Corridoi umanitari per gli afghani

«È la peggiore crisi umanitaria al mondo». Così le principali Agenzie Onu definiscono l’attuale situazione in Afghanistan. Una crisi che gli esperti definiscono di dimensioni maggiori rispetto a quella che devono affrontare, per esempio, Siria e Yemen, Paesi devastati da anni di guerra. Quasi 23 milioni di afghani – su una popolazione totale stimata a circa 38 milioni di abitanti – soffriranno di insicurezza alimentare durante questo inverno.

 

Una situazione, quella della crisi umanitaria e alimentare, che persiste da diversi anni ma che il ritorno al potere dei talebani e la siccità dovuta ai cambiamenti climatici, non ha fatto altro che peggiorare. «Siamo in un conto alla rovescia per la catastrofe», ha affermato il direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale (Pam) David Beasley, «e se non agiamo ora, avremo un disastro totale tra le mani». Le Agenzie Onu vogliono fare quindi il possibile per accelerare e aumentare gli aiuti, prima che l’inverno interrompa la praticabilità delle strade bloccando quindi buona parte del Paese. Il ritorno dei talebani al potere ha quindi fatto sprofondare il Paese in una crisi economica che non ha precedenti. Il Paese ha perso miliardi di aiuti e riserve internazionali e ora non ci sono soldi per pagare gli stipendi o per importare beni essenziali. La fuga di molti – per ora, ma con grosse difficoltà, solo nei Paesi confinanti – riduce ulteriormente gli affari di molti piccoli commercianti, costretti prima o poi a chiudere. A tutto questo si aggiunge l’aumento dei prezzi di molti prodotti, conseguenza anche della pandemia che assedia il pianeta da quasi due anni.

 

La sofferenza di chi è rimasto nel Paese è quindi profonda, perché accanto alle grosse limitazioni della libertà personale – pensiamo alle donne private dall’oggi al domani delle loro professioni e libertà personali, a tutte le bambine e i bambini che non potranno più frequentare le scuole perché ritenute inutili da chi è attualmente al potere – va ad assommarsi anche l’attuale crisi umanitaria e alimentare. E accanto a tutto ciò va ad aggiungersi la sofferenza, la grossa preoccupazione e la frustrazione che stanno vivendo tantissimi afghani residenti nei Paesi occidentali, impotenti nel tendere una mano ai familiari impossibilitati a fuggire o costretti dalle circostanze a restare nel Paese.


Anche i servizi di Sos Ticino sono stati particolarmente sollecitati, dalla presa di potere da parte dei talebani, da molti afghani e afghane residenti nel nostro Cantone in cerca di informazioni, ma soprattutto di suggerimenti su come aiutare i familiari a lasciare il Paese. Purtroppo al momento molti Paesi occidentali, compresa la Svizzera, non hanno intenzione di creare corridoi umanitari o facilitare l’accesso ai cosiddetti visti umanitari. Ma ciò nonostante l’Assemblea dei delegati di Sos Svizzera, riunitasi a Berna il 18 novembre scorso, ha voluto comunque inviare un segnale al Consiglio federale chiedendo che gli interventi a favore degli afghani non si limitino ad aiuti in denaro ma che ci si spinga oltre, accogliendo gruppi consistenti di rifugiati, creando corridoi umanitari e regolarizzando coloro che sarebbero dovuti essere rinviati in Afghanistan.

Pubblicato il

15.12.2021 16:09
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