Consegnati i primi 25 diplomi di badante

In Ticino è nata una nuova professione: quella della badante. Con tanto di titolo, il famoso “pezzo di carta” e la settimana scorsa sono stati consegnati i primi 25 diplomi di “Collaboratrice familiare”. Un percorso formativo che, partito su spinta dal basso, è destinato a fare scuola in Svizzera. Una vittoria per questa categoria professionale che nonostante sia centrale nella presa a cura degli anziani, fino a poco tempo fa era relegata all’ombra della società e dei diritti del mondo del lavoro.

 

Sono sfilate a una a una sul palco dell’aula magna della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi) di Trevano visibilmente emozionate e soddisfatte le nuove collaboratrici famigliari diplomate nel Canton Ticino, in quella che è stata una prima nazionale. Venerdì 18 novembre è un giorno che non dimenticheranno. Celia Bernasconi, Antonia Colombo, Giovanna Cristiano, Ildemira Dos Santos Bomura, Silvia Dragoi, Anna Gajda Marzena, Rosalia Gaspar, Renata Grudzien, Irena Gryta, Maria Lenart, Nathalie Maître, Olga Maxim-Alexuta, Zofia Misiak Malgorzata, Girlai Pereira Ramos, Gea Pitschen, Stefania Prepelita, Askale Ramasco, Mascia Rimediotti, Ewa Helena Stachowska, Miroslawa Szustkiewicz, Katarzyna MonikaTararuj, Miriam Tenchio, Diana Verdiani, Fidane Vladi e Maria Wisniowska hanno ritirato il loro diploma che si sono guadagnate sul campo. È un diploma particolarmente sudato quello di “Collaboratrice familiare” che per la prima volta ha ottenuto un riconoscimento formale attraverso un percorso formativo riconosciuto e sostenuto dal Cantone. Un diploma che, dando finalmente legittimità formale a una professione, è partito su una spinta dal basso, direttamente dal mondo del lavoro. Come si ricorderà, nel 2012 una serie di suicidi di badanti polacche attive in Ticino aveva scosso l’opinione pubblica. Sulla scia di questi tragici eventi, denunciati da area, il sindacato Unia ha intrapreso una serie di azioni per migliorare una situazione drammatica dal punto di vista del rispetto delle condizioni di lavoro: avvio delle trattative per un Ccl, richiesta alle autorità e ottenimento di un appartamento d’emergenza per le badanti in difficoltà per conflitti sul luogo di lavoro e l’idea di un corso professionale.


L’istituzione del diploma cantonale, promulgata dalla Divisione della formazione professionale con il sostegno del Dipartimento sanità e socialità (Dss), nasce proprio sulla base di un’iniziativa congiunta di Ecap Ticino Unia e il Settore corsi della Croce Rossa. E oggi il diploma è realtà.
«Il Cantone ha dato una risposta. I vecchi saperi, perché quello della cura degli anziani è un fenomeno antico che mai però era stato riconosciuto concretamente, ora a tutti gli effetti sono riconosciuti professionalmente. Come era giusto che fosse. Per la prima volta si ha una qualificazione, che valorizza questo ruolo. La qualifica professionale diventa dunque un trampolino di lancio per queste donne e garanzia di presa a carico adeguata per gli utenti in uno scambio reciproco». Così Paolo Beltraminelli, il direttore del Dss, intervenuto il giorno dopo la cerimonia di consegna dei diplomi al seminario pubblico “La formazione della collaboratrice familiare come riferimento per l’assistenza nella società post-moderna”, organizzato dagli stessi enti che hanno strutturato il corso che ha portato al diploma. Insomma, il percorso formativo è stato creato, il primo significativo passo compiuto, occorrerà ora radicare quanto conquistato. «È una sfida tuttora aperta. I 25 diplomi rappresentano un segnale, ma il vero riconoscimento della collaboratrice familiare dovrà passare dal consenso. Bisogna riconoscere che quella prestazione vale e ci vorrà del tempo, sarà necessaria la costruzione del consenso e di un sistema negoziale. Andrà di pari passo la regolazione delle condizioni di lavoro e il collocamento». Un riconoscimento per Furio Bednarz, capo dell’Ufficio della formazione continua e dell’innovazione della Divisione della formazione professionale, dovrà passare giocoforza dall’integrazione della collaboratrice familiare nella rete dei servizi, «nel consolidarsi di una cultura e di un’etica della cura a domicilio come competenza complessa».


Giacomo Viviani, presidente Fondazione Ecap, che è stato uno dei fautori di questa iniziativa che sarà presto imitata in altri cantoni, ha sottolineato quanto sia stato fondamentale apprendere dal’esperienza di queste donne per facilitare l’apprendimento della professionista.
Siamo solo agli inizi di una rivoluzione demografica, è stato ripetuto più volte dai relatori. Per questo è fondamentale dare garanzie di professionalità alle badanti: non solo perché era giusto riconoscere il loro lavoro e tutelarle, ma anche perché gli utenti, destinati ad aumentare, meritano una presa a carico adeguata. L’emergere di questo mercato, per ora occupato in maggioranza da lavoratrici straniere, in particolare dalla Polonia e dalla Romania, obbliga a innovare le proposte formative rivolte alla costruzione delle competenze delle collaboratrici famigliari.


In questa direzione ci si muove con progetti non solo su scala locale, ma anche europea dal momento che la necessità di cura della popolazione anziana al di fuori delle case medicalizzate è un’urgenza che esce dai nostri confini. Nel corso della giornata è stato presentato il progetto europeo “ICT - Innovative caregivers training” che, coordinato dalla Supsi con Ecap per la parte svizzera e partner di altri paesi, è destinato ad accrescere le competenze e le capacità di attivazione sociale delle collaboratrici familiari. «Il progetto ha avuto successo a livello europeo e una delle ricadute pratiche è stata proprio che una parte della metodologia adottata è stata valorizzata e inglobata nella formazione preparatoria al Diploma cantonale di collaboratrice famigliare» ha spiegato Vincenzo D’Angelo, del Dipartimento di economia aziendale della Supsi.


Un programma che, vista la sinergia con sei enti europei, evidenzia l’importanza e la centralità che sta assumendo questa figura professionale di cui si vuole qualificare maggiormente il ruolo e il profilo attraverso un modello formativo che include l’utilizzo delle nuove tecnologie in un approccio pedagogico che favorisce l’apprendimento sul luogo di lavoro e il rafforzamento del supporto e della collaborazione in rete.
Le badanti in Ticino hanno fatto sentire la loro voce, ci hanno detto che lavorano in turn over massacranti dal punto di vista fisico e con gravi ripercussioni psicologiche, ci hanno chiesto di aiutarle affinché i loro diritti e la loro dignità di lavoratrici non fossero calpestati, anche a beneficio di quella popolazione vulnerabile di cui si prendono quotidianamente cura.
L’appello è stato raccolto e i primi risultati sono qui da vedere: il Diploma cantonale di collaboratrice famigliare è l’ultimo tassello di tre anni di lavoro con e a favore di questa categoria professionale, mentre la rete dei servizi si sta aprendo a questa realtà emergente dal sottobosco dove era stata repressa.

Pubblicato il

23.11.2016 20:44
Raffaella Brignoni