Esattamente 50 anni fa, l’iniziativa “contro l’inforestierimento”, passata alla storia come iniziativa Schwarzenbach, anche se di poco, fu sconfitta. Il popolo svizzero era chiamato a votare per limitare fortemente la presenza straniera nella Confederazione anche attraverso espulsioni di massa della forza lavoro senza passaporto e delle famiglie al seguito. Les années Schwarzenbach Nel 2010 è uscito nelle sale il documentario Les années Schwarzenbach, un’opera che è anche un documento di storia orale. Per la sua realizzazione, gli autori hanno infatti raccolto le testimonianze di dieci immigrati arrivati in Svizzera durante gli anni Sessanta. Queste persone, di origine italiana o spagnola, raccontano davanti all’obiettivo le ragioni della loro partenza, le prime impressioni legate all’arrivo nel paese, i primi passi verso l’integrazione e, soprattutto, lo choc dovuto alle iniziative xenofobe. Quella che ha messo in più grande subbuglio la Svizzera, è passata alla storia con il nome del suo autore, il politico reazionario James Schwarzenbach, che si trovava alla guida del partito di estrema destra Azione nazionale. La sua iniziativa, che si proponeva di limitare al 10% la percentuale di stranieri su suolo svizzero, fu respinta nel 1970, anche se quasi metà della popolazione (46%) votò a suo favore. Come emerge dalle parole dei protagonisti, il clima a quel tempo era davvero teso nel paese e gli atti discriminatori all’ordine del giorno. Molti presero comunque la strada del ritorno a casa, poiché si sentivano traditi e umiliati dall’iniziativa. Le responsabilità sindacali Durante tutti gli anni Cinquanta e ancora di più negli anni Sessanta, il numero di lavoratori stranieri attivi in Svizzera continuò ad aumentare. L’economia elvetica necessitava di sempre più braccia per far fronte alla produzione in costante crescita. Il fronte sindacale elvetico assunse nei loro confronti posizioni protezionistiche. Vasco Pedrina, ex Copresidente Unia e grande sostenitore dell’apertura del sindacato agli stranieri, ha ricordato: «Negli anni Cinquanta e Sessanta, i sindacati svizzeri avevano delle posizioni inaccettabili sul tema degli stranieri. Per loro la difesa dei lavoratori svizzeri passava attraverso la chiusura, vale a dire contingentamento e accettazione di statuti discriminatori. Invece di placare le paure dei lavoratori locali, le alimentarono. Il risultato fu drammatico: più della metà degli iscritti all’Unione sindacale svizzera votò a favore dell’iniziativa Schwarzenbach. Ci furono certo delle eccezioni e una di queste fu Ezio Canonica. Il leader sindacale ticinese comprese fra i primi che l’unità di lavoratori svizzeri e stranieri era la chiave di volta per rafforzare tutta la classe lavoratrice del paese. Ezio Canonica, alla guida del Sindacato edilizia e legno, non solo si propose come difensore dei lavoratori immigrati, ma assunse collaboratori non svizzeri all’interno del sindacato, favorendo così la loro organizzazione».
Resistenza migrante La storia dell’era Schwarzenbach è stata scritta anche dalle associazioni italiane progressiste. La Federazione delle colonie libere italiane (Fclis) e le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani in Svizzera (Acli) chiamarono nel 1969 tutte le associazioni italiane a raccolta, i partiti, nonché i gruppi sindacali di lingua italiana, e fondarono un movimento che è rimasto impresso nella memoria collettiva dei lavoratori italiani in Svizzera. Il 25 e il 26 aprile del 1970 queste associazioni si riunirono a Lucerna nel “Primo convegno unitario delle associazioni degli emigrati italiani”. L’evento fu seguito con particolare attenzione sia dai media italiani, sia da quelli svizzeri. Questo convegno fece nascere il Comitato nazionale d’intesa che rappresentava centinaia di migliaia di emigrati italiani in Svizzera. Come ha ricordato lo storico Paolo Barcella, «l’osservatore odierno non può che rimanere colpito dalla forza della mobilitazione organizzata in terra straniera dai cittadini italiani, dalla dimensione del loro mondo associativo, diffuso in modo capillare nei cantoni svizzeri, animato da un pluralità d’interessi e motivazioni politiche, culturali, sindacali». Questo movimento non si pose soltanto sulla difensiva rispetto agli attacchi xenofobi, ma elaborò rivendicazioni per migliorare la vita dei lavoratori migranti in Svizzera. La svolta solidale L’era Schwarzenbach ha lasciato delle ferite ma ha contribuito al cambio di passo dei sindacati svizzeri. Gli anni Ottanta e Novanta sono stati importanti per il passaggio definitivo da una politica di difesa e ripiegamento del fronte sindacale, a una politica basata sulla solidarietà e l’uguaglianza di diritti tra lavoratori indigeni e lavoratori stranieri. Uno dei protagonisti di questo passaggio è stato proprio Vasco Pedrina, che ricorda: «I lavoratori migranti in quegli anni sono diventati sempre più importanti tra gli iscritti al sindacato e nel frattempo si è formata una nuova generazioni di sindacalisti e sindacaliste che non si accontentano più di una politica di pura negoziazione». Oggi l’unità tra lavoratori indigeni e stranieri non è più messa in discussione all’interno del sindacato anche se, nel paese, le forze populiste tentato continuamente di rompere questo fronte unitario per indebolire la compagine sindacale e mettere in discussione le conquiste acquisite. A tal proposito rimandiamo al commento della presidente di Unia Vania Alleva. L’iniziativa Udc Il 27 settembre si voterà l’iniziativa Udc per la disdetta dell’accordo di libera circolazione (Alc) tra Svizzera e Ue, l’ennesima iniziativa antistranieri del partito di Blocher. Questo accordo regola la vita di più di 1.700.000 persone in Svizzera e la sua abolizione avrebbe conseguenze gravi in termini di perdita dei diritti (soggiorno, ricongiungimento famigliare, prestazioni sociali …). Senza Alc si tornerebbe indietro di anni e moltissime persone si ritroverebbero in una situazione di precarietà economica e sociale drammatica. L’iniziativa andrebbe a colpire lavoratori e lavoratrici, famiglie, studenti e persino i minori. Nessun straniero sarà più protetto dall’Alc e questo avrà conseguenze gravi per tutti, nessuno escluso. Per questo occorre andare a votare: per dimostrare che lavoratori e lavoratrici in Svizzera sono compatti. |