A due riprese, a inizio del 2017, l’uomo d’affari venezuelano Alejandro Leopoldo Lopez Betancourt si è recato a Lugano presso la banca Credinvest. Ad accoglierlo vi erano l’allora direttore generale e il suo vice. Betancourt era di casa in questo piccolo istituto ticinese, del quale è diventato azionista e presso il quale, a nome suo o di società e persone a lui legate, ha aperto decine di conti bancari. Il CEO gli aveva a sua volta fatto visita, in Venezuela e a Madrid. Al momento dei due incontri di Lugano, però, i due dirigenti sapevano che Alejandro Betancourt, così come altri suoi connazionali clienti di Credinvest, era oggetto di un’inchiesta per corruzione e riciclaggio negli Stati Uniti. I loro conti aperti a Lugano, la maggioranza dei quali a nome di società offshore, andavano quindi segnalati. È questa la principale conclusione emersa da due decreti penali emessi di recente dal Dipartimento federale delle finanze (DFF) che area ha potuto consultare. I due ex alti dirigenti dell’istituto ticinese sono stati ritenuti penalmente responsabili della violazione dell’obbligo di comunicazione, ossia dell’articolo 37 della legge federale sul riciclaggio. Questa norma impone agli intermediari finanziari di effettuare una segnalazione all’Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio (MROS) in caso di sospetto fondato sull’origine del denaro depositato su un conto. A sanzionare le eventuali violazioni è appunto il DFF che può emettere delle decisioni penali. La segnalazione della FINMA A segnalare al DFF la possibile violazione dell’articolo 37 è stata, nel dicembre del 2020, la FINMA. L’Autorità di vigilanza dei mercati finanziari aveva da poco concluso una sua procedura d’enforcement nei confronti di Credinvest. Tale inchiesta aveva stabilito che la banca ticinese aveva “gravemente violato” le disposizioni in materia di riciclaggio di denaro nei rapporti con la clientela venezuelana. Nello specifico, Credinvest aveva ospitato i conti di alcuni uomini d’affari venezuelani implicati in vicende di riciclaggio e corruzione in relazione alla società petrolifera statale Petroleo de Venezuela (PDVSA). Tra questi, Alejandro Betancourt, fondatore della società Derwick Associates, e il suo socio Francisco Convit. I due, sotto inchiesta negli USA, sono stati per un periodo anche azionisti della stessa Credinvest. Nella sua inchiesta, la FINMA ha anche stabilito che la banca ha comunicato in modo tardivo all’MROS alcuni conti. Da qui la denuncia al DFF che, quattro anni dopo, ha potuto stabilire le responsabilità della direzione dell’epoca. La rogatoria americana I legami tra Alejandro Betancourt e Credinvest sono emersi nella primavera del 2018 quando il Dipartimento di giustizia americano ha inviato una richiesta di assistenza giudiziaria alla Svizzera. Il procuratore distrettuale di New York stava conducendo un’indagine contro quattro dirigenti della Derwick, tra cui Betancourt e Convit. Al centro delle indagini vi erano dei contratti di fornitura stipulati con le compagnie statali venezuelane PDVSA e Corporación Eléctrica Nacional. Contratti ottenuti mediante il pagamento di tangenti. Dalla rogatoria emerge che, tra il 2010 e il 2012, il provento di tale operato illecito – oltre 1 miliardo di dollari – era stato inizialmente depositato negli Stati Uniti e successivamente è in parte confluito in Svizzera, su conti legati a Derwick e su altri intestati al già ministro dell’energia del Venezuela, Villalobos Cardenas. Fra le 35 relazioni menzionate dagli americani, figuravano i conti aperti presso Credinvest da Betancourt e Convit, a nome loro o a nome di alcune società offshore. Incaricato di eseguire la rogatoria, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha ordinato alla banca di Lugano, nel gennaio 2016, di fornire la documentazione bancaria. Nuovi conti, malgrado i sospetti di riciclaggio Pur avendo appreso da fonte ufficiale, ossia dall’MPC, dell’esistenza di un’inchiesta penale americana nei confronti di Betancourt e Convit, Credinvest ha proceduto nei mesi seguenti all’apertura di ulteriori tredici conti intestati a società offshore riconducibili ai due venezuelani e a un terzo socio, Pedro Jose Trebbau Lopez. Conti che, per tipologia e operatività, ricalcavano le relazioni già aperte precedentemente: interessate cioè, scrive il DFF, “da movimentazioni frequenti per importi di rilievo, la cui descrizione non permette di comprendere il retroscena economico”. I due dirigenti sono stati coinvolti praticamente nell’apertura di tutti questi conti. Per alcuni di essi era stato specificato che lo scopo dell’apertura era l’afflusso di fondi da PDVSA, inerenti a transazioni con la Derwick e a spese inerenti alle attività di quest’ultima. Credinvest ha segnalato all’MROS tutte Ie 51 relazioni aventi come beneficiari economici i dirigenti di Derwick soltanto nell’agosto del 2018. Troppo tardi, insomma. Non solo la banca era venuta a conoscenza da fonti ufficiali dell’inchiesta americana, ma un rapporto allestito nel 2015 da Wealth-X aveva già stabilito che il patrimonio di Trebbau proveniva dalla Derwick, “società interessata da notizie mediatiche negative (…) riguardanti accuse di corruzione in relazione a contratti con la Bariven, un’affiliata della PDVSA”. Tale rapporto era stato trasmesso ai due più alti dirigenti dell’istituto. Uno dei quali, lo stesso giorno, ha approvato l’apertura dei conti di Trebbau. Alla luce di tutto questo, secondo il DFF, i due dirigenti avrebbero dovuto presumere “che i valori patrimoniali in questione potessero provenire da un crimine o essere in relazione con il reato di riciclaggio”. Il lungo tempo trascorso dalla loro uscita dalla banca e il fatto che, “ancorché tardiva”, una segnalazione è stata fatta fa sì che la multa inflitta ai due ex dirigenti bancari sia irrisoria: 2.000 franchi, ossia l’1,333% del massimo della comminatoria di pena. |