Costruire un mondo diverso

«Un altro mondo non è solo possibile, ma assolutamente necessario. Per questo dobbiamo batterci se vogliamo dare un futuro all’umanità». Vittorio Agnoletto è un piccolo uomo, piccolo e appassionatamente determinato, un medico che ha conosciuto e combattuto la disperazione di interi continenti flagellati dalla fame, dall’Aids e dal liberismo che trasforma gli stati in agenti delle multinazionali e le popolazioni povere in vittime della globalizzazione. Questo piccolo uomo ha compiuto con altri piccoli uomini e donne il miracolo di mettere insieme, in Italia, partiti di sinistra e movimenti, gruppi sociali e pezzi di sindacati, ambientalisti e associazioni cristiane e non: il movimento dei movimenti, collegato a quel che si muove nel mondo contro la globalizzazione. Incertezza, insicurezza e nuove sfide Vittorio, lo scenario è cambiato dopo l’attacco a Manhattan e al Penatagono e la strage di civili che ne è seguita. Non c’è il rischio che i movimenti che in tutto il mondo si battono contro il liberismo vengano spazzati via da una polarizzazione di guerra: siamo tutti americani, ci dicono, chi non si stringe a corte e non difende il modello sociale, culturale, militare esistente sta con il terrorismo. Viviamo in uno scenario terribile in cui nessuno può sentirsi sicuro. Soffiano venti di guerra, cresce il mercato legale e illegale di armi che alimenta odi e minacce di vendetta. Siamo a rischio di catastrofe, anche ecologica. Abbiamo l’obbligo di lavorare alla costruzione di un mondo diverso che, lo ripeto, è possibile e necessario. Qual è la strada stretta che il movimento di Genova e di Seattle, di Praga e Porto Alegre dovrebbe imboccare, per essere all’altezza di una sfida che fa tremare le vene e i polsi? E per non lasciar cancellare gli spazi democratici in nome della lotta al terrorismo? Abbiamo un movimento pacifico e di massa che cresce in tutti i continenti. La scommessa è di non limitarsi a lottare contro le ingiustizie che rendono sempre più distanti il Nord e il Sud del mondo, ma di raggiungere qualche risultato positivo, per ridare un po’ di speranza a milioni e milioni di uomini e donne che hanno perso tutto, cibo e aspettative di vita, e rischiano di perdere anche la speranza. È proprio tra masse diseredate senza cibo, medicine e speranze che il terrorismo può pescare. Uomini la cui vita non ha più valore, uomini e donne che non hanno più nulla da perdere, possono essere trasformati in kamikaze. Il movimento con le sue lotte e i suoi risultati contro le multinazionali che impediscono l’accesso ai farmaci salvavita - faccio solo questo esempio - può spazzando via le condizioni che consentono al terrorismo di reclutare manovalanza. Parli di risultati. È una speranza, la tua, o puoi farci qualche esempio positivo? Non è vero che il nostro è un movimento esclusivamente di protesta e testimonianza, che si batte soltanto «contro». In Sudafrica e in Brasile abbiamo ottenuto un risultato straordinario nella lotta contro l’Aids e le multinazionali che speculano sulla vita di milioni di persone, impedendo loro l’accesso ai farmaci. Noi siamo un movimento mondiale che si batte per svelare e sconfiggere l’uso criminale che viene fatto delle religioni e delle etnie contrapposte tra loro, fino ad alimentare e giustificare guerre e stragi. Ecco qual è il nostro ruolo. A luglio a Durban, in Sudafrica, abbiamo fatto manifestare insieme contro le multinazionali del farmaco vescovi cattolici e anglicani, esponenti musulmani, sindacati, il partito comunista, le associazioni. Un fatto straordinario, un’alleanza inedita che ha strappato un risultato e restituito un po’ di speranza alle vittime della globalizzazione. Dare voce e forza al dialogo E adesso che soffiano i venti di guerra, come vi muoverete? Noi siamo contro ogni guerra, che sia la Nato o che sia l’Onu a dichiarala non farebbe che aggiungere vittime alle vittime, odio all’odio. Serve un atto di giustizia che colpisca i responsabili della strage terroristica negli Usa ma senza alimentare la spirale della violenza. Ci muoviamo su due binari: ora manifestiamo nelle città con la parola d’ordine: «Contro il terrorismo, contro la guerra, un altro mondo è possibile». Queste manifestazioni avranno il loro sbocco naturale nella Marcia per la pace Perugia-Assisi di ottobre. La prossima settimana, poi, il Genoa Social Forum andrà in delegazione negli Stati uniti per incontrare i gruppi e le associazioni che aderiscono al movimento contro la globalizzazione liberista e che abbiamo incontrato a Porto Alegre. A loro porteremo la nostra solidarietà concreta e a loro chiederemo di mettere in piedi un movimento forte, anche negli Usa, che si spenda contro ogni tentazione di guerra, di odio e di vendetta.

Pubblicato il

21.09.2001 02:30
Loris Campetti