Colonia, orgoglio ma senza rabbia

Come tutti sanno, la scorsa fine di settimana a Colonia, in Germania, s’è tenuta la ventesima Giornata Mondiale della Gioventù. Voluta da Giovanni Paolo II come momento d’incontro e di festa per i giovani cattolici del mondo intero, è stata gestita da Benedetto XVI. Per lui s’è trattata della prima grande uscita pubblica dopo la sua elezione. Posta sotto il motto “Siamo venuti per adorarLo” (Matteo 2,2), la Giornata di Colonia ha permesso a giovani e no di tastare il polso del Pontefice germanico. Ed il bilancio è accompagnato da sentimenti contrastanti, in quanto Papa Ratzinger si è mostrato distaccato non solo sul piano logistico: per motivi di sicurezza, a Marienfeld, il palco papale è stato allestito su una collinetta artificiale, protetta da ingenti forze di polizia e quindi inavvicinabile per i giovani partecipanti. Anche sul piano emotivo Benedetto XVI ha segnalato poco coinvolgimento, malgrado l’entusiasmo affettuoso dimostratogli dai convenuti provenienti dai cinque continenti. Non c’è che dire: Ratzinger non è Wojtyla e il confronto degli stili tra i due non porta molto lontano. Limitiamoci a costatarne la differenza. A me che per la prima volta ho aderito a un’assemblea del genere, preme rilevare come i riflettori accesi su avvenimenti religiosi di questa portata denotino un interesse per essi mai spento da parte di una società che pare negare il suo referente spirituale. Sul piano simbolico, Colonia è diventata l’emblema di una chiara appartenenza religiosa, in quanto la sua antica cattedrale è dedicata ai tre Re Magi, a quei misteriosi saggi mediorientali che, con il loro viaggio alla ricerca del Bambino nato a Betlemme e con il loro atto di venerazione, hanno manifestato l’apertura della fede cristiana a tutte le popolazioni della terra. In sostanza, i Magi del Vangelo di Matteo (la cui festività ricorre il 6 gennaio) rappresentano la possibilità di superare i limiti religiosi in un tempo nel quale il sistema religioso costituiva l’ossatura portante dell’organizzazione culturale e politica della società civile. Da questa prospettiva, Colonia ha fornito alle centinaia di migliaia di partecipanti (il loro numero, domenica mattina, ha sfiorato il milione di persone) l’opportunità per esprimere pubblicamente la loro appartenenza religiosa. A mio giudizio, s’è trattato di un evento la cui valutazione deve tener conto dell’impatto simbolico sia su un Occidente che da decenni soffre di una profonda crisi d’identità spirituale, sia sulla complessa realtà in fermento a livello planetario dell’Islam, sia ancora sui fedeli di altre forme di culto. I giovani convenuti in massa nella città renana hanno espresso e sono stati ripetutamente invitati ad affermare la loro adesione al cristianesimo con orgoglio, ma senza rabbia. Non è un’attitudine che, alla prova dei fatti quotidiani, cioè nelle situazioni concrete di vita, potrebbe contribuire a ridisegnare i contorni del trascendentale in un mondo sempre più disorientato anche sul piano dello spirito?

Pubblicato il

26.08.2005 13:30
Martino Dotta