Centro di non accoglienza

Centro accoglienza “Nem” Rivera, giovedì 26 agosto, ore 19.15 C’è un movimento inusuale davanti al bunker del Centro istruzione della Protezione civile (Pci). Il cancello è aperto, un grosso cane abbaia sul tetto, un milite della Pci confabula con una donna. Poco dopo arrivano altri due militi. Scambiano due battute con il collega, poi dribblano il barboncino della signora e si infilano nel rifugio scavato nel fianco meridionale del Monte Ceneri. Tornerà o no? Il fermento tradisce l’attesa per Edward, un giovane uomo liberiano che 24 ore prima è diventato il secondo ospite del centro di “accoglienza” approntato dal Cantone per offrire cena, pernottamento e colazione a ex richiedenti l’asilo colpiti da una decisione di “non entrata nel merito” (o “non entrata in materia”, Nem, si veda anche box e articolo sotto). Nel bunker di Rivera – aperto il 6 giugno, disertato dai suoi numerosi potenziali utenti, sorvegliato per settimane da inoperosi agenti della Securitas (il Cantone ha dovuto rescindere il contratto a metà luglio) – Edward ha trascorso la notte precedente. Stamattina se n’è andato attorno alle 7, perché a quell’ora il centro finisce di accogliere. Non ha detto se sarebbe tornato in serata, quando il bunker riapre i battenti se la Polizia attiva la Pci che sta di picchetto. «Dentro non è male. Ma nei loro paesi non sono abituati a stare in posti come questo, sotto terra», dice uno dei militi della Protezione civile mentre le speranze di veder riapparire Edward scemano man mano che le lancette dell’orologio avanzano verso le 21, orario di chiusura. «Non stava bene, ma non è tanto il centro in sé, né i militi della Pci che sono molto gentili: il problema è l’atmosfera generale», spiega la donna, amica del giovane liberiano che nell’alto Vedeggio – né stasera, né le sere successive – non si farà vedere. Culto dell’Assemblea “Gesù vive” Chiasso, domenica 29 agosto, ore 10.30-15 “Prendi la mia vita, io la dono a te. Prendi la mia mano e conducimi. Spazza tutti i dubbi, le paure, ogni timore”. “Le temps peut s’arrêter et les étoiles tomber du ciel, tu es Dieu, ton règne n’a pas de fin [Il tempo può fermarsi e le stelle cadere dal cielo, tu sei Dio, il tuo regno non ha fine]”. Edward trascorre le sue prime ore da clandestino non tollerato in mezzo a una folla danzante, trascinata in un appassionato canto liturgico da un coro di quattro giovani ragazze africane con addosso una maglietta rossocrociata. Terminato il culto, su una panchina in un parco giochi all’angolo fra via Generale E. Guisan e via Guglielmo Tell, racconta di essere arrivato in Svizzera nel luglio del 2003 e di aver soggiornato da allora nel centro per richiedenti l’asilo della Croce rossa svizzera (Crs) in via Besso a Lugano. Alla sua domanda d’asilo l’Ufficio federale dei rifugiati ha risposto lo scorso mese di dicembre con una decisione di “non entrata nel merito” (1). Lunedì 23 agosto ha ricevuto una lettera raccomandata (datata 18 agosto) con la quale la Sezione permessi e immigrazione del Dipartimento delle istituzioni gli ingiunge di partire dal centro della Crs e di abbandonare la Svizzera entro cinque giorni. Lunedì e martedì notte è rimasto a dormire al centro Crs di via Besso, poi mercoledì mattina si è presentato in gendarmeria a Lugano. Nelle parole di Edward, alcuni momenti – gli ultimi – di una clandestinità tollerata, trascorsa in Ticino. Gendarmeria Polizia cantonale Lugano, mercoledì 25 agosto, ore 9-12 «Mi hanno chiesto se avevo già consegnato le chiavi della mia stanza al centro della Croce rossa e ho risposto