Con le mani nel pellet

Investimento sbagliato o mala gestione di un ente pubblico? Ai lettori sciogliere l'enigma, se avranno la pazienza di leggere fino alla fine l'intricata storia. L'interrogativo si riferisce all'investimento delle Aziende industriali di Lugano (Ail) nella ditta Tecnopellet di Giornico, oggi fallita. Si sospetta che l'Ail, al 100 per cento di proprietà dei cittadini luganesi, nell'operazione abbia perso almeno 8 milioni di franchi. Undici invece i posti di lavoro andati persi in una regione economicamente depressa come la bassa Leventina.

Sulla vicenda chiedono spiegazioni distinte all'esecutivo luganese i consiglieri comunali Lorenzo Jelmini e Laura Tarchini (Ppd) e Martino Rossi (Ps). La vicenda Tecnopellet ha origini lontane, nasce nel 2004 e vede coinvolte influenti famiglie luganesi. Uno dei protagonisti è il fratello di un più volte ministro della vicina Repubblica italiana. Andiamo con ordine, come si suol dire.
Tutto inizia nel 2003 con l'insediamento negli ex capannoni della Monteforno a Giornico di T pallet, un'azienda destinata a produrre palette (bancali). La T pallet non decolla, e nel 2005 la sua attività viene rilevata da Woodtech. Dietro le due aziende ci sono gli stessi attori. Alberto Bassanini, il fratello dell'ex ministro italiano Franco Bassanini, e il brianzolo Daniele Rigamonti, che sarà nominato direttore di Woodtech. Un ruolo centrale lo ricopre lo studio fiduciario di Matteo Pagani, figlio di un'influente famiglia luganese molto vicina al partito liberale radicale. Attraverso due società (Galb e Centro iniziative industriali Giornico) comprano i terreni su cui sorgono gli ex capannoni; poco più 4 milioni di franchi per 30mila metri quadrati. Il recapito delle aziende e società immobiliari è in via Maderno 10 a Lugano, presso lo studio fiduciario di Matteo Pagani.
Poiché la produzione di palette non si rileva molto redditizia, nasce l'idea di affiancare a quest'ultima la fabbricazione di pellets, combustibile di legno per stufe. Pagani convince della bontà del progetto due investitori di Collina d'oro, sostenitori del partito liberale. Nel 2004 nasce dunque la Tecnopellet. Daniele Rigamonti diventerà doppiamente direttore, a Tecnopellet e alla Woodtech. Due anni più tardi, tutte e due le aziende però non godono di buona salute finanziaria. Le cause delle difficoltà? Le interpretazioni sono tante, ma in paese si vocifera che all'origine ci siano gravi problemi di gestione aziendale. Una contabilità "creativa" e dispendiosa, affermano alcuni. Un sospetto che troverebbe conferma da chi ha potuto (a situazione ormai compromessa) visionare le carte contabili.
Da nostre informazioni, è certo che alla Woodtech tra la decina di dipendenti c'erano più quadri lautamente retribuiti che semplici operai addetti alla produzione, manco a dirlo, scarsamente stipendiati. Le paghe dei quadri variano dagli 8 ai 10mila franchi. Daniele Rigamonti, per la doppia carica di direttore di Woodtech e Tecnopellet percepiva 15mila franchi netti. L'auto lussuosa da centomila franchi con cui circolava Daniele Rigamonti è a carico della ditta. Vi sono poi le spese extra  a carico della Woodtech. Tra queste citiamo dei soggiorni del direttore nel residence di lusso Villa Sassa di Lugano o i viaggi aerei ogni settimana per Parigi andata e ritorno per un altro dirigente, parente del direttore. Tutto a spese della Woodtech e di Tecnopellet. La fabbrica di pellets intanto è a un bivio. O s'investe potenziando i macchinari o difficilmente sopravvivrà. Nel 2006, i due investitori della Collina dorata vendono le loro azioni di Tecnopellet all'Ail per il tramite della consorella Ail servizi. Entra dunque in scena nell'affare Tecnopellet l'azienda municipale luganese. Dicono gli analisti del settore che l'investimento ha un suo senso. Grazie al pellet, l'Ail potrà fregiarsi del titolo di produttore di energia senza Co2. Questione di marketing. Aziende elettriche ben più importanti di Ail hanno già fatto operazioni simili, perdendo milioni di franchi. Ma è noto che la pubblicità costa e pare che, a conti fatti, ci si guadagni.
