Storia di classe

È molto difficile, nell’ambito di una democrazia borghese, promuovere un vero processo rivoluzionario. Ma abbiamo fatto progressi e continueremo a farne. E lo facciamo rispettando la nostra coscienza, il programma che solleviamo davanti al popolo, e la decisione di coloro che stanno aprendo la strada a una nuova società […]
Fidel Castro in un suo discorso ha detto: “Non sono i rivoluzionari gli inventori della violenza. È stata la società di classe nel corso della storia a creare, sviluppare e imporre il suo sistema attraverso la repressione e la violenza. Gli inventori della violenza, quelli che l’hanno imposta ai popoli in ogni epoca storica, sono sempre stati i reazionari”.
Salvador Allende, discorso all’Avana 12.12.1972
 
Il presidente in carica ha ragione quando afferma che “siamo in guerra”. I mezzi blindati infatti invadono le strade, viene instaurato il coprifuoco. L’esercito impiega proiettili reali contro i manifestanti. In pochi giorni i morti sono una quindicina, più di un migliaio gli arrestati. Non si sta parlando della giunta militare che soffocò nel sangue la Via elettorale e pacifica al socialismo del Presidente Allende, bensì del Cile dell’ottobre 2019. Un popolo stanco delle ricette di lacrime e sangue imposte dal Fondo Monetario Internazionale decide di rispondere, anche con azioni dirette e barricate, a una classe dirigente che ormai da 30 anni non ha mai saputo compiere una vera transizione alla democrazia. Il Paese che la dittatura aveva trasformato in un laboratorio del neoliberismo è in subbuglio. La scintilla dell’aumento dei prezzi degli autobus fa esplodere le sue contraddizioni sociali di fondo, ed entra in guerra. Una guerra di classe.
Una decina di morti, migliaia di feriti e migliaia di arresti, la gran parte senza l’ombra di un processo regolare. Viene dichiarato lo Stato di emergenza. È sempre l’ottobre del 2019 e anche questo è un bilancio di guerra, siamo però in Ecuador, dove le popolazioni indigene si mettono alla testa delle proteste popolari che una volta di più diranno No alle ricette dell’Fmi propugnate dal presidente Moreno che, dopo aver invitato ad isolare i “violenti”, si appresta a smantellare le conquiste sociali del suo predecessore.
Nell’ottobre del 2017 lo Stato spagnolo caricava brutalmente la popolazione catalana, rea di essersi recata pacificamente alle urne. Nell’ottobre del 2019, dopo aver condannato a un secolo complessivo di carcere 9 attivisti accusati di questo “crimine”, il presidente Sánchez ferma ogni possibilità di dialogo con i Catalani fino a quando le pretese violenze dei dimostranti non saranno condannate. Nel frattempo, altre centinaia di feriti e di arrestati mostrano il vero volto di un’altra transizione alla democrazia che ha fallito.
Era il 1964, Bob Dylan cantava le seguenti parole: «E voi governanti, ascoltate il richiamo. Non fermatevi lì ad ostruire l’ingresso, lasciateci entrare o ci rimetterete. La battaglia al di fuori infuria, e scuoterà presto i vostri palazzi. Perché i tempi stanno cambiando».
È l’ottobre del 2019, siamo in Libano, ad Haiti, in Colombia, in Sudan, in Francia, in Pakistan. I popoli erigono (o da poco hanno eretto) barricate, cercando di far cambiare i tempi. Nel Nord della Siria, in Rojava, donne e uomini liberi resistono armati contro coloro che, in ogni epoca, hanno inventato la violenza: i reazionari. Questi ultimi li definiscono però terroristi.
Nell’ottobre 2019 uno stupido pacifismo di facciata discredita i movimenti popolari e rivoluzionari, imponendo un falso dibattito: non si tratta di moderati contro violenti, ma di sfruttatori contro sfruttati.
È giusto condannare la violenza. O perlomeno la violenza vera, quella implicita in ogni sistema di classe, quella che esiste da troppo tempo. «... e se il tempo per voi ha un valore, imparate a nuotare o affonderete come pietre. Perché i tempi stanno cambiando».

Pubblicato il 

24.10.19
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