L’iniziativa per multinazionali responsabili è nata dalla società civile, è appoggiata dai sindacati e dalle forze politiche progressiste, ma raccoglie ampi consensi anche in altri contesti sociali e politici. In questi giorni saremo chiamati a votare per l’iniziativa a favore di multinazionali responsabili. Se vincesse questa iniziativa, le grandi aziende con sede in Svizzera che operano anche all’estero saranno chiamate a rispondere legalmente davanti a un tribunale elvetico di eventuali abusi in materia di diritti umani, lavoro e ambiente. Alcune personalità ci hanno illustrato il punto di vista cristiano, imprenditoriale e borghese di chi è a favore dell’iniziativa. A difesa del creato Da mesi sui muri delle chiese protestanti in Svizzera non è difficile vedere bandiere a sostegno dell’iniziativa. Il Consiglio della Chiesa evangelica riformata in Svizzera (CERiS) si è schierato infatti a suo favore. La comunità evangelica di lingua italiana di Zurigo, realtà presente in città dal 1880, che unisce persone di diverse denominazioni (valdesi, battisti, metodisti, ecc.), fa parte della Chiesa riformata e quindi appoggia l’iniziativa. Per Anna-Maria Cimini, valdese di origine italiana e Presidente del concistoro, «il sostegno all’iniziativa nasce dalla volontà di salvaguardare il creato. Alcune multinazionali svizzere come Glencore, Holcim o Syngenta inquinano l’ambiente di paesi che non hanno né le risorse per difendersi contro questi abusi, né per effettuare dei controlli. Sosteniamo l’iniziativa anche perché riteniamo che la ricca Svizzera abbia delle responsabilità nei confronti dei paesi più poveri. Personalmente ritengo che il comportamento di alcune multinazionali svizzere sia una forma particolarmente perversa di colonizzazione». Per Cimini, l’impegno delle Chiese in questo frangente è positivo: «Ritengo che le Chiese debbano essere molto più impegnate sul piano politico, così come lo sono le chiese valdesi in Italia, che apprezzo anche per questo. La res pubblica ci riguarda tutte e tutti». La spinta di Papa Francesco Anche la Chiesa Cattolica è favorevole ai contenuti dell’iniziativa. Per Encarnación Berger-Lobato, portavoce della Conferenza dei vescovi svizzeri, «la Conferenza non ha dato indicazioni di voto, ma condivide apertamente gli obiettivi degli inizianti». Un sì convinto all’iniziativa è arrivato dalla Commissione nazionale Giustizia e pace, organo importante all’interno della Chiesa cattolica. Organizzazioni locali e personalità cattoliche si stanno impegnando all’interno del comitato Chiese per multinazionali responsabili. In prima linea, in tutta la Svizzera, c’è anche Caritas. Marco Fantoni, direttore di Caritas Ticino, lo conferma: «Come organizzazione siamo fortemente schierati a favore dell’iniziativa. Le aziende per noi sono sane anche se gli utili che producono sono generati con serietà, rispetto e sostenibilità. In questo senso ci rifacciamo alla Dottrina sociale della Chiesa cattolica. Facciamo campagna per il sì attraverso i nostri canali informativi e, inoltre, siamo impegnati all’interno della Rete Laudato si’, nata da precedenti esperienze con altre organizzazioni cattoliche ticinesi». La Rete, costituitasi recentemente in tutto il mondo, si rifà esplicitamente all’omonima enciclica di papa Francesco che, a cinque anni dalla sua pubblicazione, continua a ispirare esperienze religiose, sociali, etiche e, in questo caso, persino politiche. Al centro di quel messaggio papale, che all’epoca fece molto discutere, c’è l’ambiente, l’ecologia integrale e, non da ultimo, l’attenzione alla persona umana. La sostenibilità conviene Le maggiori associazioni che rappresentano gli interessi delle multinazionali e del padronato si sono schierate contro l’iniziativa. SwissHoldings ed Economiesuisse, in particolare, hanno portato avanti un feroce lavoro di lobby fatto anche di disinformazione. Alcuni imprenditori appoggiano però l’iniziativa e si sono raccolti attorno a un Comitato denominato Economia per imprese responsabili. Luca Bolzani, imprenditore ticinese attivo nel ramo della farmaceutica ed esperto nel campo dell’innovazione aziendale, è tra questi: «Al di là delle convinzioni e delle sensibilità personali rispetto ai temi sollevati dall’iniziativa, credo che questa possa giovare all’immagine della piazza economica svizzera. Mettere al centro la sostenibilità, i diritti, l’ambiente e l’essere umano è una strategia lungimirante sul medio e lungo periodo per le nostre imprese. A mio modo di vedere queste caratteristiche del fare impresa stanno sullo stesso piano dell’innovazione, un elemento fondamentale per competere su scala globale. Ormai si va sempre più in questa direzione e occorre dotarsi di una struttura giuridica efficace in materia. Per questo motivo ho detto sì all’iniziativa e mi sto impegnando in prima persona affinché possa vincere». Borghesi ma non troppo L’iniziativa piace anche a molti politici di centro-destra. I Giovani Ppd, i Giovani Verdi liberali, il Partito giovanile evangelico e singoli esponenti giovanili del Pbd hanno addirittura fondato il comitato a sostegno dell’iniziativa chiamato Giovani per un’economia responsabile. Persino alcuni politici dell’Udc si sono schierati apertamente a favore. Sul tavolo ci sono infatti diritti di base irrinunciabili che dovrebbero costituire il minimo comune denominatore della nostra convivenza civile. Maddalena Ermotti-Lepori, esponente PPD, a dispetto della posizione del suo partito, è una convinta sostenitrice del sì: «In Ticino c’è un forte consenso attorno all’iniziativa, anche all’interno del mio partito. È una proposta proveniente dalla società civile e non dalla politica, che ha raccolto enormi consensi negli ambienti cristiani. Non posso che appoggiarla. Senza contare che l’iniziativa riguarda poche imprese scorrette che rovinano l’immagine delle molte imprese svizzere operanti nel mondo». |