Sindacato

«Come cazzo si può vivere in Ticino con questo salario?»

Nonostante la pioggia in più di 1’500 hanno manifestato a Bellinzona, in occasione della festa dei lavoratori, per stipendi e pensioni più alte. Unia: «I soldi ci sono»

“Salari, pensioni e lavoro di qualità!”: lo ha gridato a gran voce la folla che, sfidando l’acqua, ha partecipato a una delle feste più importanti del calendario: quella dei lavoratori.

 

Oggi, pioggia o non pioggia, una forte partecipazione di oltre 1’500 persone, fra cui molti giovani, ha dato significato al 1. maggio ticinese organizzato a Bellinzona dall’Unione sindacale svizzera con le sue federazioni (Unia, Vpod, Sev, Syndicom e Ssm) assieme alle forze progressiste del Cantone (Forum alternativo, Partito socialista, Verdi, Partito operaio popolare,  Partito comunista, Sisa e Collettivo Scintilla) per dire che non si rinuncerà mai a mettere la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori al centro del dibattito e della lotta.

 

Per la festa del lavoro, motore anche di questo cantone e centrale nelle esistenze di migliaia di donne e uomini, ci si è riuniti in piazzale Stazione, dove alle 14.30 è partito il corteo con bandiere e slogan in direzione di Piazza Governo. Una marcia ben diversa, da cert’altre, che ha avuto come unico scopo quello di reclamare a gran voce la solidarietà, invitando a costruire  un ponte tra pubblico e privato. Insieme, insomma, al fine di essere «uniti per salari, pensioni e lavoro di qualità».

 

Il primo maggio di quest’anno ha riflettuto, per dirla con Renato Minoli, presidente Uss, un presente difficile e complesso inaspettatamente vicino a un passato del quale si stanno ripresentando clamorose diseguaglianze, che si pensavano superate. Quelle che vanno di nuovo, e qui il purtroppo ci vuole tutto, affrontate per ridare stabilità e certezze alle lavoratrici e ai lavoratori. Per prima cosa: aumento dei salari data la situazione d’emergenza.

Senza peli sulla lingua, perché a un certo punto non si può continuare a girare attorno alle questioni centrali, «come cazzo si può vivere in Ticino con questi salari?».

A sollevare la domanda Giangiorgio Gargantini, segretario regionale Ticino e Moesa di Unia, che, forse, stanco, di dover ripetere l’ovvio, ha scelto un modo crudo per mettere di fronte a un contesto, il quale di giorno in giorno appare sempre più grave. Il sindacalista ha evidenziato come le politiche degli ultimi venti anni abbiano generato un modo di fare impresa sbagliato, con il benestare della stragrande maggioranza politica: un sistema che va cambiato, perché fondato sulla riduzione dei diritti, dei salari e sulla precarietà.

 

I dati, ha continuato Gargantini, si conoscono già: tra il 2022 e il 2020 per 17 rami professionali in Ticino gli stipendi sono diminuti (la logica vorrebbe che crescessero, qui invece si sforbicia); mentre nello stesso periodo i salari medi sono aumentati sì dello 0,7%, ma mentre l’inflazione galoppava al 3,4%, vale a dire 5 volte di più. «Il salario medio in Ticino è di 5'590 franchi, mentre in Svizzera di 6'655: la differenza, calcolando in modo preciso, si avvicina al 23%, quando i costi della vita sono gli stessi nel 70% del paese. Peggio nel  settore privato, dove la mediana è di 5'301 franchi: tolti i quadri si scende a 4'842, vale a dire un netto al disotto dei 4'000 al mese». Ben si capisce, alla faccia di questi numeri, l’esternazione forte e provocatrice («come cazzo si può vivere in Ticino con questi salari?»), che solleva una questione di fondo davvero drammatica.

 

Parole dirette per descrivere un mondo del lavoro in agonia, che sta vivendo uno dei suoi momenti peggiori nella quasi indifferenza delle autorità. Una preoccupazione che non pare, infatti, essere quella della maggioranza della classe politica del cantone, la quale sembra più essere «l’espressione parellela del mondo padronale. La politica ticinese negli ultimi venti anni non solo non è stata in grado di dare una direzione a medio termine di sviluppo economico al cantone, ma ha difeso solo sgravi fiscali per chi ha sostanza, che hanno svuotato le casse dello Stato». E, quindi, ha pungolato Gargantini, «quello che vogliamo sapere, è come pensano, associazioni padronali e Dipartimento finanze ed economia, di invertire la tendenza, aumentando i salari per permettere a chi lavora qui di vivere e spendere in Ticino».

