L’esercito israeliano (Idf) ha colpito 2mila obiettivi nel Sud delLibano e nella Valle della Bekaa tra lunedì e martedì. Hezbollah ha lanciato oltre 300 razzi contro Israele. Secondo fonti libanesi, i morti sono almeno 558, inclusi 50 bambini, e almeno 1.600 i feriti. Si tratta del bilancio più grave dai tempi della guerra civile libanese che ha avuto luogo tra il 1975 e il 1990. Nei raid, Israele ha confermato l’uccisione della guida del sistema missilistico di Hezbollah, Ibrahim Qubaisi, colpito nel quartiere sciita di Beirut di Dahieh. Non solo, sono rimasti uccisi anche due membri dello staff dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr): Dina Darwiche e Ali Basma. La guerra tra Israele e Hamas si sta quindi estendendo al Libano a quasi un anno dall’inizio del conflitto a Gaza il 7 ottobre 2023 che ha fin qui causato oltre 41mila morti palestinesi, 1.200 israeliani e 250 ostaggi, alcuni dei quali si trovano ancora nella Striscia. Quinto giorno di guerra Fino a ieri migliaia di persone avevano già lasciato nel panico le loro case a Beirut in seguito ai raid israeliani. Nella notte tra lunedì e martedì, file di automobili hanno intasato le strade che portano in altre località del paese. Per esempio, il sindaco della città costiera di Sidone, Hazem Khader Badieh, ha confermato che 10mila persone che vivono nel Sud del paese hanno passato la notte in città per sfuggire agli attacchi di Tel Aviv. 28mila sono le persone che hanno trovato rifugio negli edifici scolastici in tutto il paese. I raid israeliani contro il quartiere sciita alla periferia meridionale di Beirut di Dahieh erano iniziati lo scorso venerdì. Nei primi bombardamenti hanno perso la vita alti ufficiali di Hezbollah, come Ibrahim Aqil e Ahmed Wahbi, insieme a decine di membri delle forze scelte Redwan. Aqil era ricercato dagli Stati Uniti per gli attacchi contro l’ambasciata Usa e la caserma dei Marines che nel 1983 causarono 63 vittime. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres ha avvertito della “possibilità che il Libano possa trasformarsi in un’altra Gaza”. Nel mirino cercapersone e walkie-talkie L’escalation del conflitto tra Israele e Hezbollah è iniziata il 17 settembre con 39 morti e 4mila feriti, causati dalle esplosioni di cercapersone, cellulari e walkie-talkie in possesso di membri di Hezbollah in Libano e Siria. E così il leader del movimento sciita libanese, Hassan Nasrallah aveva assicurato che Israele è il responsabile delle esplosioni e che sono state superate “tutte le linee rosse”. Secondo l’ex capo della Cia, Leon Panetta, gli attacchi che hanno preso di mira i cercapersone in Libano e Siria sono stati “una forma di terrorismo”. Anche per le Nazioni Unite, prendere di mira dispositivi usati da migliaia di civili libanesi è chiaramente una “violazione del diritto umanitario internazionale”. I combattenti di Hezbollah avevano iniziato a usare i cercapersone low-tech di ultima generazione proprio per evitare gli attacchi israeliani e rendere difficile la loro localizzazione. E così per rispondere all’operazione che sarebbe stata pianificata da anni, i pasdaran iraniani hanno ordinato a tutto il loro personale di non usare temporaneamente nessun tipo di dispositivo di comunicazione, dopo gli attacchi avvenuti in Libano. L’escalation della guerra Per il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, gli attacchi in corso non sono contro i libanesi “, ma contro Hezbollah”. Netanyahu ha assicurato che avrebbe fatto qualsiasi cosa “per ristabilire la sicurezza” al confine con il Libano. Fonti israeliane parlano della possibilità di realizzare una zona cuscinetto tra Israele e Libano per contenere i raid di Hezbollah. L’esecutivo di Tel Aviv ha confermato la volontà di permettere a migliaia di cittadini israeliani evacuati di fare rientro nelle loro case al confine con il Libano. Prima dell’escalation degli ultimi giorni oltre 600 persone, tra cui almeno 130 civili, sono state uccise nei raid israeliani in Libano a partire dal 7 ottobre 2023. Gli attacchi di Hezbollah nel Nord di Israele avevano ucciso 23 soldati israeliani e 26 civili. A causa della guerra in corso, secondo le Nazioni Unite 113mila libanesi e 60mila israeliani hanno dovuto lasciare le loro case nell’ultimo anno. Dal canto suo, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha assicurato che “una guerra su larga scala non è negli interessi di nessuno”. La Casa Bianca con l’aggravarsi della situazione sul campo ha chiesto a tutti i cittadini statunitensi di lasciare il paese. L’escalation della guerra tra Israele e Hezbollah ha archiviato ogni possibilità negoziale per un cessate il fuoco a Gaza e sta minacciando anche l’eventualità che la diplomazia Usa possa evitare una risposta iraniana contro Israele dopo il raid dello scorso 31 luglio a Teheran in cui è rimasto ucciso Ismail Haniyeh, ex leader di Hamas. Il presidente iraniano moderato, Masoud Pezeshkian ha dichiarato che i raid israeliani in Libano rappresentano un tentativo di tendere una “trappola” per trascinare l’Iran in una guerra più ampia che potrebbe coinvolgere l’intero Medio Oriente. Ha anche aggiunto che è necessario evitare che “il Libano diventi un’altra Gaza”. Eppure pesa sul conflitto la fragilità della politica estera Usa. Le elezioni presidenziali del prossimo 5 novembre sono alle porte. Il candidato repubblicano, molto duro nei confronti dell’Iran nel suo precedente mandato, Donald Trump è stato preso di mira da alcuni hacker iraniani. Lo stesso Trump ha segnalato all’intelligence Usa che documenti riservati erano stati inviati allo staff di Biden. Nei giorni scorsi Washington aveva approvato sanzioni aggiuntive contro Teheran, inclusa la compagnia aerea IranAir, per le forniture di droni e missili balistici, usati da Mosca nel conflitto in Ucraina. A quasi un anno dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas si è appena avviata una nuova fase del conflitto. Lo scontro questa volta coinvolge l’esercito di Tel Aviv e il movimento sciita libanese Hezbollah. Non sono bastati i raid mirati contro i cercapersone dei membri del movimento in vari paesi, Israele ha colpito direttamente Beirut e il Libano cercando di provocare una risposta su larga scala dell’Iran. Fino a questo momento le milizie sciite nella regione hanno risposto in modo limitato alle operazioni israeliane ma l’alto numero di vittime degli ultimi giorni ha archiviato completamente i tentativi negoziali delle scorse settimane e potrebbe trasformare in breve tempo Beirut in un’altra Gaza. |