Conto salato per i lavoratori

Era uno dei fiori all’occhiello della Svizzera turistica ma oggi il settore alberghiero e della ristorazione mostra i segni di un declino sempre più marcato. A farne le spese, in qualità di attore principale, il personale che vede erosi, in modo scandaloso, i propri diritti. Lo denuncia con forza il sindacato Unia (settore terziario) preoccupato del quadro che si va delineando nel settore. Nonostante l’adesione del sindacato, il 1° luglio del 2003, al Contratto collettivo di lavoro (per gli alberghi, ristoranti e caffè), i salari (i più bassi della scala salariale) e le condizioni di lavoro del personale impiegato sono tra i peggiori del mercato lavorativo. Si è di fronte ad un cumulo di problemi strutturali, spiegano al sindacato, che stanno portando al declino l’intero settore. L’elenco dei mali è lungo come un rosario: ai salari al di sotto del minimo contrattuale si aggiungono la sospensione del salario in caso di malattia, il non rispetto del diritto alla tredicesima, una scarsa valorizzazione delle competenze e dell’esperienza professionale, orari insostenibili (con straordinari non compensati) e non rispetto dei turni di riposo. In altri termini, la non applicazione del Ccl. Condizioni che allontanano dal settore le lavoratrici e i lavoratori qualificati verso l’estero con conseguente peggioramento del servizio offerto. Il risultato finale, spiegano a Unia, è una bassa produttività. Da qui il gatto che si morde la coda: l’associazione padronale risica i salari e recluta personale non qualificato, soprattutto straniero, per risparmiare sui costi. Una situazione insostenibile per il sindacato Unia che, lancia in resta, sta negli ultimi tempi rafforzando i suoi interventi sul posto di lavoro. Ne abbiamo parlato con Mauro Moretto, segretario centrale di Unia. Dalle vostre denunce emerge un quadro preoccupante del settore. Su quale versante è necessario intervenire con urgenza per favorirne la ripresa? I punti dolenti sono tanti e vanno affrontati uno per uno. Il che richiede tempo ed energia. Ci stiamo battendo con forza per gli adeguamenti salariali visto che le paghe attuali sono ridotte ad un livello d’indecenza. Finora abbiamo ottenuto qualcosa in questo senso ma la situazione in generale è ancora ben lontana dal poter essere considerata accettabile. Soprattutto nelle regioni di montagna, deboli economicamente, dove esiste ancora la possibilità di versare salari inferiori del 10 per cento rispetto al minimo consentito. Altro problema pressante riguarda l’applicazione sia del Contratto collettivo sia della Legge sul lavoro che allo stato attuale vengono il più delle volte elusi dai datori di lavoro. Questi sono i nostri principali cavalli di battaglia ma non tralasciamo anche gli altri problemi che contribuiscono ad indebolire il settore: la mancanza di formazione e la scarsa valorizzazione delle competenze del personale impiegato. Il settore alberghiero e della ristorazione, fate notare, si trova in un circolo vizioso che si ripercuote sul personale ma anche sull’immagine dell’intera categoria. Il peggioramento del servizio in questo settore è sotto gli occhi di tutti. Basta andare in un bar o in un ristorante per accorgersi che le prestazioni sono fornite da personale poco formato e sottoposto a condizioni inaccettabili che in quelle condizioni non può certo dare il meglio di sé. La triste realtà è che in questo settore approda solo chi non ha nessun altra possibilità d’impiego. Chi ha una formazione scappa dove le condizioni contrattuali sono migliori. La categoria padronale dovrà rendersi conto che le loro azioni di smantellamento dei diritti delle lavoratrici e lavoratori del settore producono macerie che finiscono col ricadergli addosso. Ripristinare i diritti, è la vostra parola d’ordine. Un’ardua battaglia se si considera che la maggior parte del personale è costituito da lavoratori emigrati (circa il 60 per cento) e da donne (circa il 50 per cento), da sempre e dovunque pagate meno dei loro colleghi uomini. Si tratta di lavoratrici e lavoratori facilmente ricattabili e con potere contrattuale spesso pari allo zero... Unia ha dichiarato di voler combattere in modo mirato le discriminazioni che li colpiscono. In che modo? È una battaglia titanica e non ci facciamo troppe illusioni in merito. Per il momento l’arma più efficace resta l’aperta denuncia dei soprusi e, contemporaneamente, fare un’opera d’informazione mirata. In occasione dell’adesione al Contratto collettivo del 1° luglio 2003 abbiamo preparato un nuovo opuscolo d’informazione per il personale che abbiamo tradotto in una decina di lingue in modo da raggiungere il ventaglio più ampio possibile di lavoratori stranieri. Ma soprattutto continuiamo ad essere presenti sul posto di lavoro per sostenere il personale. Pur facendo tutto ciò siamo consapevoli che non risolveremo i problemi nel giro di qualche anno. Contiamo comunque di rafforzare la nostra azione, che ha prodotto buoni risultati. I settemila iscritti dopo solo sei anni di lavoro (Unia esiste dal 1996) sono un buon incentivo ad andare avanti sulla strada che abbiamo percorso finora. A proposito di risultati: di recente il vostro il intervento ha costretto il colosso McDonald’s a versare adeguamenti salariali arretrati (secondo le nuove disposizioni del Ccl) a diverse centinaia di lavoratrici e lavoratori. Crede che questo segnale positivo spingerà a nuove denunce chi vedrà calpestati i propri diritti? Credo di sì perché esempi come questo dimostrano che se si denunciano gli abusi subiti e si lotta per i propri diritti, si può avere successo nel migliorare la propria condizione lavorativa. Per agire con più incisività e in modo capillare, un sindacato ha bisogno di moltiplicare i suoi sforzi e i suoi mezzi. Come intendete potenziare la vostra azione in futuro? Sarà determinante l’appartenere al nuovo sindacato Unia interprofessionale, fatto che ci permetterà di unire le risorse e le energie a disposizione così da poter intervenire non solo nel settore alberghiero, della ristorazione e della vendita ma anche in tutti gli altri settori dell’economia svizzera.

Pubblicato il

29.08.2003 01:30
Maria Pirisi