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Belpaese

Confindustria si accomodi e i sindacati si adeguino

di

Loris Campetti

Quante anime ha il governo Draghi, detto anche il governo dei migliori perché amato dall’Europa e capace di tenere insieme quasi tutto l’arco politico, dai leghisti fino a Leu? Una, nessuna, centomila. Centomila, una per ogni interesse di parte, di categoria, corporazione, lobby. Nessuna, perché se l’anima è lo scrigno di sentimenti e valori, i valori e i sentimenti si annullano nella lotta quotidiana fra bene e male, solidarietà e individualismo, umanità e razzismo, uguaglianza e ingiustizia sociale.

 

Ma a guardar bene, un’anima resta: quella di Draghi il Supermario, della finanza che detta legge al capitale che a sua volta detta legge sul lavoro. La squadra personale che il premier si è costruito ha un obiettivo: tutto torni come prima, con il Pil a regolare scambi e relazioni sociali, diseguaglianze comprese, con un ponte insensato tra Scilla e Cariddi finalizzato non per i profughi afghani in fuga dall’inferno che Usa, Occidente e talebani hanno regalato loro ma per far girare i capitali, pazienza se in odor di mafia. Tanta ecologia di facciata, promessa di capitalismo light, Confindustria si accomodi e i sindacati si adeguino, c’è uno strapuntino pronto per loro.


Com’era prevedibile, gli azionisti del Draghi 1 litigano su tutto. Ius soli, immigrazione, giustizia, omofobia. E ancora, sul green pass, sull’ipotesi di aprire un corridoio umanitario per salvare chi ha collaborato con noi al disastro afghano – anche se su Kabul c’è un punto che unisce destra sinistra centro e tecnocrazia draghiana: tutti insieme contro l’ex premier Conte che “fa l’occhiolino ai tagliagole”, avendo detto l’unica cosa sensata: i talebani hanno vinto la guerra e le trattative si fanno con i nemici, dobbiamo dialogare con loro. Apriti cielo, daje all’infame. Sono gli stessi che versano lacrime finte per la morte di Gino Strada che fino a ieri accusavano di curare tutti i feriti di guerra, addirittura i nemici.


Qualche nodo verrà presto al pettine. A inizio ottobre si svolgeranno le elezioni amministrative in mezza Italia, da Torino a Milano, da Bologna a Roma, da Napoli alla regione Calabria. Il Pd ha più di 60 candidati sindaci, tutti maschi. In poche città il partito di Letta si presenta insieme ai 5 Stelle, in diverse ha competitori interni allo schieramento di centrosinistra (a Roma c’è il prode Calenda, a Napoli il vecchio Bassolino, in Calabria De Magistris e anche un ex presidente di regione anch’egli Pd e chissà cosa farà Renzi. A Siena, città dominata dal Pci-Pds-Pd con l’arma del Monte Paschi, si tengono elezioni suppletive per un seggio al Parlamento dopo che l’ex ministro dell’economia Padoan si era dimesso per andare a presiedere l’Unicredit. Il candidato del centrosinistra sarà il segretario Letta che dopo la tranvata arrivatagli da Renzi aveva lasciato la politica. Una candidatura inopportuna, preparando la vendita dell’agonizzante Monte dei Paschi all’Unicredit di Padoan. La destra di lotta e di governo che litiga su tutto, ovunque si presenterà compatta alle urne.


L’esito delle amministrative e del voto senese orienteranno gli ultimi mesi del semestre bianco e l’elezione del presidente della Repubblica. Ma di questo avremo modo di riparlare.

Pubblicato

Giovedì 26 Agosto 2021

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