Chiude area, finisce una tradizione

Area chiuderà alla fine dell'anno.
Personalmente ritengo questo fatto triste e preoccupante, forse perché ho partecipato e contribuito in prima persona alla creazione e all'avvio di questo progetto editoriale. Ma al di là dei miei possibili legami affettivi, il fatto che oggi più mi preoccupa è che la fine dell'esperienza di area non sembra aver suscitato particolari reazioni tra le fila della sinistra nostrana (per lo meno reazioni che io abbia potuto percepire dal mio punto di osservazione ormai un po' "esterno" alla politica attiva).
E questo è, al di là delle relazioni più o meno affettive, un fatto politicamente grave.
Certo, niente e nessuno sono indispensabili e così è certamente anche per area. Ma anche se è vero che Unia, così come il Ps Ticino, sapranno, con ogni probabilità, dotarsi di buoni strumenti informativi e magari anche formativi, il progetto di un foglio in grado di proporre "Cultura" politica non finalizzata prioritariamente ad obbiettivi "interni" chiuderà, credo, definitivamente i battenti con la chiusura di area. E con essa finirà una tradizione, ma ancor più un tratto distintivo della sinistra ticinese che, forse per il fatto d'essere parte di una minoranza linguistica, ha sempre investito politicamente molto sul valore e l'importanza dell'informazione come strumento per proporre "Cultura". La tradizione è lunga. Cominciando dai fogli divulgativi dei primi anni del secolo (come ad esempio "Su compagne", per ricordare un'esperienza femminile e femminista), a "Libera stampa" che ha letteralmente costruito tassello su tassello (ed è solo un esempio tra i tanti possibili) la cultura antifascista in Ticino, opponendosi al potere dominante che proponeva un "attento e ossequioso rispetto equidistante" per l'ingombrante vicino. Una scelta questa, fatta con decisione, nonostante non fosse certamente pagante dal profilo elettorale! Per proseguire poi con l'esperienza di "Politica nuova", che ha saputo, nel corso di tutta la sua esistenza (e anche qui gli esempi sarebbero troppi!), condurre battaglie che hanno davvero contribuito a fare "Cultura" politica in Ticino. Battaglie, anche in questo caso, che non avevano certo, come obbiettivo prioritario, quello di raccogliere consensi elettorali
Da gennaio, come detto, perderemo anche l'importante voce di area. Da allora, come, con quali strumenti, attraverso quali percorsi si potrà ancora proporre Cultura politica progressista? Certo, gli intellettuali sembrano sempre più lontani e distaccati e coinvolgerli nella politica attiva diventa sempre più difficile. Ma è questa una causa; o è piuttosto un effetto? In particolare, interessa ancora al Partito Socialista (ma identico discorso si potrebbe proporre per il Partito liberale o per i Popolardemocratici) e all'humus che vive attorno ad esso, discutere, proporre e fare "Cultura" politica? La mia impressione è che non sia più così o per lo meno che l'idea di proporre idee e visioni che non servano nell'immediato stia diventando sempre più un "lusso" considerato marginale e secondario. Del resto alcune considerazioni emerse nel corso dell'incontro con il futuro Presidente del Pss negli scorsi giorni sembrano confermare la fondatezza di questi interrogativi.
E in Ticino cosa vogliamo fare? C'interesserà ancora fare opinione, rivolgerci e tentare di costruire rapporti privilegiati con i movimenti sociali e/o le "anime" politiche presenti sul territorio (così come sembra proporre Levrat a livello nazionale) o intendiamo occuparci soprattutto o quasi esclusivamente dell'orticello di casa? Beh, credo sarebbe utile e importante che anche di questo si parlasse al congresso di marzo!

Pubblicato il

29.02.2008 13:30
Anna Biscossa
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