Cgil e il caldo autunno

Berlusconi e Tremonti, sostenuti dalle analisi ottimiste degli analisti finanziari, giurano di vedere la luce in fondo al tunnel della crisi. Sulla stessa lunghezza d'onda trasmettono industriali e banchieri, solo un po' più cauti per continuare a mungere dalle casse dello stato incentivi e sgravi fiscali. Tutti, però, ammettono che il discorso cambia quando si parla di occupazione. Il fatto è che la ripresa non la intravedono osservando l'andamento della domanda e dei consumi bensì l'indice di Wall Street, perché sanno che le medicine prescritte per uscire dalla crisi sono le stesse responsabili dell'esplosione della bolla finanziaria che ha trascinato nell'abisso l'economia reale, determinando una drammatica emergenza sociale e occupazionale. La stagione che si apre in Italia dopo l'estate più cassintegrata e disoccupata della storia postbellica sarà un autunno caldo, per la precipitazione delle condizioni materiali dei lavoratori e dei pensionati. E forse anche per l'esplosione di mille conflitti nei settori privati e nel pubblico impiego. Si moltiplicano gli annunci di chiusura di stabilimenti e di licenziamenti nell'industria e nei servizi, mentre i tagli alla spesa pubblica stanno falcidiando l'occupazione nella scuola e nella sanità, con il conseguente taglio dei servizi sociali a chi la crisi ha reso più povero. Centinaia di migliaia di precari sono stati rimandati a casa nell'arco di 12 mesi e altre decine di migliaia nelle scuole, nell'università e nella ricerca rischiano di seguirli. In questo contesto politico-sociale, segnato dall'assenza di iniziativa delle opposizioni parlamentari e dalla rottura dell'unità sindacale – con Cisl e Uil firmatarie dell'accordo con padroni e governo che smantella il sistema contrattuale - sta partendo il confronto per il rinnovo di molti contratti di categoria, primo tra tutti quello dei metalmeccanici. La Cgil ha rifiutato di aggiungere la sua voce a quella dei cantori della pace sociale, e oggi si trova di fronte a un bivio: 1) prendere atto che l'unità sindacale non si ricostruisce a tavolino ma nelle lotte, dunque assumere, guidare e dare uno sbocco alle mille vertenze per il lavoro; 2) fare un passo indietro sul terreno dell'autonomia e riprendere posto al tavolo delle controriforme per rompere l'accerchiamento, pagando prezzi altissimi con la sua base. Il congresso della Cgil, che muove i suoi primi passi in questi giorni, dovrà decidere quale strada imboccare. E' molto probabile che, di conseguenza, questa volta il congresso si articolerà su due documenti diversi: da un lato quello della (presunta) maggioranza guidata dal segretario Guglielmo Epifani e dall'altro quello che vede tra i possibili promotori i gruppi dirigenti della Fiom e della Funzione pubblica, sostenuti da alcune categorie e dalla minoranza di sinistra della confederazione (la Rete 28 Aprile di Giorgio Cremaschi). 

Pubblicato il

11.09.2009 15:30
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