Inoltri domanda per assegni familiari e ricevi l’ammonimento, se non l’espulsione. Nessuna lotta agli abusi, ma il frutto della nuova interpretazione da parte dell’autorità cantonale della politica familiare che parifica gli assegni integrativi e di prima infanzia all’assistenza pubblica. Colpite le famiglie domiciliate o residenti (in un caso anche a tre quarti svizzera), in un cantone dove un cittadino su tre è straniero. Ah, la famiglia. È uno dei soggetti preferiti nei discorsi dei politici. Non scordano mai di sottolinearne il valore, l’importanza sociale, la necessità di sostenerla, di difenderla, ecc, ecc. Alle parole poi però seguono i distinguo. L’ultimo in ordine temporale in Ticino si fonda sul passaporto della famiglia, oltre che sulla condizione economica. Contrariamente al passato, da un paio d’anni l’autorità cantonale considera gli assegni familiari integrativi (Afi) e di prima infanzia (Api) una prestazione assistenziale. E in virtù di questo fatto, le persone dimoranti o domiciliate che inoltrano domanda di assegni familiari si vedono recapitare dall’Ufficio della migrazione degli ammonimenti di revoca dei permessi. A volte anche effettivi, ciò che equivale a un’espulsione. Stando alla versione degli uffici del Dipartimento sanità e socialità, la nuova prassi è dovuta alla modifica della legge federale sugli stranieri del 2008, nella quale è previsto l’obbligo di segnalazione degli stranieri che beneficiano di aiuti sociali. Ma gli assegni familiari sono assistenza pubblica o strumenti di politica familiare? I pareri qui divergono. I vertici del Dss hanno deciso che, se non esistessero gli assegni integrativi o di prima infanzia, parte dei richiedenti avrebbe teoricamente potuto richiedere l’assistenza. Grazie a questo ragionamento, queste famiglie ricevono l’ammonimento se non l’espulsione tout-court. Una prassi che tocca pure famiglie che li ricevevano già da anni. Ricapitolando, succede questo: a parità di condizioni economiche del cittadino richiedente, la risposta di sostegno alla famiglia del Dss è diversa a seconda della nazionalità. Se elvetico, lo riceve, se invece straniero, riceve la minaccia d’espulsione e molto probabilmente desisterà nella richiesta. Nella nostra documentazione, un caso ha ricevuto l’espulsione tout-court. Dopo 14 anni di residenza. In un cantone dove un cittadino su tre non ha il passaporto rossocrociato, s’intuisce la portata della misura selettiva. Dal cambiamento da politica familiare ad assistenziale è nata una diatriba legale, non ancora conclusasi. Il Tribunale federale si esprimerà a breve su dei ricorsi contro delle sentenze del Tribunale amministrativo cantonale che convalidavano la nuova prassi ticinese di considerare gli Afi e Api strumenti di politica assistenziale. Al di là della diatriba legale, la vera novità è la mutata opinione politica del Consiglio di Stato a sollevare degli interrogativi. Nel parificarla all’assistenza, in molti vedono uno stravolgimento della Legge assegni familiari. «La volontà del Governo e del Parlamento non era di promuovere una nuova legge assistenziale, ma di favorire la libera scelta di procreare senza preoccupazioni di tipo finanziario, e i rapporti affettivi permettendo alla madre (o al padre) di restare accanto al figlio nei primi tre (determinanti) anni di vita» spiega nell’intervista a lato Pietro Martinelli, ex consigliere di Stato promotore degli assegni familiari nel 1996. Come lui la pensavano anche gli 89 deputati su 90 del Gran Consiglio che approvarono la legge. Un’impostazione che ha retto tutti questi anni, tanto che ancora oggi diversi operatori sociali la consigliano in buona fede alle famiglie, ignari delle conseguenze. Eppure il governo ha deciso di cambiare impostazione. La decisione di considerare gli assegni integrativi e di prima infanzia non può essere stata presa in autonomia dai funzionari statali, ma era necessaria l’approvazione politica del Consiglio di Stato. Infatti il governo ne ha discusso a più riprese. Ad area risultano quattro i ministri favorevoli (al momento della decisione in governo per il Plr sedeva Laura Sadis), e uno contrario. Escludendo le motivazioni di una generica politica ostile agli stranieri, rimane un mistero perché il governo abbia cambiato impostazione. Non esiste alcuna emergenza in questo campo. I numeri dei beneficiari è stabile da almeno una decina d’anni (poco più di 3.000). L’aumento delle uscite (solo Api) è dovuto all’adeguamento al costo della vita, dopo che per anni era stato bloccato. Adeguamento deciso dal medesimo governo. Da escludere anche la lotta agli abusi, visto che le persone “ammonite” non hanno barato sulle loro condizioni economiche per poterne beneficiare. Non plausibile nemmeno la lotta al turismo assistenziale, visto che la larghissima maggioranza dei beneficiari risiede sul territorio da oltre 5 anni. Senza dimenticare che gli elvetici sono la gran parte dei beneficiari. Nel dossier di area in edicola venerdì 9 ottobre 2016 Le storie La spiegazione del Consigliere di Stato Paolo Beltraminelli L'indignazione del padre della legeg sugli assegni Pietro Martinelli |