 

Non è un modo di dire retorico: occorre lottare con forza per ridare dignità al lavoro e alle persone sempre più precarie all’interno delle proprie esistenze. A chi «continua a ripetere che la lotta non sia appartenente alla nostra cultura, al nostro sistema», Gargantini ha ricordato l’importanza e la necessità delle manifestazioni, degli scioperi e delle rivendicazioni. L’Avs, rafforzata lo scorso mese di marzo in una votazione che passerà alla storia, è stata un successo dello sciopero generale del 1918.

 

Sulla stessa lunghezza d’onda, Vania Alleva che ha partecipato alla Festa del lavoro a Thun: «In Svizzera è necessario un cambiamento in politica di salari e di pensioni. Negli ultimi anni gli stipendi sono evoluti nella cattiva direzione» ho evidenziato la presidente di Unia, la quale ha precisato che, rincari su rincari, oggi una coppia con due figli dispone di circa 3 mila franchi in meno rispetto al 2020. Come dirla in altre parole? «Una vergogna soprattutto visti i guadagni elevati che molte imprese realizzano. Ci sono abbastanza soldi affinché tutti abbiano diritto a quanto gli spetta». In busta paga, certo, ma anche al momento dell’entrata in pensione: «Il 2024 è un anno decisivo per la previdenza della vecchiaia. Dopo il chiaro sì alla 13.esima rendita Avs, si tratta ora di lottare con tutte le nostre forze per torcere il collo alla riforma della LPP».

Una riforma sulla quale voteremo in autunno e che promette già, dichiarandolo apertamente, di smantellare conquiste. Se passerà, la si pagherà cara: «È assolutamente vergognoso. Sono prese di mira le persone che hanno dei bassi salari e che pagheranno fino a 200 franchi di più» ha detto a chiare lettere Alleva.

 

 

Nella giornata dedicata ai lavoratori non sono mancati i discorsi a sostegno dei dipendenti cantonali, che si vedono minacciare salari e contributi come ha spiegato Adriano Merlini, docente e presidente Vpod. Dal canto suo Sabrina Ehrismann, co-presidente Ssm, sindacato svizzero dei mass-media, si è spesa a difesa del servizio pubblico e contro le iniziative Billag.

 

Per Fabrizio Sirica se «è vero che in ogni crisi si nasconde una possibilità, quel che è successo lo scorso 3 marzo ci dà speranza. Vincendo la votazione sulla 13esima Avs la popolazione ha detto una cosa chiarissima, che vuole  risposte per mantenere il potere d'acquisto con l'aumento delle rendite e dei salari. Ciò che deve essere anche la priorità della politica: aumentare stipendi e abbassare i costi, in particolar modo, quelli per la salute». Per il copresidente del Partito socialista il prossimo 9 giugno si presenterà «un'enorme possibilità, votando l'iniziativa per un limite dei costi dei premi cassa malati al 10% del reddito e bocciando l'ingiusta riforma fiscale».

 

Sono finiti i discorsi, ma la festa sta andando avanti con i concerti, perché chi lavora celebra sempre il Primo maggio a testa alta, cantando e ballando.

E le idee e gli ideali intonati oggi non si spegneranno stasera con l’ultima nota dal palco. Nessuno vuole tornare al passato, ma guardare al futuro. E il domani non può essere fatto di precarietà, di riduzione dei diritti, in cui si muore lavorando o, sempre lavorando, non si riesce ad arrivare a fine mese».

 

Per dirla, pardon, cantandola con i Modena City Ramblers, «avanti siam ribelli, vendicator, vendicator. Un mondo di fratelli, di pace e di lavor».

Già, perché se solo qualche mese fa abbiamo visto rafforzare il primo pilastro, bisogna ora preparsi per l’autunno quando bisognerà difendere anche il secondo. E, così, Gargantini, prima di congedarsi, si raccomanda: «Uniti, assieme, abbiamo vinto la battaglia per la 13° Avs. Ora, dobbiamo vincere il 9 giugno, rimandando al mittente la riforma fiscale e i regali ai ricchi, votando sì al rifinanziamento dell’Ipct, e SI all’iniziativa per un tetto massimo del 10% dell’imponibile per i premi cassa malati». No, non è mica finita, «e poi ci mobiliteremo per i salari e andremo tutti a Berna il prossimo 21 settembre (treno speciale dal Ticino) e saremo di nuovo qui al momento della presentazione dei preventivi 2025».

 

Pubblicato il

01.05.2024 20:12
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