Quando i problemi si manifestano, bisogna scendere in campo. Ed è quello che sta facendo Unia: quando il sindacato si è reso conto che la questione delle cure di lunga durata era sull’orlo del collasso, si è subito mobilitato. Due giorni di ritiro a Filzbach, nel canton Glarona, per fare il punto della situazione fra l’entusiasmo di partecipanti, personale, militanti, politici, che non si arrendono allo stato (pietoso e pericoloso) della situazione sanitaria attuale. Dalle discussioni, cui hanno partecipato una quarantina di persone, fra funzionari sindacali, militanti e anche politici, è emerso che assieme si possono cambiare le cose. Già, così non va più, né è accettabile: né per il personale, né per gli assistiti, né per le famiglie curanti, e tantomeno dal punto di vista della copertura finanziaria delle prestazioni. Si sta assistendo a un decadimento del settore che è terribilmente pericoloso per la società nel suo insieme: la salute, il diritto a cure dignitose, la copertura dei servizi per vivere con meno ansia un momento già difficile dovrebbero essere il minimo sindacale in un paese ricco e avanzato come la Svizzera. E le riflessioni, unite all’incredulità e allo sconcerto, non sono mancate anche alla luce degli interventi dei militanti. Come quello dell’operatrice a Delémont arrivata a Filzbach dopo una notte insonne: «Arrivo direttamente dal turno notturno e lo faccio per raccontare la gravità della situazione alla quale siamo confrontati: la scorsa notte eravamo unicamente in due sorveglianti per rispondere alle eventuali richieste di aiuto di ben 120 residenti in casa anziani. Vi lascio immaginare come sia praticamente impossibile assicurare una buona assistenza». Una testimonianza che rispecchia l’emergenza vissuta nel resto dei cantoni, ché nessuno fa eccezione. Parlarne fa bene, non solo perché ci si sente ascoltati, ma anche perché aiuta a costruire una squadra, che può cambiare il mondo della sanità, facendo pressione sulle autorità con il sostegno della società civile, di altri sindacati, e delle associazioni professionali. Bisogna trovarsi, confrontarsi, per proseguire uniti verso un unico scopo: migliorare la qualità delle cure di lunga durata. «In qualità di membro attivo di Unia, quest’anno ho avuto l’opportunità di partecipare al ritiro di cura di due giorni organizzato da Unia. Ho imparato molto e ho potuto toccare con mano l’impegno del sindacato e le sue attività. Questo evento ha rafforzato ulteriormente il mio spirito combattivo e la mia motivazione per una migliore assistenza in Svizzera. È quindi molto importante per me far conoscere alcuni degli argomenti discussi in quell’occasione, in modo che il personale infermieristico di base senta che sono in atto dei cambiamenti. È importante capire che questi cambiamenti sono spesso accompagnati da meccanismi complessi e richiedono molto tempo, lavoro e impegno» come ha voluto rimarcare un militante. Assieme si può fare la differenza. Molto apprezzato anche l’intervento di Udo Michel, dell’Entlastungsdienst Bern, un’associazione senza scopo di lucro a sostegno dei familiari curanti, che oggi sono poco sostenuti dallo Stato: basti pensare che molti servizi necessari per gli anziani non più autosufficienti, ma ancora al domicilio, non vengono rimborsati né da casse malati, né da prestazioni statali. Per Michel un’assistenza di alta qualità può ridurre significativamente l’onere per il sistema sanitario in quanto permette di ritardare il ricovero in strutture residenziali. «Purtroppo – ha sottolineato il professionista – l’importanza del lavoro di assistenza spesso non è adeguatamente riconosciuta e sostenuta finanziariamente nella pratica. Il finanziamento dell’assistenza non è praticamente regolamentato, varia da cantone in cantone, ed è in gran parte caricato sulle spalle delle famiglie». Un lavoro di accompagnamento che cade su volontari, parenti e vicini di casa, i quali si fanno spesso carico di queste incombenze, che richiedono molto tempo ed energia e possono essere logoranti. Il servizio diretto da Udo Michel vuole portare «sollievo a chi è sul “fronte” ed è un’istituzione che si propone di contribuire ad alleviare questo onere, mettendo a disposizione assistenti su base oraria, giornaliera o addirittura notturna, in modo che i curanti familiari possano svolgere il proprio lavoro o partecipare ad appuntamenti anche di svago». Per Michel il settore va regolamentato dallo stato ed è «quindi urgente adeguare le leggi in materia di assistenza all’infanzia, ai disabili e agli anziani, rendendo questo tipo di assistenza un servizio pubblico». Il secondo contributo è arrivato da Barbara Gysi, consigliera nazionale socialista e presidente della Commissione della sicurezza sociale e della sanità, la quale ha fatto il punto sullo stato di attuazione dell’iniziativa per l’assistenza. Non prima, però, di illustrare i risultati del progetto di ricerca “Che cos’è una buona assistenza?” e come sarà la situazione entro il 2040: «Il numero di ultrasessantacinquenni salirà del 52%, mentre quello degli ultraottantenni aumenterà dell’88%. Ciò richiederà 54.000 nuovi posti letto in case di riposo e per quanto riguarda il numero di assistiti Spitex c’è da aspettarsi una crescita di 100.000 unità».
Tradotto significa che entro il 2040 saranno necessari 35.000 posti di lavoro in più nel settore dell’assistenza a lungo termine. Gysi ha evidenziato come ormai tutti dovrebbero essere consapevoli dell’impatto che questo ha sulla qualità dell’assistenza e sulle persone coinvolte. La terza parte della due giorni di ritiro si è concentrata sulla questione della politica di alleanza. Una politica che vuole unire, nella pianificazione e nell’attuazione di campagne, diversi attori sindacali, organizzazioni professionali e società civile con lo scopo di trovare un approccio comune nell’interesse delle cure e del sistema sanitario. Una politica di alleanza che servirà per dare forza, in un’unità di intenti, e mobilitare un buon numero di personale infermieristico. Intanto, mercoledì 8 maggio, è stata resa nota il progetto di nuova legge federale, approvata dal Consiglio federale e sottoposta a consultazione. I sindacati e le associazioni, insieme ai loro iscritti e ai loro assistenti, hanno ora tre mesi di tempo per redigere una dichiarazione congiunta e presentarla al governo federale. Unia ha già annunciato le date in tutte le regioni in cui i dipendenti potranno partecipare attivamente alla seconda fase dell’iniziativa sull’assistenza per esprimere le loro esigenze e preoccupazioni. Per Enrico Borelli, membro della direzione nazionale del settore terziario di Unia e co-responsabile con Samuel Burri del dossier “cure”, la «proposta del Consiglio federale giunge in maniera pesantemente tardiva e sembra non recepire un’istanza centrale delle cure infermieristiche forti, vale a dire la dotazione del personale sufficiente (numero di pazienti per curante). Una proposta che contiene criticità importanti come quella che permette di derogare attraverso CCL le norme della legge, così come la forchetta oraria 38/42 ore settimanali che in alcune realtà oggi risulta essere migliore a quanto proposto». Il lavoro di Unia non si fermerà qui, mentre sul terreno l’impegno viene apprezzato: a fine giugno si contavano 5.400 affiliati. E ci si batterà per ottenere la miglior legge possibile per migliorare finanziamento delle cure, numero del personale e condizioni di lavoro a favore anche della salute dei pazienti. A fine agosto verrà presentato il Manifesto contenente i punti chiave delle rivendicazioni e poi sarà mobilitazione. |