Nel cda di Tecnopellet entreranno quali rappresentanti dell'azienda pubblica Nelio Rigamonti (direttore Ail) e Davide Enderlin (membro del Cda di Ail). Enderlin è una personalità molto influente a Lugano, considerato un "monumento" del partito liberale cittadino. Il suo studio di avvocatura è in via Maderno 10, nello stesso stabile della fiduciaria di Matteo Pagani. Due membri del Cda di Tecnopellet nel medesimo edificio, seppur rappresentanti d'interessi diversi. Uno privato e l'altro pubblico.
Dopo l'entrata di Ail in Tecnopellet, il capitale societario lievita a oltre un milione di franchi. Non solo, come confiderà il direttore di Ail Nelio Rigamonti al mensile Confronti: «Ci siamo subito accorti che la lavorazione di allora creava problemi. Per questo abbiamo deciso per una radicale trasformazione dell'impianto investendo, come azienda, circa 6 milioni di franchi». Due anni dopo, e siamo nel 2009, Ail inietta un altro milione di franchi in un aumento di capitale di Tecnopellet. Pochi mesi più tardi, la svolta. Enderlin e Nelio Rigamonti lasciano l'Ail per andare in pensione. Nel Cda di Tecnopellet saranno sostituiti da altri dirigenti di Ail. E subito iniziano le novità. Il recapito aziendale si sposta da via Maderno 10 all'azienda municipale di Lugano in via della Posta. Pochi mesi ancora, un altro cambiamento: il brianzolo Daniele Rigamonti non è più direttore, così come l'intero staff dirigenziale di Tecnopellet viene lasciato a casa. Infine, nella primavera di quest'anno, le Ail diventano proprietario unico dei terreni, stimati a un valore di poco superiore ai 4 milioni di franchi.
Dall'entrata dei nuovi rappresentanti di Ail, la situazione è dunque completamente ribaltata. I privati sono fuori, mentre Ail, considerate le difficoltà di approvvigionamento, avvia un percorso che porterà al fallimento di Tecnopellet, dichiarato nel luglio scorso. Milioni di franchi investiti dall'azienda pubblica sarebbero andati in fumo con Tecnopellet. All'Ail preferiscono confutare la perdita, asserendo che i terreni chiesti in contropartita a Bassanini e Rigamonti per gli investimenti aziendali, potrebbero avere un valore di mercato che permetterebbe di coprire le perdite.
Giuliano Bignasca, membro del cda di Ail quale rappresentante del municipio di Lugano, arriva ad affermare sul suo giornale che quei terreni valgono 15 milioni di franchi. Non siamo esperti di mercato immobiliare, ma se trovano un acquirente disposto a pagare quella cifra per dei capannoni decadenti su un terreno a rischio di bonifica e pagato 4 milioni solo un anno prima, ci piacerebbe conoscerlo. Morale della storia, persone di Ail hanno creduto in buona fede all'idea di produrre in Ticino energia rinnovabile. L'impressione è che abbiano peccato di ingenuità senza mai verificare, seppur ne avessero il diritto come azionisti importanti e fossero stati avvisati da altri attori, di come fosse gestita l'azienda. Alla fine, qualche milione di franchi e una decina di posti di lavoro sono andati persi in una zona sensibile come la bassa Leventina.

Pubblicato il

07.10.2011 02:30
Francesco Bonsaver