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È difficile da credere: in Gran Bretagna 14 milioni di persone vivono in povertà. Riscaldare casa o mangiare: è questa la scelta cui in molti sono costretti in questo momento di esplosione del costo di elettricità e gas. Eppure la recessione è appena iniziata. La Banca Nazionale prevede la crisi più lunga da molto tempo a questa parte. E un ulteriore milione di disoccupati. Il governo del primo ministro Rishi Sunak ipotizza dal canto suo uno scenario simile e prevede un calo del gettito fiscale. Ma la sua risposta, quella di ridurre la spesa e aumentare le tasse, non potrà che aggravare la recessione.  


La pandemia e la crisi energetica hanno certamente contribuito a rendere la situazione catastrofica, ma la causa principale va ricercata nella Brexit, nella decisione dei britannici col referendum del 2016 di uscire dall’Unione europea. Da allora le esportazioni verso l’Europa sono crollate e nel paese si è prodotta un’enorme carenza di manodopera, visto che molte cittadine e cittadini dell’Ue, sentitisi indesiderati, hanno lasciato il Regno Unito.


È sempre più evidente che la Brexit è stata un errore. Il progetto di una “Singapore sul Tamigi”, con tasse basse e manodopera a buon mercato, è fallito miseramente e definitivamente con il “governo lampo” (44 giorni di vita) di Liz Truss. Ma la politica non osa ammetterlo: non lo fanno né i Tories (il partito conservatore al governo, che ha guidato l’uscita dall’Ue con questa “grande” promessa), ma nemmeno i Laburisti. Da questi ultimi ci si potrebbe perlomeno aspettare la volontà di riaprire il paese al commercio e all’immigrazione dall’Ue, combinata con la strategia di “proteggere i salari invece delle frontiere”. Come facciamo noi in Svizzera con le misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone, con un certo successo.

 

Ma nel Regno Unito sta accadendo l’esatto contrario: il leader laburista Keir Starmer, all’insegna del motto “make Brexit work”, ha infatti l’ambizione di “far funzionare la Brexit”. E, tra le varie cose, vuole anche meno immigrazione. Ma a queste condizioni, come si può pensare di rimettere in piedi il servizio sanitario dove mancano migliaia di addetti? È da tempo che i socialdemocratici britannici sbagliano in materia di politica migratoria. Già il modernista Tony Blair (Premier tra il 1997 e il 2007) era contrario a delle misure di accompagnamento. Mentre il già leader laburista Jeremy Corbyn vedeva la libera circolazione delle persone non come un diritto dei lavoratori, ma come un progetto neoliberista.


Mentre la politica non riesce a fermare il declino economico, i sindacati lottano contro i portafogli vuoti. L’associazione professionale degli infermieri ha calcolato che le politiche di austerità e l’inflazione negli ultimi 12 anni hanno eroso i salari reali di ben il 20 per cento. Di qui la richiesta di aumenti delle retribuzioni del 17% per il 2023, che il governo considera però un’operazione troppo costosa e su cui non è disposto a negoziare. Ora, per la prima volta nei suoi 100 anni di storia, l’associazione di categoria ha invitato i suoi 300.000 membri a organizzare uno sciopero nazionale il 15 e il 20 dicembre.

Pubblicato il 

15.12.22
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