Con il nome asettico “CII-plus” gli Uffici assicurazione invalidità (Ai) e gli assicuratori malattia privati hanno da poco inaugurato un “nuovo modello di collaborazione interistituzionale”. «Per reagire al numero crescente di beneficiari di rendite creando le condizioni per un ritorno più veloce possibile nel mondo del lavoro», hanno detto in una conferenza stampa congiunta un paio di settimane fa. La convenzione siglata ha infatti per scopo quello di reintegrare il lavoratore malato nella vita professionale – con un pronto riorientamento professionale – prima che questo avvii una procedura di invalidità. Lo scopo dichiarato è quello di sgravare le finanze deficitarie dell’Ai e – fra le righe – far risparmiare denaro anche agli assicuratori privati. Si tratta insomma di un antipasto della 5a revisione dell’Ai che arriverà sui banchi del Parlamento nella prossima sessione primaverile di marzo. Una revisione che punta a stringere i cordoni diminuendo del 20 per cento i beneficiari di rendite – specialmente per le malattie psichiche – con un risparmio di 600 milioni di franchi all’anno. Ma ritorniamo alla convenzione. La procedura consiste in un intervento da parte dell’assicuratore malattia privato al massimo 90 giorni dopo l’insorgere del male. Il cliente viene invitato a firmare una procura che permetterà all’assicurazione di prendere informazioni da medici, psichiatri, datore di lavoro e qualunque altra persona coinvolta sulla diagnosi del beneficiario dell’indennità perdita di guadagno. In base a questa documentazione l’assicuratore classificherà il caso secondo 4 categorie che vanno dal semplice male passeggero che non necessita dell’intervento dell’Ai ai casi restanti in cui una collaborazione è auspicata. In questo modo l’Ai potrà agire prontamente proponendo al malato una nuova formazione. “Reintegrazione al posto della rendita invalidità”, è il motto di questa convenzione. Tutto bene fin qui? In realtà CII-plus nasconde più di una insidia. In cosa consiste concretamente questo accordo? Quali sono le conseguenze per chi si ammala? Quali sono gli interessi in gioco? E ancora, cosa comporta il rifiuto di firma della procura dopo 90 giorni per il lavoratore malato? Ne abbiamo parlato con Andreas Dummermuth, presidente della Conferenza degli uffici Ai e con Nathalie Narbel, segretaria generale dell’associazione Pro Mente Sana che lancia l’allarme per una «convenzione che fa un regalo agli assicuratori presentando il conto a chi è ammalato». “Ci guadagniamo tutti” Andreas Dummermuth la convenzione firmata fra l’Assicurazione invalidità (Ai) e gli assicuratori malattia privati si applica anche nel caso delle malattie psichiche? Sì, non facciamo una differenziazione in questa convenzione fra malattie fisiche o mentali. Le ricordo però che gli assicuratori malattia potranno agire unicamente se l’assicurato lo vorrà. Cioè solo se firmerà una procura con la quale dà la possibilità all’assicuratore di informarsi sulla diagnosi della sua malattia. Ma se non firmo la procura cosa succede? Per l’Ai non cambia nulla. Se non abbiamo un annuncio scritto non possiamo semplicemente fare nulla. È l’assicurato stesso che deve avviare la procedura di invalidità. Senza la procura e senza informazioni noi non possiamo aiutare la persona a reintegrarsi nel mondo del lavoro. Prendiamo un caso concreto. Mi rompo una gamba e non posso lavorare per più di 3 mesi. Perché dovrei firmare una foglio che permette all’assicuratore di indagare approfonditamente sul mio stato di salute? No, guardi non ha capito. Il suo esempio è un caso di infortunio e non di malattia. Ma è comunque interessante perché aiuta a capire. Attualmente se lei si fa male è obbligato per legge a informare il suo datore di lavoro e l’assicurazione infortuni professionale. Questi si possono informare sull’accaduto. Nel caso della malattia invece la legge non permette invece l’accesso alle informazioni del caso, né all’assicuratore né al datore di lavoro. Visto che non si può fare una convenzione che va contro la legge abbiamo bisogno di questa procura. Come influisce il giudizio dell’assicuratore malattia sulla procedura di invalidità? Abbiamo stimato che in un 10-20 per cento dei casi l’Ai si dovrà attivare per una reintegrazione del malato in un altro ambito lavorativo. Il restante 80-90 per cento