Conteggio del tempo lavorativo e versamento del capitale pensionistico

Durante l’anno ogni giorno lavoriamo 15 minuti in più rispetto all’orario di lavoro effettivo. Questi 15 minuti vengono accreditati su un apposito conto ore e poi utilizzati per prendere giornate libere prima o dopo i giorni festivi e tra Natale e Capodanno. Lo scorso anno tra Natale e Capodanno ero malato e in questo periodo ho ricevuto un’indennità giornaliera di malattia pari all’80 percento. Le mie ore di assenza per malattia sono anche state detratte dal conto ore in cui vengono accreditati giornalmente i 15 minuti che eccedono il normale orario di lavoro. Io ritengo che il mio datore di lavoro non possa detrarre questo tempo dal mio conto ore, trattandosi di ore di lavoro che io ho effettivamente prestato. No, il suo datore di lavoro non può detrarle le ore di malattia dal conto ore in cui vengono accreditati i 15 minuti che giornalmente eccedono il normale orario di lavoro. Come è giusto che sia, i 15 minuti che eccedono il normale orario di lavoro non vengono retribuiti al momento in cui vengono prestati. In compenso, il “giorno libero” supplementare viene retribuito come una normale giornata lavorativa. Questi giorni liberi supplementari non sono veri e propri giorni di ferie; si tratta di uno spostamento temporale, contrattualmente regolato, dell’orario di lavoro. Se una persona è malata un giorno in cui vengono prestati questi 15 minuti di lavoro in eccesso, questo tempo deve esserle accreditato come se avesse lavorato. Essa infatti ha un impedimento che non le permette di fornire la prestazione lavorativa concordata e questi minuti le spettano. Se una persona si ammala in uno dei “giorni liberi” supplementari, per la durata della malattia ha diritto al pagamento del salario, come previsto dalla legislazione in caso di malattia. Essa ha diritto di fruire in un secondo tempo del monte ore accumulato prestando ore lavorative che eccedono il normale orario di lavoro. * * * Avevo presentato domanda alla mia cassa pensioni per ricevere il pagamento delle prestazioni di vecchiaia nel mio 62° anno d’età. Il mio datore di lavoro mi ha però proposto, anche per motivi di salute, di anticipare di un anno il mio pensionamento. Ho accettato la sua proposta. La mia assicurazione mi ha ora comunicato che non potrò ricevere la mia prestazione di vecchiaia sotto forma di versamento del capitale, ma solo sotto forma di rendita ridotta della cassa pensioni, poiché non ho rispettato il termine previsto di tre anni. Io, però, contavo di ricevere questo capitale e adesso sono molto deluso. Una cassa pensioni è veramente autorizzata a rifiutare il versamento del capitale? Sì. Le disposizioni regolamentari possono prevedere che il beneficiario abbia la possibilità di richiedere un versamento del capitale in sostituzione di una rendita di vecchiaia, di invalidità o per vedove. Per la prestazione di vecchiaia l’assicurato deve fornire l’apposita dichiarazione al più tardi tre anni prima della nascita del diritto. L’indicazione temporale “tre anni prima della nascita del diritto alla prestazione di vecchiaia” si riferisce al momento a partire dal quale l’assicurato può richiedere simili prestazioni alla sua cassa pensioni. Il regolamento della sua cassa pensioni prevede che il diritto alla prestazione di vecchiaia nasca con il compimento del 62° anno d’età. Concretamente ciò significa che ai fini dell’osservanza del suddetto termine triennale la fruizione anticipata della prestazione dovrebbe essere comunicata a 59 anni.

Pubblicato il

04.02.2005 14:30
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