatiche. Tra i favorevoli, anche se con riserva, il radicale Jacques Ducry e i socialisti Raul Ghisletta e Mario Ferrari. Ed è proprio la creazione della nuova facoltà d’informatica che alimenta i maggiori dubbi dell’Asp. Sulla questione Usi abbiamo posto alcune domande al professor Franco Zambelloni, docente di filosofia presso il Liceo di Mendrisio e membro dell’Asp. Cosa ha spinto l’Asp ha presentare un documento critico sull’Usi? C’è un’immagine ufficiale dell’Usi, quella costruita con un’abile operazione di marketing e diffusa attraverso i comunicati stampa: dice che l’Usi funziona perfettamente, non ha problemi e gode di ottima salute. E ce n’è un’altra che si ricava dall’insoddisfazione di alcuni allievi, ex-allievi e qualche ex-docente e che mostra invece un ateneo – e in particolar modo una Facoltà – che soffre di problemi d’improvvisazione, di un’organizzazione affrettata, di incertezze sulla definizione dei curricoli e di carenze didattiche. È questa discrepanza fra le due immagini che ha indotto l’Asp ad approfondire l’analisi. Quale delle due immagini è quella più vera? Probabilmente la versione più oggettiva sta nel mezzo: l’Usi non è un’istituzione scadente, ma non è neppure quel perfetto meccanismo didattico-scientifico che viene presentato dalle comunicazioni ufficiali. L’indagine dell’Asp ha voluto capire meglio – basandosi sui soli documenti ufficiali – quale ne sia lo stato di salute. Cosa contestate ai vertici dell’Usi? È da supporre che i vertici dell’Usi facciano del loro meglio per lo sviluppo di un ateneo che ha tutti i problemi di crescita propri dell’infanzia. Ci sono però due modi di far crescere il bambino: rimpinzandolo di vitamine e di cibo per farlo apparire grosso e robusto, oppure curandone l’equilibrio e la maturazione che quasi necessariamente non possono avere ritmi accelerati. L’impressione del comitato dell’Asp è che vi sia all’Usi una certa tendenza a far crescere il bambino più esteriormente che interiormente: ciò significa attirare studenti (che sono anche clienti di un’azienda che si finanzia in ragione del numero degli iscritti) offrendo prodotti appetitosi e un menu sempre più ricco, così da far crescere l’istituzione neonata. Se questa tendenza prevalesse sarebbe una via rischiosa: si sa che la veste pubblicitaria può far desiderare un prodotto, ma dopo l’euforia iniziale i consumatori si volgono altrove, se la confezione esteriore è prevalente sulla qualità del prodotto stesso. Il documento dell’Asp ha voluto mettere in guardia contro questa tendenza: e io credo che proprio per questo risulterà utile, perché l’aver denunciato il rischio finirà per rendere più cauti anche coloro che oggi rifiutano ogni critica. Il presidente Baggiolini ai microfoni della Rtsi ha liquidato le vostre critiche come una vecchia concezione degli studi universitari. Cosa risponde? I nuovi sistemi di finanziamento degli atenei, in atto in vari Paesi europei, hanno introdotto la logica del business nell’organizzazione didattica: in questa logica rientrano l’autonomia amministrativa e didattica degli atenei e la possibilità di stabilire una rete di alleanze fra istituti diversi che può essere utile alla ricerca e alla mobilità di docenti e studenti, ma può servire anche per collocare qualche aspirante alla docenza, per scambi di garanzie e di favori reciproci. Una conseguenza di questa nuova impostazione è la necessità di attirare studenti, di offrire loro possibilità à la carte inventando curricoli risplendenti come i vestiti nuovi dell’imperatore. Un’indagine ordinata in Italia dal ministro Moratti ha rivelato almeno 800 corsi di laurea fantasiosi inventati da varie università e del tutto inutili. Questa, di attirare clienti, è di sicuro la tendenza più recente dell’insegnamento accademico: ma voglio credere che non sia questa che il presidente Baggiolini considera la nuova concezione dei corsi universitari. Il documento dell’Asp insiste perché le formazioni accademiche fornite dall’Usi siano serie, rigorose, qualitativamente competitive – e qui non è questione né di novità né di antichità, ma di qualità e basta.gene Le riserve sulla nuova facoltà Si chiamerà Scienze informatiche, la nuova Facoltà dell’Usi (Università della Svizzera italiana). La Commissione speciale scolastica del Gran Consiglio, presieduta da Giorgio Salvadé (Lega), ha approvato il relativo rapporto elaborato da Claudio Bordogna (Plr) con 13 voti favorevoli e tre contrari (Chiara Orelli, Ps, Rodolfo Pantani, Lega, Eros Mellini, Udc). Tra i commissari hanno firmato con riserva, Jacques Ducry, Mario Ferrari e Raoul Ghisletta – membri anche dell’Associazione della scuola pubblica – che hanno presentato degli emendamenti da inserire nel documento. Ne abbiamo parlato con il parlamentare Ps Raoul Ghisletta. «Abbiamo ottenuto – ci spiega il granconsigliere Ps – di inserire nel rapporto dei punti, a nostro parere, importanti