Area stavolta è davvero in ritardo: come mai i suoi commentatori aspettano la fine di gennaio per commentare un avvenimento che ha riempito i giornali subito sotto Natale? A dire il vero sono complice cosciente di un simile ritardo. Non avevo nessuna voglia di intervenire nel momento scelto da una setta per annunciare la nascita di un bambino, frutto di una tecnica di clonazione. A tutt’oggi il fatto non è per nulla provato. Ma poco importa: il dibattito va fatto indipendentemente dalla veracità della notizia. Se avessi scelto la data natalizia avrei contribuito anch’io alla confusione fattuale e concettuale che sta attorno a questo tema. Nel frattempo le nebbie sembrano essersi diradate anche dal dibattito giuridico e politico sulla clonazione. La distinzione tra clonazione “riproduttiva” e “terapeutica” si sta imponendo anche se non è per nulla chiarificata nella sua scelta terminologica e di contenuto. Una serie di Paesi (USA, America Latina, Vaticano) propone all’Assemblea dell’Onu una proibizione globale di entrambe le modalità, altri non hanno ancora deciso (Francia e Germania), altri ancora manifestano contrarietà a questo multipack che contraddice alle proprie leggi interne (Inghilterra). Per quanto riguarda la Svizzera, siamo legati all’art. 119 della nostra Costituzione che dice che “ogni forma di clonazione” è proibita. Ci sono giuristi nel nostro Paese che affermano la necessità di interpretare alla lettera questo articolo mentre altri pensano che esso non proibisce necessariamente una forma di clonazione che al momento della stesura dell’articolo costituzionale ancora non era conosciuta. Dibattito complesso su cui non vorrei dover decidere ora. Questa difficoltà di interpretazione mettono comunque in evidenza un fatto: gli uomini e le donne di scienza non sono andati molto per il sottile quando si trattava di dare dei nomi alle loro tecniche. Hanno frettolosamente chiamato “clonazione” una serie di tecniche diverse, proposte a scopi diversi. Ora raccogliamo i frutti di simile dilettantismo terminologico. Nessuno sa più bene cosa stia indicando o condannando, ed ancor meno ne conosce bene i motivi ed argomenti. Bisognerà dunque tutti, scienziati, giuristi, studiosi di etica ed attori politici, fare un po’ di “pulizia semantica” nei nostri discorsi. In un contesto di maggior chiarezza sui termini usati e sul loro contesto arriveremo a capire meglio se le nostre posizioni divergano davvero o meno, e soprattutto per quali motivi. Se la redazione di Area avrà piacere ad organizzare un “paginone” sull’argomento potrò manifestare la mia posizione con un certo agio. Gridare allo scandalo non serve comunque a gran che, fino a quando non si fa chiarezza in quello che pensiamo e proponiamo. Proprio in questi giorni la Commissione nazionale di etica si è espressa in questi termini. Speriamo che sia ascoltata anche a Berna.

Pubblicato il 

31.01.03

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