stimiamo che si tratta unicamente di mali passeggeri. Ci sono dei casi dove per l’assicuratore è chiaro fin dall’inizio che quella persona non potrà più fare il suo lavoro. Un meccanico con un problema alla spalla non potrà più fare il suo mestiere, se noi abbiamo questa informazione subito possiamo attivarci per un riorientramento professionale. Troviamo che non solo sia corretto che ci venga comunicato, ma anche giudizioso. Quindi è una specie di “prevalutazione” per invalidità? Sì, è cosi. Una prevalutazione che fanno gli assicuratori privati. Pagherete loro qualcosa per questo servizio che vi fanno? No, non è previsto. Ma ci possono essere dei vantaggi anche per loro. Ad esempio: se ci sono casi in cui l’assicuratore sa che la malattia è grave ci può essere un’accelerazione della procedura di invalidità, sgravando così i suoi costi di indennità per perdita di guadagno (Ipg). Oppure ci possono segnalare casi di riorientamento, come per il meccanico di prima. Noi procediamo tempestivamente e paghiamo una nuova formazione e in parte anche l’Ipg. Abbiamo notato che c’è una cronicizzazione della malattia quando si è fuori dall’ambito lavorativo per troppo tempo. Ci si convince che non si può più lavorare, che non si è più in grado. Oggi a causa dei tempi lunghi si lascia che l’allontanamento dal lavoro diventi definitivo. Questa cronicizzazione non è negativa solo per le assicurazioni sociali, ma per la vita della persona stessa. Ma è in base alle informazioni che vi dà l’assicuratore malattia che decidete se è un malato è reintengrabile o meno? No. C’è un’interazione fra più soggetti, non è solo uno che decide. Il malato ha bisogno di essere incoraggiato per tornare al lavoro. Il 40 per cento dei casi di rendita per invalidità sono dovuti a malattie psichiche. È troppo? Sì. L’assicuratore malattia ha la competenza per classificare un caso di malattia mentale? Sì, con la procura potrà darci queste indicazioni. La cassa malati potrà chiedere informazioni al medico curante, allo psichiatra e decidere in base a queste informazioni professionali. Perché allora non vi informate direttamente dal medico voi stessi? Perché in una procedura normale di Ai non è possibile che il nostro ufficio possa avere informazioni prima che sia arrivata la richiesta da parte dell’assicurato. Arriviamo troppo tardi. Quindi è un problema di tempistica? Sì, è così. Prima abbiamo le informazioni e prima possiamo agire. Chiaramente sempre grazie alla procura. Non crede che l’assicuratore malattia sia spinto a “scaricare” il prima possibile il malato alle assicurazioni sociali? No, non credo. È sempre l’Ai che decide infine. Facciamo un altro esempio. Sono malato e devo stare a casa. Dopo 90 giorni il mio assicuratore malattia mi contatta e mi chiede di firmare la procura. Se non lo faccio avrò delle conseguenze per quanto riguarda un’eventuale futura procedura d’invalidità? No, noi non abbiamo semplicemente ricevuto nessuna informazione. Non possiamo fare niente. Ma come, non potete procedere con la pratica? Non possiamo mica lavorare su un annuncio fittizio. Quindi è l’assicuratore malattia che è determinante? No, no. È sempre il malato che ha la facoltà di fare l’annuncio. D’accordo. Mettiamola così: io voglio che il mio caso sia seguito dall’Ai ma non prima dall’assicuratore malattia privato. Do la procura a voi – come impone la legge – ma non al mio assicuratore. Quali sono le conseguenze? Lei ha il diritto di non firmare la procura. Ma c’è un problema in questo caso. L’assicuratore malattia è regolato dal diritto privato e non da quello pubblico come l’Ai. Se nelle condizioni generali la polizza prevede degli obblighi di informazione potete andare incontro a dei problemi. Cioè ci potrebbe essere una clausola per la quale potrei non ricevere più soldi dopo soli 90 giorni? Sì, lei ha l’obbligo di minimizzare i costi per l’assicuratore. Avete sicuramente fatto uno studio costi-benefici su questa convenzione. Quali sono i vantaggi che ne trarrete? Non abbiamo fatto un business plan. C’è però un gruppo che seguirà l’evolversi della situazione. Un’ultima domanda. Si parla molto dei “finti invalidi”. Questa convenzione ha per scopo di smascherarli? No, i “Scheininvaliden” è un termine politico. È un altro problema, non c’entra con questa convenzione. Noi semplicemente vogliamo