Affari nostri

Quando si dice un’arma a doppio taglio. Lasciamo tracce ovunque con i nostri telefoni “intelligenti”, in particolare in virtù della diffusa abitudine a inviare messaggi di testo e vocali. Niente da nascondere? E vai con i decaloghi su privacy e sicurezza digitale. La questione si sta tuttavia rivelando interessante per gli affari nostri. Perché sta emergendo che anche chi ci governa, tende a straparlare quando impugna il telefono: le chat WhatsApp diventano prova di abusi, e di bugie a favore di telecamera.

 

Nel Regno Unito imperversa la polemica sulla gestione governativa della crisi Covid. La storia è curiosa, a tratti comica, se non fosse punteggiata di tragedie umane e sconcertante disprezzo per il popolo bove. C’è che l’ex ministro della sanità Matt Hancock aveva ingaggiato la giornalista Isabel Oakeshott perché lo aiutasse a scrivere l’agiografia che l’avrebbe (sperava) riabilitato. Hancock, forse lo ricorderete, fu costretto a dimettersi a causa di una storia di corna.

 

L’ingenuo ha messo a disposizione della giornalista oltre 100.000 messaggi WhatsApp, e lei li ha consegnati al Telegraph, che li sta ora pubblicando nella serie “The Lockdown Files”. I testi rivelano come si sia arrivati a decisioni draconiane – iniziative mai prese prima in centinaia di anni di gestione delle malattie infettive. Dal lockdown, alla quarantena delle persone sane, ai test di massa.. ce n’è per tutti i cosiddetti Npi, gli interventi non farmaceutici. Saltano agli occhi cinismo, ignoranza e una certa dose di stupidità.

 

L’obbligo di mascherina? I vertici delle autorità sanitarie erano consapevoli della mancanza di evidenze a supporto della loro introduzione. All’epoca pochi studi erano stati realizzati, il risultato era stato che avessero zero o poco più efficacia per prevenire la trasmissione e l’infezione. Fatto che è stato di recente confermato da una enorme revisione Cochrane – è considerato il migliore standard in letteratura medico-scientifica. Per molto tempo, poi, chi volesse entrare nel Regno Unito veniva isolato in un costoso albergo. I governanti commentavano: “esilarante”, che persone sane come pesci fossero chiuse in un hotel e pagassero cifre importanti per rimanerci. E poi: “Quando ci giochiamo la prossima variante?” e “la gente se la farà nelle mutande, quando la lanceremo!”.

 

Dell’uso sistematico della paura per obbligare la popolazione a seguire il diktat governativo si è occupata in maniera magistrale Laura Dodsworth. Il suo libro, uscito ormai due anni fa, alterna storie di persone che si sono viste togliere il diritto di abbracciare la madre morente, di frequentare il compagno, di accompagnare il bambino a scuola, con documenti esclusivi sull’unità di manipolazione delle masse che il governo britannico aveva attivato nel 2020. “A State of Fear” resta una lettura indispensabile per rielaborare cosa sia successo negli ultimi anni.

 

Anche in Italia, nell’ambito dell’inchiesta sui fatti lombardi, stanno emergendo messaggi WhatsApp che mettono in imbarazzo i piani alti. Pezzi grossi della sanità italiana commentano l’inutilità dei test di massa, per esempio, pur avendoli poi di fatto introdotti. Aspettiamo con pazienza che emergano i messaggi scambiati fra chi ha preso le decisioni in Svizzera. Su quelli che si sono inviati Ursula von der Leyen e l’ad di Pfizer attorno alle commesse per l’acquisto dei vaccini, sono finora finiti nel nulla gli sforzi di trasparenza di deputati e commissioni. A gennaio, il New York Times ha denunciato la Commissione europea: la testata chiede che sia un tribunale a sanzionare la mancata pubblicazione della corrispondenza che, sottolinea, è di interesse pubblico. Niente da nascondere?

Pubblicato il 

08.03.23
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