e qualificanti. Il primo è quello relativo al nome: il governo proponeva Facoltà di Scienze ma la Commissione ha voluto che il campo venisse circoscritto alla Facoltà di Scienze informatiche per evitare una crescita “incontrollata” dell’Usi, senza l’avvallo parlamentare. Riguardo la questione del “doppione” e della concorrenzialità fra la Facoltà di Scienze informatiche e Informatica alla Supsi (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana), il rapporto impone da una parte, una collaborazione stretta fra le due entità ma dall’altra una differenziazione chiara dei curriculi, soprattutto nei primi tre anni». Elementi di garanzia questi perché non si costituiscano, appunto, inutili doppioni. «Il rapporto invita – continua Ghisletta – alla creazione di un istituto interfacoltà di matematica e ha ottenuto consenso sulla necessità di sviluppare una dimensione culturale teorico- scientifica di Scienze informatiche». Terzo aspetto qualificante «è la richiesta del rapporto all’indirizzo dell’Usi di istituire una commissione scientifica internazionale per ogni facoltà, che preavvisi l’assunzione dei professori così da innalzare il livello di qualità». Punto cruciale – contemplato nel recente documento (si veda articolo principale) presentato dall’Associazione della scuola pubblica – resta la pianificazione universitaria (già in atto per la Supsi). «È stato ottenuto che venga presentato un documento cantonale di pianificazione universitaria come richiesto più volte dal gruppo socialista e dall’Associazione scuola pubblica». Conclude Raoul Ghisletta, che ricorda che i firmatari con riserva «approveranno la Facoltà di Scienze informatiche unicamente se il Consiglio di Stato, nella persona del consigliere Gendotti, s’impegnerà a far propri i punti sopraccitati del rapporto». Sul fronte degli scettici, Chiara Orelli, Ps. Per la parlamentare, che pure ha apprezzato lo sforzo critico presente in alcuni punti del rapporto, difficilmente tali garanzie potranno essere date e, in seguito, tradursi in atti concreti da parte dell'Usi. Questo uno dei motivi che hanno indotto la granconsigliera (che ha chiesto in commissione di rinviare la firma del rapporto a dopo la presentazione della pianificazione, annunciata dallo stesso come "imminente") a non sottoscrivere il rapporto Bordogna. «Le università svizzere sono dotate di uno strumento pianificatorio; non cosi attualmente l'Usi. A mio parere, è lecito dubitare dell'opportunità di discutere di una novità così importante quale la creazione di una facoltà prima che si conoscano i contenuti del documento che ci dice in quale direzione complessiva l'Usi vuole andare». Insomma secondo Chiara Orelli (anche lei membro dell Associazione della scuola pubblica) ci si è imbarcati in un'impresa senza il giusto equipaggiamento. «Sarebbe stato più opportuno e coerente sollecitare l'Usi a presentare in tempi brevissimi la pianificazione, e valutare l’opportunità della creazione di questa nuova facoltà con cognizione del quadro completo .E solo a questo punto votare». Perché sollecitare la pianificazione ora che i giochi son fatti? «È quanto mi hanno contestato. Ma i socialisti da anni chiedono di sapere quali sono le strategie di sviluppo globali dell’Usi, di potere conoscere nel suo complesso il disegno della politica universitaria cantonale: prova ne sono rapporti commissionali e interventi in Gran Consigli prodotti in questi anni dal nostro gruppo. Ora tale richiesta si è fatta particolarmente urgente». Per la parlamentare Ps l’urgenza per la realizzazione della nuova facoltà non è ancora dimostrata. «Non si è ancora riusciti a capire con precisione - precisa Orelli – quali siano le spinte reali, del mercato e delle forze di ricerca presenti nel cantone, che ne renderebbero indispensabile la creazione, tanto più che l’offerta di una formazione in informatica non è certo mancante, né in Svizzera né nell’Italia del nord. I dati sulla disoccupazione e sulle prospettive di lavoro nel settore, per esempio, sono tutt’altro che univoci. Il sospetto di una tendenza al gigantismo da parte dell’Usi viene poi dal vedere come a pochi anni dalla sua fondazione si voglia creare addirittura una facoltà nuova, cioè una grande e composita unità didattica e di ricerca. Forse sarebbe stato più prudente iniziare con un corso di laurea in informatica, un dipartimento, un istituto, e ampliare poi la struttura, una volta verificate le effettive ricadute occupazionali, economiche e scientifiche del nuovo insegnamento. L’Usi deve puntare sulla qualità, per la sua sopravvivenza e a vantaggio del progresso del paese: questi progetti vanno fatti con la ponderazione ragionata di tutti gli elementi in gioco. Nel nostro caso temo ci sia stata fretta e, spesso, approssimazione».mapi

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26.09.03

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