fare un lavoro di squadra fra i vari partner sociali che vogliono evitare che una malattia si trasformi in una rendita invalidità senza che siano state percorse altre opzioni. “Regalo all’assicurazione” Nathalie Narbel come valuta Pro Mente Sana questa convenzione fra l’Assicurazione invalidità (Ai) e gli assicuratori malattia privati? È una convenzione che non capiamo. Troviamo problematico il fatto che un ufficio che deve difendere degli interessi pubblici faccia una convenzione con chi ha interessi di natura privata, di guadagno. Inoltre la convenzione si propone di accelerare un processo legislativo in corso, cioè la 5a revisione dell’Ai (che sarà discussa in Parlamento nella sessione primaverile di marzo, ndr). È come cortocircuitare una decisione in corso che deve essere presa democraticamente. Questo secondo noi è un problema di fondo che però nessuno ha voluto sollevare. Assicuratori malattia – con l’arma della procura – e Ai decidono della vita di qualcuno senza tirarlo in ballo. Cosa cambierà concretamente? Che la gente potrà restare meno in assicurazione malattia. È chiaro che l’assicuratore persegue la redditività e che l’Ai gli ha fatto un grande regalo. La procura poi sarà uno strumento per tagliare fuori dalle prestazioni il cliente che non rende più. Ma quali sono le competenze di questi signori che decidono? Uno psichiatra che conosce il suo paziente può proporre delle soluzioni alla persona in cura. Cosa può fare invece un assicuratore dopo 90 giorni sulla base di un rapporto cartaceo? Ci sono delle malattie dalle quali non si esce così con uno schiocco di dita. Arriva un assicuratore che vi dice che siete da invalidità, oppure che dovete andare a fare un riorientamento professionale. È lecito? Noi non siamo contrari a quello che la 5a revisione dell’Ai chiama “rilevazione precoce”, ma questa deve essere fatta con la collaborazione del malato. Non si può metterlo davanti al fatto compiuto obbligandolo a firmare una procura. Ma voi siete contrari alla reintegrazione nel mondo del lavoro delle persone che sono invalide per motivi psichici? No, non lo siamo. Ma lo sforzo per reintegrare queste persone non può essere un fatto personale, non si può lasciare il fardello al malato. Ci vuole uno sforzo collettivo e solidale. Dove sono i posti di lavoro per queste persone? L’economia si chiama fuori. Siamo amareggiati dal vedere che ormai la direzione è sempre più quella della colpevolizzazione mascherata dalla parola “responsabilizzazione”. La politica del paraocchi Fra 60 milioni e 6-12 miliardi di franchi non c’è solo qualche zero in più. La prima cifra riguarda infatti il conto annuale delle malattie professionali che attualmente paga l’economia, mentre la seconda – e a dirlo è lo stesso Seco – è la stima dei reali costi che la vita professionale genera come “effetto secondario indesiderato” sulla pelle dei lavoratori svizzeri. Costi che – seppur timidamente e sottovoce – anche le autorità ammettono che dovrebbero essere pagati da chi li genera, e cioè dalle imprese. Ma quando poi si tratta di governare la politica in materia di invalidità diventa forte con i deboli e debole con i forti. È il caso della convenzione che è stata da poco firmata in pompa magna fra assicurazioni pubbliche e private. Un accordo che di fatto obbliga il malato a fornire informazioni all’assicuratore privato eludendo così abilmente il diritto pubblico che non permette l’intrusione nella sfera intima prima che sia stata avviata la procedura di richiesta di invalidità. “Ma l’assicurato ha la facoltà di firmare o meno la procura”, ci hanno detto. Ma questa è pura ipocrisia, perché chi non sarà più che collaborativo rischierà di trovarsi tagliata l’indennità per perdita di guadagno (l’Ipg) già 3 mesi dopo l’insorgere della malattia. Un bel guadagno per gli assicuratori che in realtà sarebbero obbligati a pagare l’Ipg per 720 giorni. CII-plus, questo è il nome in codice dell’accordo, è in realtà una convenzione in cui il pubblico sfrutta abilmente il privato per fargli fare quello che lui non potrebbe. L’antipasto della 5a revisione dell’Ai è servito. Ma quando ci si toglierà il paraocchi e si avrà il coraggio di fare 6 miliardi meno 60 milioni?

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03.02.06

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