Ci si doveva preparare

Testati negativi al coronavirus o vaccinati e talvolta con la mascherina. Sarà probabilmente solo a queste condizioni che nei prossimi mesi potremo tornare a viaggiare, ad assistere a un concerto, a goderci una partita di pallone dentro uno stadio o a frequentare cenoni, ambienti della vita notturna e dello svago. Allo stato attuale delle cose, a breve possiamo solo sperare di riconquistare questa sorta di “libertà vigilata”, che è comunque una boccata d’ossigeno sia per gli individui sia per le attività economiche più colpite da ormai un anno di pandemia, di restrizioni e di chiusure.
La nuova strategia dei test gratuiti e di massa avviata dal Consiglio federale il 15 marzo e i test auto-diagnostici in arrivo il 7 aprile, oltre a favorire l’individuazione dei casi e dunque frenare la propagazione del virus, dovrebbero aiutarci a stare un po’ più insieme in sicurezza e a concederci una moderata libertà. “Prima di una cena, di una visita ai parenti o di una
riunione, fatevi testare”, ripete il ministro della sanità Alain Berset.

 

Un’indicazione che sarebbe valida anche per i turisti che in queste settimane di vacanze pasquali si riversano nelle località più sensibili, come per esempio il piccolo Ticino. C’è però un problema: a tutt’oggi ottenere un appuntamento in farmacia per un test in assenza di sintomi è un’impresa, soprattutto in Ticino dove le autorità, il medico e il farmacista cantonali non hanno mai creduto nella strategia dei tamponi di massa e la stanno adottando senza alcuna convinzione. A volte, ci è stato segnalato, anche ponendo ostacoli incomprensibili a farmacie che si metterebbero a disposizione per eseguire i test.


Complice il ritardo con cui il Consiglio federale ha esteso a tutto il paese la strategia dei tamponi di massa sperimentata da mesi e con successo nei Grigioni, la Svizzera affronta nuovamente impreparata uno dei periodi più delicati di questa pandemia: con solo una piccola percentuale di popolazione vaccinata, la crescente mobilità delle persone, un generale (certamente comprensibile) rilassamento nei nostri comportamenti e una sempre più diffusa mancata applicazione delle norme di protezione, si rischia di trasformare la Pasqua nell’inizio di un nuovo incubo, di una nuova impennata dei contagi (questa settimana sia in Svizzera sia in Ticino è stato registrato il numero di casi giornalieri più alto da metà gennaio: 2.400 rispettivamente 138), dei ricoveri e purtroppo dei morti. Per comprendere la delicatezza della situazione basti guardare a quasi tutti gli altri paesi europei, che mantengono restrizioni per noi inimmaginabili come il confinamento e il coprifuoco. Senza dover ricorrere a tanto, ci si poteva e ci si doveva preparare meglio.


Prendiamo il caso del Ticino: non avrebbe forse avuto senso organizzare una campagna a tappeto e seria per il porto della mascherina nei luoghi affollati (obbligo che viene bellamente ignorato), magari anche offrendole in omaggio ai turisti? Oppure promuovere e mettere a disposizione di tutti i test rapidi? Probabilmente sì, ma il Consiglio di Stato si attiva presso il governo federale per ottenere una deroga e riaprire le terrazze dei ristoranti fino al 18 aprile. Come se il coronavirus avesse deciso di prendersi una vacanza fino a quella data.

Pubblicato il

01.04.2021 10:11
Claudio Carrer