Cercansi voti disperatamente

"L'imagination au pouvoir" sarà anche stato il più cretino degli slogan, come ha detto tempo fa un intellettuale francese rievocando il '68, però almeno sollevava qualche opportuna inquietudine. Sarà anche stato un sogno sbagliato, ma quanta partecipazione emotiva e quanta dose salutare di utopia dietro quel sogno! Almeno qualcuno pensava di poter volare. Oggi, come direbbe Gaber, non c'è più neanche l'intenzione del volo perché anche il sogno si è rattrappito.
Prendi i manifesti della campagna elettorale. Tutto sembra molto lento: tacà giò, come dicono i giovani. Se è vero che la forma è il più alto contenuto, siamo alla frutta.
I cartelloni vanno dallo scontato di chi vanta "impegni concreti non slogan" all'inedito del senza parole: si veda lo striscione Ssic, con un'infilata inquietante di testoni che ha qualcosa di lombrosiano. (A proposito, mai visto lo sconcio edilizio del Cantone? Mai letto niente del Tita architetto?)
I manifesti vanno dal palesemente falso al troppo franco. Sarà mai possibile, signor Pastatiziano, che il Ticino si rinnovi grazie al Ppd? E non sarà spregiudicata la richiesta della Lega quando scrive: "Ticinesi, abbiamo bisogno di voi!"? (La frase ricorda troppo nella struttura e nel ritmo "la flogosi verbifera del Bombetta" di gaddiana memoria. E cioè la logorrea del Duce quando tuonava dal balcone di Palazzo Venezia.) Che cosa vuole in buona sostanza la Lega? Vuole i voti dell'elettore. Ne ha bisogno: questione di sopravvivenza, sussurrano i maligni. Ora, che la Lega voglia stregare con le parole lo sappiamo. Lo fa ogni domenica dalle pagine del "Mattino". Ma chi vuole stregare preferisce sedurre: dare più che richiedere. (Tra parentesi, fossi uno della Lega, – penso a un altro minaccioso slogan leghista – starei attento ad invocare la tolleranza zero nei riguardi della criminalità!)
Mi pare insomma che la pubblicità elettorale, per quel poco che s'è visto, sia nata vecchia. È scrittura ricreativa più che creativa.
Come è possibile parlare di Trasparenza (glasnost) e soprattutto invocarla, la trasparenza, con un imperioso "Vediamoci chiaro!" a vent'anni dalla nascita del concetto? Ho sempre ammirato l'uomo politico russo che l'ha inventata, la glasnost, e lo ammiro tuttora; ma non me la sento di estendere l'ammirazione all'Udc. L'uso che il candidato udicí fa del vocabolo è solo strumentale. Demagogia grossolana.
Ancora un'osservazione. Riguarda il candidato Plr Moreno Colombo, il quale pretende di risolvere le cose difficili con il ricorso alla semplicità. Lo slogan attrae, soprattutto per la forma. Sfrutta la disposizione delle parole in parallelo attraverso un gioco di specchi che rimanda alla figura del chiasmo. Ma invece di prodursi – come si voleva – uno slittamento di senso, si è prodotto uno scivolamento di significato. Dove semplicità diventa semplificazione. Un autogol. A meno che quel "semplificare" non sia usato nell'accezione di "ridurre ai minimi termini". Operazione algebrica che vale solo per le scienze esatte. Non per la politica, che scienza esatta non è, secondo le parole di un più che illustre cancelliere.

Pubblicato il

23.03.2007 13:00
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