Se la Svizzera ha un problema, è quello degli stranieri. Se gli stranieri non fossero stranieri non creerebbero problemi. Dunque gli stranieri devono smetterla di fare gli stranieri e la Svizzera non avrà più problemi.
Ridotto a sillogismo è questo il concetto dominante oggi il tema dell'integrazione della popolazione straniera in Svizzera. E lo è da quando, con acrobatica giravolta, invidiabile fiuto politico e mirate campagne mediatiche, è stata proprio la destra ad impossessarsi del tema dell'integrazione, per decenni cardine delle politiche migratorie propugnate dagli ambienti progressisti. L'integrazione così come la intende la destra, ha rilevato la scorsa settimana Balthasar Glättli sulla Wochenzeitung, è in realtà un'assimilazione forzata: se diventi come uno svizzero, bene, altrimenti raus. È un concetto vincente nella sua semplicità: le elezioni cantonali zurighesi dello scorso week end sono state pesantemente condizionate da recenti fatti di cronaca che hanno avuto come protagonisti in negativo giovani migranti, e la posizione responsabile e oggettiva del Ps su questo tema contrapposta alle strumentalizzazioni della destra è certamente uno dei motivi che spiegano la sconfitta socialista alle urne. E che possono aiutare a capire la vittoria degli ecoliberali, formazione che sembra fatta apposta per catturare le simpatie di un ceto medio-alto pseudoilluminato ma egoista, che vive in loft da 5 mila franchi al mese ricavati in vecchi stabilimenti industriali ma che dei reali problemi degli stranieri che in quegli stabilimenti ci hanno lavorato non ne vogliono sentir parlare – perché non sono trendy.
Difficile a questo punto la posizione della sinistra e dei sindacati. È infatti ampiamente diffusa la percezione che violenze sessuali, scuole difficili, strade pericolose, assicurazioni sociali dissanguate, discriminazione delle donne, tutti questi e molti altri problemi sociali siano colpa di stranieri che non si vogliono integrare. E già soltanto in vista del referendum sulla quinta revisione dell'Assicurazione invalidità, su cui si voterà il 17 giugno, sarà un'impresa far capire che se in proporzione più stranieri "beneficiano" di prestazioni dell'Ai, è perché sono loro a svolgere i mestieri più logoranti. Cinque mesi fa il Partito socialista svizzero aveva presentato un suo documento sull'integrazione dei migranti in Svizzera. Un documento equilibrato e pieno di misure sensate, ma che il Pss non ha saputo imporre nell'agenda politica (quanto sono lontani i tempi di Peter Bodenmann). Anzi, in molti è rimasta probabilmente l'impressione che il Pss scimmiottasse Blocher e l'Udc senza avere il coraggio di seguire fino in fondo la destra su questa strada.
C'è il pericolo dunque, a parlare oggi di integrazione, di propugnare paradossalmente quelle politiche di esclusione tanto care alla destra. È un gatto che si morde la coda. Forse ha ragione Glättli: è tempo di riporre nuovamente la questione migratoria su basi più sane. Distinguendola da tutti gli altri problemi sociali. E partendo dall'assunto fondamentale che ognuno ha diritto ad essere quel che è. Parrebbe ragionevole. Ma di questi tempi non lo è.

Pubblicato il 

20.04.07

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