di sì. Poi mi hanno domandato se volevo andare in Francia, in Germania o in Italia. “In Francia”, ho detto io. “Lì ci sono già tanti neri”, ha commentato un agente. Mi hanno consegnato un biglietto del treno per Ginevra, spiegandomi che se la Polizia mi bloccherà da qualche parte non dovrò dire che è stata la Polizia ticinese a darmelo (vedi anche articolo sotto)». «Mi hanno chiesto, gridando, se volevo andare al centro Nem di Rivera. Ho dovuto firmare un documento in italiano, senza nemmeno sapere cosa c’era scritto. Il poliziotto mi diceva: “devi camminare e camminare per arrivare lì, e se non arrivi per le 20 il centro chiude [quando è in funzione il centro Nem chiude alle 21, ndr]”. “Meglio se dormi dalla tua ragazza”, mi fa. Sono uscito, poi sono tornato in polizia con un’amica per chiedere come arrivare al centro Nem. Il poliziotto allora ha alzato la voce e ci ha detto che io avevo firmato un documento nel quale dichiaravo che non sarei andato a Rivera. Io però ci sono andato lo stesso, e il centro era aperto». Centro accoglienza “Nem” Rivera, da mercoledì 25 agosto, ore 18.30, a giovedì 26 agosto, ore 7 «Il centro Nem è ok: c’è un letto, puoi farti una doccia, c’è una televisione, pensa che il giorno dopo una delle tre persone che erano lì [i militi della Pci, ndr] aveva persino portato una videocassetta da guardare assieme! All’entrata, però, mi hanno detto che avrei dovuto aspettare la Polizia. Gli agenti sono arrivati mezz’ora dopo. Mi hanno tastato dappertutto, anche se avevo addosso una maglietta leggera e comoda. Hanno frugato nel mio sacco, mi hanno fatto togliere i vestiti. Rimasto in mutande, mi hanno fatto fare un giro su me stesso. Infine ho dovuto chinarmi in avanti, così [volta le spalle e piega il busto in avanti mostrando il fondoschiena, ndr]. Dopo che ero già stato trattato male in Polizia, a quel punto mi son detto: “qui non ci torno più”. Meglio andare a dormire su una panchina o sotto i ponti. La Svizzera non è mica l’Africa, no? Tanto più che avrei dovuto pagarmi il biglietto del treno da Lugano a Rivera», dice Edward mostrando il biglietto delle Ffs acquistato giovedì mattina per tornare in città. Parco giochi Chiasso, angolo tra via Generale E. Guisan e via Guglielmo Tell, domenica 29 agosto, ore 15.30 Area: dove hai dormito da giovedì? Edward: «In giro. Non ti dico dove perché non voglio mettere in pericolo degli amici». Area: negli ultimi giorni hai visto altre persone nella tua situazione? Edward: «Sì, ne ho visti tanti. L’altra sera ho dormito assieme a tre africani. Uno di loro avrebbe dovuto lasciare la Svizzera tre settimane fa». Area: dove andrai adesso? Edward: «Solo Dio lo sa, nemmeno io lo so. Una cosa è sicura: in Africa non torno. Se torno, all’aeroporto mi arrestano e mi mettono in prigione». Area: cosa pensi di ciò che ti è successo qui in Ticino? Edward: «Penso che molta gente è convinta che i neri sono pericolosi, spacciatori, terroristi. Ma non siamo noi neri che portiamo qui la droga, e non siamo noi che la produciamo. Una gran parte degli africani – direi il 75 per cento – non viene in Svizzera con l’idea di spacciare. Qui, piuttosto, quando cammino a Lugano, molte persone mi avvicinano e mi chiedono: “Ce l’hai la coca, ce l’hai la coca?”». *** I grattacapi di polizia e procura Solo due persone, l’1,16 per cento dei 172 potenziali fruitori, hanno pernottato finora al centro accoglienza di Rivera (si veda anche articolo sopra) aperto a inizio giugno dal Cantone per ospitare provvisoriamente i “Nem” indigenti in uscita dalle strutture della Croce rossa (o dal centro di