Ciao

Ripensando al pogrom di Rosarno di qualche settimana fa, la "caccia al negro" messa in atto da una parte degli abitanti di quella cittadina calabrese, il pensiero va ad Hannah Arendt e alla sua opera "Le origini del totalitarismo": i grandi libri hanno sempre a che fare con il presente.
In questo classico della politologia del Novecento, si analizza, fra le altre cose, la fine dei diritti umani, riferita specialmente agli apolidi (cioè a chi non ha cittadinanza in nessun stato), ai superstiti dei campi di sterminio, agli internati: «nel timore di essere equiparati a bestie, essi insistevano fanaticamente sulla loro nazionalità, l'ultimo segno della cittadinanza perduta, come l'ultimo superstite legame con l'umanità».
La stessa cosa può dirsi dei neri che, per noi, raccolgono agrumi nel sud dell'Italia. I clandestini, definiti "bestie" dai rosarnesi inferociti per la loro rivolta, causata da chi li ha presi a fucilate. I diversi, "la schiuma della terra", le vite di scarto, ai quali Adriano Sofri ha dedicato, su Repubblica, una toccante poesia, riprendendo il famoso testo poetico che Primo Levi mise ad epigrafe di "Se questo è un uomo" e che comincia con il verso "Considerate se questo é un uomo… „
– Non sono razzista, ma quelli sono bestie – ha dichiarato uno dei rosarnesi, intervistato dopo i fattacci. E allora, se sono bestie, si può sparare. D'altronde, anche da noi qualcuno in passato ha sparato agli zingari, anch'essi vite di scarto.
Mi è venuto in mente un altro libro apparso recentemente: "Uomini e caporali" di Alessandro Leogrande, che denuncia lo sfruttamento dei raccoglitori di pomodori nelle Puglie. Migliaia gli stranieri provenienti specialmente dell'Europa dell'Est, ridotti in schiavitù da caporali, spesso loro connazionali, al soldo dei proprietari terrieri. Giungono in Italia imbrogliati da intermediari, vivono in casolari diroccati e baraccopoli, si vendono per pochi euro. Lo scrittore, sull'esempio di Roberto Saviano, svolge un'inchiesta fra questi braccianti, vittime di soprusi nell'Italia berlusconiana.
Ho pensato ai raccoglitori di agrumi e di pomodori l'altro giorno, passando accanto a ombre in sosta nei pressi di un campetto di calcio in via Volta, a Chiasso, dove una volta scorrevano le acque del torrente Faloppia rosse di sangue del macello comunale. Erano lì, ghettizzati, a guardarsi in giro, estranei all'atmosfera di festa degli ultimi giorni di dicembre. Li ho guardati di straforo. Ma uno di loro mi ha guardato in faccia e mi ha detto ciao. Un semplice ciao; ma dietro c'era altro. Ho risposto ciao. E me ne sono andato a casa, dove arance e mandarini mi aspettavano nella fruttiera della cucina.

Pubblicato il

29.01.2010 15:00
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