Cleptocrazia, un sistema non solo russo

Cammini pacifico lungo un sentiero di una collina già assai martoriata del Luganese. Ti sovrasta di fianco, quasi scavato dentro la collina, un immobile di alta gamma, da poco costruito, vista a centottanta gradi su tutto il golfo, quattro estesi appartamenti scalari. Due cittadini del luogo stanno sotto, confabulando. L’uno: «Se ti interessa, affitto mensile 24mila franchi, tutto compreso, vai a vedere sul sito…». L’altro: «Entrerà un oligarca russo». Forse inteso come capita spesso o come unica possibilità (se non come obiettivo già messo in conto, considerata l’alta posta richiesta, fuori non tanto dalla norma quanto dalla ragione, anche senza Putin).


Ecco quindi l’attualità tremenda, quella di una guerra, che ti capita addosso anche in questo modo. Banale, forse, ma pervasivo, inevitabile. Perché la correlazione ti  appare subito tutta: Putin, la guerra, le sanzioni, l’impossibile neutralità elvetica, gli oligarchi russi (quasi 150 in Svizzera, tutti amici di Putin o indirettamente complici?), la cleptocrazia, l’oligarchia, la connivenza affaristica sul Lemano o sul Ceresio, quel che ci rimetteranno alcune industrie ticinesi, l’arrivo dei profughi con gli interrogativi ormai fossilizzatisi del solito noto (quanto resteranno, quanto costeranno allo Stato, non ci porteranno via posti di lavoro, siamo sicuri che sono perlomeno cristiani, che non si infiltrino degli indesiderabili o spie di Putin?).


C’è comunque un aspetto che, per induzione, induce a soffermarci. Non è marginale alla tragedia della guerra. È appunto quello degli oligarchi o dei cleptocrati. Si ritiene che gli oligarchi russi abbiano depositato all’estero circa mille miliardi di dollari. La Banca nazionale svizzera ha fatto alcuni conti, in tema di sanzioni, e ha rivelato che le imprese e i privati russi in Svizzera detenevano nel 2020 attivi per un valore di oltre 11 miliardi di franchi. Che è però una sicura sottovalutazione nella misura in cui la maggior parte dei fondi non sono detenuti direttamente dai loro veri proprietari.


Ecco, questo è un risultato, parziale, della cleptocrazia, rilevato da istituzione ufficiale. Cleptocrazia, che letteralmente significa governo del furto. Nel metodo e nella pratica significa: spoliazione  sistematica delle risorse di un paese. Se il governo (Putin) lo ha permesso in oltre vent’anni, c’è ovviamente convergenza di interessi (e furto), si è concluso. E per questo, con lo scopo di metter un ostacolo e togliere mezzi al proseguimento della guerra, si è cercato di colpire il sistema. Svizzera consenziente, con neutralità impossibile.


Si potrebbe pensare che quel sistema sia una prerogativa tutta russa, di chi è passato dalla tristezza del comunismo per tutti all’allegria del capitalismo per pochi. Non è così. L’inchiesta “Suisse Secrets” ha rilevato, ad esempio,che il solo Credito svizzero amministrava 100 miliardi di dollari legati appunto… alla cleptomania, alla corruzione, all’evasione fiscale che ne fa parte: la maggioranza proveniva da paesi in via di sviluppo, tra cui Venezuela, l’Egitto e… l’Ucraina.

 

E allora la responsabilità di quanto accade scende o sale: se ne deve accorgere chi amministra quei fondi o chi, per decisione politica antineutrale (o di neutralità attiva, si preferisce dire), è costretto per il momento a congelarli. O chi forse difficilmente riuscirà ora ad affittare un appartamento da 24mila franchi al mese. Poi, forse, come spesso capita, ci sarà un accordo e si tornerà a ri...sistemare.

Pubblicato il

23.03.2022 15:25
Silvano Toppi