Italia

Elena Ethel Schlein – Elly – ha vinto la sua sfida impossibile ed è diventata segretaria del Partito democratico nel quale era rientrata da pochi mesi, giusto il tempo necessario per farsi la campagna elettorale coinvolgendo donne e giovani iscritti e non iscritti. Nelle urne allestite per le primarie, contro ogni previsione e soprattutto rovesciando il voto dei soli iscritti che avevano scelto in massa il potente presidente dell’Emilia Romagna, ha sconfitto lo sfidante Stefano Bonaccini.

 

Ha vinto grazie al voto nelle grandi città, agli elettori e ai non elettori del Pd che hanno visto in questa donna trentasettenne forse l’ultima possibilità per frenare la caduta libera del partito, per liberarsi definitivamente delle scorie renziane, per ricostruire una condivisione sentimentale con i poveri, i lavoratori, i giovani, gli ambientalisti rimasti orfani della rappresentanza politica già da prima dell’avvento del guastatore Matteo Renzi, il segretario del Pd che passerà alla storia per il jobs act, l’attacco allo Statuto dei lavoratori e alla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza al nazi-fascismo.

 

Elly Schlein, bolognese di adozione, è nata a Lugano dove ha conseguito la maturità, è figlia di un politologo americano discendente da una famiglia ebraica ucraina e di una giurista italiana, ha un fratello che insegna matematica all’Università di Zurigo e una sorella diplomatica italiana ad Atene dove ha recentemente subito un attentato di matrice anarchica nell’ambito delle proteste internazionali contro il carcere duro inferto ad Alfredo Cospito. Ha in tasca tre passaporti, italiano, svizzero e statunitense. Paladina dei diritti civili e dell’ambientalismo, nel corso della campagna per le primarie ha scoperto i diritti sociali, la lotta alla precarietà e il salario minimo sono entrati a far parte del suo programma. La sua prima presa di posizione politica all’indomani delle urne è stata netta verso le odiose politiche del governo Meloni contro i migranti e contro le navi delle ong nel giorno dell’ennesima strage sulle coste calabre, contro una cultura disumana e fascista che declassa a “carico residuale” e “carne umana” chi riesce a scappare da guerre, fame e dittature e a sopravvivere alle onde del Mediterraneo. Contro un ministro dell’interno che di fronte ai corpi dei bambini annegati a poche bracciate dalla “terra promessa” riesce ad accusare le madri che li hanno costretti a viaggiare in cattive condizioni.

 

Schlein ha iniziato l’impegno politico internazionale partecipando alla campagna per l’elezione alla presidenza degli Usa di Barak Obama e a quella per la sua rielezione, mentre in Italia è arrivata al Pd e ne è uscita da europarlamentare contro le scelte politiche dell’allora segretario Renzi, non prima di aver partecipato alla campagna Occupy Pd lanciata dopo la bocciatura alla presidenza della Repubblica del suo riferimento politico Romano Prodi, in seguito al tradimento dei 101 compagni di partito. Con la lista di sinistra “Bologna coraggiosa” è diventata consigliera regionale emiliana e successivamente vicepresidente del suo sfidante alle recenti primarie Stefano Bonaccini, infine da indipendente del Pd è stata eletta in Parlamento. Poi la decisione di candidarsi alla guida del partito dovendo per questo riprendere la tessera. Aveva intuito subito che l’unica possibilità di vincere l’impari duello con Bonaccini, espressione e motore del “partito degli amministratori”, riformista dal passato (e presente?) renziano, fosse guardare fuori dalle ristrette stanze occupate dai capibastone del Pd.

 

Il meccanismo scelto per eleggere segretario e gruppo dirigente è quello delle primarie, ma a differenza di quel che capita in altri paesi per votare non è necessario essere iscritto al partito, è sufficiente pagare due euro. Un metodo discutibile, o forse solo la traduzione formale della crisi di un Pd che non ha chiaro né la strategia, né il fine né gli alleati con cui realizzare i cambiamenti evocati. Ma è proprio questo metodo che ha consentito a Elly Schlein di sconfiggere Bonaccini. Domenica si è recato alle urne un milione circa di elettori che era l’obiettivo dei promotori per dare un segnale di vita. Resta il fatto che da quando è stata scelta la strada delle primarie l’affluenza è scesa dai 4,3 milioni con Prodi ai 3,5 milioni di Veltroni, ai 3,1 milioni di Bersani, ai 2.8 milioni sempre di Bersani, ai 2,8 milioni di Renzi, a 1,8 milioni ancora di Renzi, a 1,6 milioni di Zingaretti, fino al milione attuale che ha premiato l’outsider italo-elvetico-americana.

 

Ha vinto la voglia di cambiamento, la speranza di scrivere una nuova storia, cioè di costruire una nuova sinistra. Anzi, una sinistra senza aggettivi in un paese orfano della sinistra. Sarà all’altezza Schlein di questo compito difficile? Sarà in grado di far seguire alle parole i fatti, le scelte, le alleanze? E quel che spera chi l’ha votata domenica, attratto dalle sue promesse in relazione ai diritti civili e sociali, all’impegno antifascista in presenza di un governo fascista, all’impegno a ricostruire un rapporto con il M5S di Conte. Di lei sappiamo che è una donna, prima volta nella storia del Pd, ma neanche il Pci e la Dc (gli avi del partito attuale) avevano mai avuto una segretaria donna. Ora si può dire che non è solo la destra a fare coraggiose scelte di genere. Ma è sufficiente essere donna per cambiare la narrazione politica? Schlein ha detto di aver amato uomini e donne e di amare ora un’altra donna. Non ci ha detto però quale collocazione internazionale, quale autonomia immagina dell’Italia e dell’Europa. Se si resta ai fatti concreti, si sa che ha votato come tutto il suo partito a favore del sesto invio di armi all’Ucraina. Ma per salvare la sanità pubblica e l’istruzione, come lei si impegna a fare, forse servirebbero i soldi destinati invece al riarmo dell’Italia. Idem per un fisco giusto e un prelievo progressista che interrompa finalmente l’aumento delle diseguaglianze: non servirebbe forse un prelievo di solidarietà sui redditi più elevati? Per carità, non si pretende che Elly Schlein rispolveri l’impronunciabile termine “patrimoniale” o che alzi lo striscione “fuori l’Italia dalla Nato”. Stiamo pur sempre parlando del Pd. E però, qualche risposta a chi ha investito su di lei in contrapposizione al continuismo moderato di Bonaccini dovrà pur darla.

 

Elly Schlein è portatrice di una novità importante e positiva. Ora aspettiamo di vederla all’opera.

Pubblicato il 

27.02.23
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