Chiasso, amore e disprezzo a prima vista

Rasul è arrivato in Svizzera 3 anni fa, è entrato nel retro di un camion in Iraq con altri profughi. È passato tramite la Turchia trattenendo il respiro per poi tornare all’aria aperta a Ginevra. Ora sta a Chiasso, «il posto più bello e silenzioso che ho mai visto» ci dice seduto su una poltrona nel suo appartamento di via Bossi. Zakariao invece è giunto dal mare, stipato nella stiva di una bagnarola partita in tutta fretta dall’Angola in guerra. È infine approdato a Chiasso «un inferno in cui non posso fare niente, un ambiente morto già alle 6 di sera. Un cimitero. Lasciatemi lavorare, non voglio la carità di nessuno», dice nervosamente in francese. «All’inizio sono arrivato a Vallorbe – racconta Rasul sforzandosi di parlare un buon italiano – ci sono rimasto un mese. Avevo cominciato a dire qualche parola in francese. Bonjour monsieur. Poi mi hanno mandato in bus a Chiasso, non sapevo neanche che in un paese così piccolo come la Svizzera si potessero parlare quattro lingue così diverse». Rasul porta un cappellino rosso in testa anche quando sta in casa, ha 22 anni e ama lo sport, gli piacerebbe andare in palestra, dice timidamente, ma per il momento non ha soldi in tasca da buttare via, aggiunge. Su un tavolino, vicino alla televisione, mostra i suoi libri di italiano, si impegna al massimo per restare nel «paradiso» che ha trovato. In più tutti i martedì il comune di Chiasso gli offre la possibilità di partecipare ad un corso per imparare la lingua e cavarsela con gli affari pratici della vita «ma purtroppo non ci sono dizionari curdo-italiano e ci sono delle parole che non riesco a capire, non ho modo di tradurle. Perché mi impegno così tanto? Perché voglio restare qui. In più non ho niente da fare tutto il giorno, non trovo lavoro. Almeno così vado avanti, imparo qualcosa». Zakariao lo incontriamo sotto al palazzone in cui vive in via Soldini, dall’altra parte della cittadina di frontiera, fra i binari della ferrovia e il bosco del Penz. È teso «Chiasso non è brutta a condizione che hai un lavoro però. Ti svegli la mattina, vai al lavoro, hai dei colleghi e rientri la sera. Questa è la vita che vorrei fare. Non voglio i soldi di nessuno, voglio pagare da solo la cassa malati, l’elettricità, la luce, il riscaldamento e tutte le altre spese che hanno le persone normali. Io non mi sento normale, vago per le strade di Chiasso senza una meta, giusto per far passare il tempo. Mangio male, dormo male, ho pensieri per la testa tutto il giorno», dice tutto d’un fiato. Zakariao non trova pace, non riesce a capire perché un richiedente l’asilo non possa lavorare. Non capisce perché gli danno «l’argent de poche» e non gli permettono di fare un lavoro onesto, che possa fargli mettere da parte dei soldi per poter tornare un giorno nella sua terra. «Parlo francese, portoghese, inglese e di mestiere sono sarto. Non voglio rubare il lavoro a nessuno svizzero, fatemi pulire piatti, spazzare le strade di Chiasso, quello che volete ma non lasciatemi da solo tutto il giorno davanti alla televisione. Sto impazzendo». Zakariao ha 27 anni ma ne dimostra 10 di più. Ci dice che si alza tutte le mattine alle 5, non riesce a dormire bene e poi ha l’appuntamento con la preghiera delle 6.30 della comunità islamica chiassese. In seguito torna al suo monolocale, si lava, si prepara un caffè e si sforza di leggere il giornale per capire qualcosa in più di questo paese che non riesce a comprendere. Sono le 8, il sole ha già fatto capolino ma per Zakariao è buio. La sua lotta quotidiana inizia, a casa non ha nulla da fare, ma neppure fuori qualcosa lo aspetta. «Si parla dei diritti dell’uomo, invece è meglio parlare dei diritti degli svizzeri, degli italiani e così via. I diritti universali non esistono. Se avessi saputo che in Europa non si può lavorare non sarei mai venuto qui». Anche per Rasul la giornata è vuota, da riempire. I tempi morti fra un impiego temporaneo e l’altro che gli dà il comune è troppo lungo, «di solito lavoro di più in estate, adesso che è inverno sarà difficile». Ma lui ha trovato degli amici «ticinesi, svizzeri, italiani e croati», con loro – quando staccano dal lavoro – passeggia per le strade di Chiasso, gli piace la nuova pavimentazione di Corso S.Gottardo «sembra un enorme dolce rosa». Forse Zakariao e Rasul si sono già incontrati per le strade di Chiasso nei loro vagabondaggi forzati, alimentati da due spiriti diversi. Su una cosa sono però tutti e due d’accordo: a Chiasso c’è silenzio, non si sentono né spari di fucili né colpi di mortaio.

Pubblicato il

17.12.2004 04:00
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