Anche in Svizzera, già da alcuni lustri, molte donne italiane che, prima del 1948, avevano sposato un cittadino di un'altra nazionalità, e quindi perso la cittadinanza italiana, protestavano energicamente per non poterla trasmettere ai propri figli. Ancora recentemente molti svizzeri, discendenti di mamma o nonna italiana, protestavano di non poter essere anche loro doppi cittadini. Purtroppo per loro si applicava la legge n. 555 del 1912 sulla cittadinanza che ne permetteva la trasmissione, jus sanguinis, unicamente per discendenza maschile. Una discriminazione delle donne italiane mai sanata dal legislatore, né dalla sentenza n. 87 del 1975 né dalla successiva n. 30 del 1983 della Corte Costituzionale, riguardando situazioni antecedenti il 1.1.1948, cioè l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana. Come spesso accade in Italia, la Magistratura, ha preso in contropiede il legislatore. Infatti la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4466 dello scorso 25 febbraio, ha riconosciuto la cittadinanza italiana ad una signora egiziana nata al Cairo nel 1962, nipote di una donna che, prima del 1948, aveva perduto la cittadinanza italiana avendo sposato un egiziano. Naturalmente questa sentenza non fa giurisprudenza, quindi quanto deciso dalla Corte di Cassazione vale solo per il caso in questione. Pertanto chiunque si trovasse nella stessa situazione di questa donna e volesse vedersi riconosciuta la cittadinanza italiana, dovrà iniziare un iter giudiziario lungo e costoso. Questa sentenza pone all'attenzione un problema molto sentito da migliaia di italiani all'estero, per la soluzione del quale si sono spesi da tempo sia l'associazionismo italiano che gli stessi Comites e Cgie. Da parte sua il Ministero dell'Interno, dopo questa sentenza, con un suo comunicato, informa che «Il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione diramerà presto una nota esplicativa (…). Finora, infatti, la completa applicazione del principio di parità tra uomo e donna, per quanto riguarda la trasmissione ai figli della cittadinanza italiana, era stato pienamente raggiunto solo con l'emanazione della Carta costituzionale nel 1948. Prima di tale data il principio dell'unitarietà dello "status civitatis" della famiglia era prioritario rispetto ai diritti della donna, che, solo nella legge di riforma del diritto di famiglia del 19 maggio 1975, avevano trovato parziale accoglimento. Con la sentenza, la Corte di Cassazione ha inoltre dato compiuta attuazione ai principi contenuti nella Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979, secondo la quale alle donne spettano "diritti uguali a quelli degli uomini in materia di acquisto, mutamento e conservazione della cittadinanza"». Attendiamo quindi ulteriori lumi in materia, auspicando che il Parlamento risolva definitivamente l'intera questione, per evitare che la soddisfazione ottenuta dalla signora egiziana sia una prerogativa dei ricchi, introducendo una nuova discriminazione tra donne e discendenti di donne italiane, basato sul reddito. |