Chi non salta con Silvio e Marina comunista è

Mi sento particolarmente vicino a Silvio, l’Unto del Signore, per una forma di sciatalgia che mi tormenta il corpo e l’anima da due settimane. E quindi capisco anche troppo bene le sofferenze del Nostro. Per la stessa ragione, e sempre per stare sull’anatomico, non posso che sentirmi solidale con la Marina, l’on. Masoni. Il che dovrebbe aiutare a dare a questo corsivo un tocco di grazia. “Inspiegabile”, “arbitraria” e “affrettata” è stata definita dall’on. Masoni la decisione del Consiglio di Stato di toglierle la responsabilità politica del fisco. Il che deve aver peggiorato non poco le sue condizioni di salute. Meno male che all’indomani della decisione del CdS ha ricevuto la pronta visita del presidente liberale Giovanni Merlini, il quale ha affermato, con il sussiego di sempre, che andava a render visita all’impedita (ci si passi il termine). Ora, il fatto che stupisce non sono certo i punti di convergenza tra lo stato di salute dei due illustri signori e di chi scrive – si parva licet. Ciò che stupisce sono le relazioni tra la nostra situazione politica e quella italiana, contrassegnate entrambe da un finale di legislatura, diciamo così mosso, e da una sfiducia crescente degli elettori nei riguardi della classe politica al governo. E allora ecco due prevedibili domande. Uno: perché non permettere a Silvio e a Marina di finire bene il lavoro intrapreso? Due: perché ostinarsi a chiedere loro di parlare di politica? In fondo Silvio e Marina sono l’alfa e l’omega, da qui, forse, quello che qualcuno ha definito “un ipertrofico senso dell’Io” con conseguente perdita di contatto con la realtà del Paese. Ma le analogie tra i due non finiscono qui. Perché il loro programma di governo era e rimane snello: anticomunismo (o liberismo) e ricchezza (se non per tutti almeno per qualcuno). Chi dubita, chi non è d’accordo è un comunista, come chi parla di sfiducia della politica. La politica rimane viva, al di là della semplificazione delle strategie di governo. Basta con il pessimismo e le menate della sinistra. Ai cosiddetti orfani – della politica – non resta che aspettare le elezioni: che cosa vogliono di più? Si tratta di operare, punto e a capo. Impresa (cioè guadagni), sgravi (cioè più guadagni ancora) e, quando non basta, esportazione del patrimonio di famiglia all’insegna del risparmio fiscale (in cui si palesa un alto senso di responsabilità per lo stato, soprattutto il proprio, quello familiare). Nessun ripensamento. Così come fa Silvio. Il quale procede a testa bassa rifiutando ogni forma di pensiero. Il pensiero, non si può che dare ragione al Cav., semina dubbi. Che bisogno c’è di riflettere? Come fa il coccodrillo, o il caimano (ogni riferimento è puramente voluto), occorre puntare dritto alla preda e inghiottirla. Sicché sbagliano i Silvio nostrani a ragionare pubblicamente su temi ideologici. È un segno di debolezza. Come e perché ragionare, per esempio, su liberismo e liberalismo come tenta di fare Franco Ambrosetti sul “CdT” di sabato scorso? Il liberismo è una prassi, per questo è difficile da definire; il secondo, il liberalismo, è un ideale politico mal in arnese. Da tempo.

Pubblicato il

31.03.2006 13:30
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