Con il muro alle spalle

Nel susseguirsi di celebrazioni, tavole rotonde, libri e programmi televisivi dedicati al ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino la domanda sulla bocca di tutti è se il bilancio della riunificazione tedesca sia positivo oppure no.

A leggere un recente studio statistico commissionato dal quotidiano "Berliner Zeitung" solo il 46% degli abitanti della ex Germania Est ritiene che la propria vita sia migliorata rispetto al 1989. Il dato è ancora più preoccupante nei Länder occidentali, dove per appena il 40% della popolazione la riunificazione ha portato dei vantaggi concreti. Se ci fermassimo a questo studio, alla luce degli immensi sforzi economici prodotti negli ultimi vent'anni per lo sviluppo della ex Germania comunista, la risposta alla domanda in voga in questi giorni non potrebbe essere che negativa. Come spesso accade, però, la realtà è molto più complessa di un sondaggio d'opinione.
Dopo anni in cui la disoccupazione è stata drammaticamente alta, in molti Länder orientali negli ultimi tempi, anche a fronte della crisi economica mondiale, la situazione del mercato del lavoro sembra migliorata. Certo a Berlino, in Brandeburgo e in Sassonia- Anhalt la percentuale dei senza lavoro supera il 14% e la media orientale (12,3%) è quasi il doppio di quella occidentale (6,9%), ma i tempi della disoccupazione galoppante oltre il 20% sembrano ormai lontani. Anche per quanto riguarda l'impoverimento a Est la situazione è più drammatica, con il 20% di famiglie a rischio, che a Ovest (12%) e ci sono regioni, come il Meclemburgo-Pomerania occidentale, dove quasi un quarto della popolazione vive ai limiti della povertà. 20 anni fa, però, tutte e sei le regioni orientali si trovavano economicamente alla canna del gas. Oggi città come Lipsia e Dresda non hanno nulla da invidiare, per infrastrutture e reddito medio degli abitanti a Colonia e Francoforte. Anzi, ci sono realtà della Germania orientale decisamente più fiorenti di città occidentali come Brema o dei centri del Bacino della Ruhr in ginocchio a causa della riconversione industriale. Per quanto concerne la media di autovetture a persona l'Est oggi supera addirittura l'Ovest.
Insomma di dati incoraggianti ce ne sono, anche se non si vedono quei "Blühende Landschaften" (paesaggi fiorenti) promessi dall'allora cancelliere Helmut Kohl nel 1990 ai nuovi concittadini orientali. La riunificazione ha trasferito in vent'anni enormi capitali a Est ma il processo di trasformazione economica delle regioni orientali non è ancora concluso. E per molti non lo sarà nemmeno nel 2019 quando terminerà il "Solidarpakt II" e con esso il processo che va sotto il nome di "Aufbau Ost", la ricostruzione dell'Est. Si calcola infatti che ci vorranno almeno altri 20 anni per adeguare definitivamente i salari e le pensioni orientali a quelli occidentali. Al momento la differenza è ancora tra il 20 e il 30%. Inoltre la pretesa concorrenzialità delle regioni orientali rispetto ai vecchi Länder, proprio in virtù del minor costo del lavoro di una manodopera altamente qualificata, finora non ha portato i grandi investimenti internazionali che nel 1990 tutti davano per certi. La Repubblica Ceca, l'Ungheria e la Polonia si sono rivelate ancora più convenienti. Questo, insieme alla ristrutturazione di un sistema produttivo basato sul colletivismo, ha portato alla perdita di oltre due milioni di posti di lavoro nel settore industriale della ex Germania comunista tra il 1990 e il 2005. La conseguenza è stata l'esodo di tantissimi giovani lavoratori verso Occidente. Si calcola che non siano meno di due milioni e mezzo i tedeschi orientali emigrati a Ovest negli ultimi vent'anni. Forse proprio il dissanguamento demografico delle aree rurali della Germania orientali è il fenomeno più preoccupante e la sconfitta più bruciante per la classe politica tedesca nel bilancio di questi primi 20 anni senza Muro. Se a quest'esodo non verrà posto rimedio rapidamente si avvereranno le parole di un altro ex cancelliere, quell'Helmut Schmidt che negli anni scorsi per i Länder orientali predisse un futuro simile a quello del Mezzogiorno italiano, ma senza la mafia. In una cosa Schmidt si è sbagliato di certo: a Berlino, Lipsia e Dresda le mafie, non solo quella italiana, sono presenti già da anni, anche grazie alla connivenza del mondo politico tedesco, e riciclano in attività del tutto legali il loro danaro sporco di sangue.
E mentre il primo non è ancora concluso, un altro, e forse ancora più urgente, processo di integrazione chiede prepotentemente di essere affrontato: quello che riguarda i quasi 10 milioni di stranieri residenti sul territorio federale. Se, come sostiene la cancelliera Angela Merkel, si vuole evitare il prosperare di "società parallele", si deve finalmente prendere atto che la Germania, da Est a Ovest, è ormai un paese in cui convivono più culture e più religioni. Sta alla politica prenderne atto e far sì che l'aggettivo "multiculturale" non suoni più come un'offesa.

Pubblicato il

06.11.2009 02:00
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