registrazione di Chiasso) e teoricamente in procinto di lasciare la Svizzera. Disertato come altre strutture analoghe nel resto della Svizzera, il centro di Rivera – aperto solo di notte e al quale i “Nem” possono accedere solo passando prima in commissariato – si è rivelato più dissuasivo di quanto si pensasse. «È rimasto pressoché deserto perché i suoi potenziali utenti hanno paura di finire in prigione. A mio avviso una persona dev’essere proprio disperata, non deve disporre di una rete di conoscenze, per andare a Rivera», dice Fabrizio Comandini, responsabile della Croce rossa svizzera (Crs) del Luganese. Al 26 agosto, i “Nem” presenti in Ticino erano 54 (7 effettivi; 6 potenziali, con una decisione non ancora cresciuta in guidicato; 41 “vecchi”, con decisione di “non entrata nel merito” definitiva anteriore al 1. aprile). Trentanove persone si sono iscritte al programma di aiuto al ritorno; attualmente gli ammessi sono 12, gli altri sono stati esclusi perché non hanno collaborato nella ricerca dei documenti di viaggio o perché con precedenti penali. Dallo scorso 1. aprile al carcere amministrativo di Basilea sono finiti 10 “Nem” (attualmente ce ne sono 7) in provenienza dal Ticino. «Il Cantone ha saputo rispondere a questa nuova realtà. Ora bisognerà vedere se il fenomeno della clandestinità è aumentato, ma questo è compito della Polizia», afferma Giacomo Gemnetti, capo dell’Ufficio giuridico della Sezione permessi e immigrazione e presidente del Gruppo operativo Nem. Ma dove sono finiti nel frattempo le 170 persone che avrebbero dovuto far capo al centro di Rivera e poi lasciare la Svizzera? Difficile dirlo. «Alcuni di loro restano per periodi più o meno lunghi qui in Ticino, tanti altri se ne vanno nei centri urbani della Svizzera interna oppure nei paesi confinanti. Pochissimi rientrano nei loro paesi d’origine, perché rientrare vuol dire o avere i documenti (e spesso non li hanno) oppure i soldi per poter affrontare un ritorno clandestino», osserva Mario Amato, giurista della sezione Ticino di Soccorso operaio svizzero (Sos). «Ogni tanto qualcuno riusciamo a fermarlo, e allora lo denunciamo alla magistratura per soggiorno illegale», spiega il capitano Clemente Gioia della Polcantonale. Da inizio luglio la polizia ha sporto una ventina di denunce nei confronti di ex richiedenti Nem (alcuni di loro sono stati fermati nelle vicinanze dei centri della Croce rossa o all’interno di essi), ma dal profilo giuridico e operativo la loro presenza clandestina è fonte di non pochi grattacapi: «finora non ci siamo organizzati per andare a rastrellare il territorio, e questo perché non c’è chiarezza su quanto si potrà fare in seguito», osserva Clemente Gioia. «In concreto – prosegue il capitano della Polcantonale – che possibilità hanno queste persone di lasciare la Svizzera se non hanno documenti? Nessuna. Se un Nem senza documenti di identità proveniente dal nostro paese viene fermato in Italia, viene rispedito in Svizzera... Il problema per un magistrato è questo: come condannare una persona che di fatto non può andarsene? È il gatto che si morde la coda: siamo in difficoltà», afferma Clemente Gioia che aggiunge: «qualcuno ha deciso la non entrata in materia, ma non ha pensato al seguito». E le difficoltà riguardano anche il coordinamento delle diverse politiche cantonali anti-Nem, come dimostra il caso di Edward, messo su un treno per Ginevra dalla Polizia ticinese con la raccomandazione di starsene zitto (vedi articolo sopra). La consegna di un biglietto Ffs per un posto di confine è «prassi» alla Polcantonale, spiega Clemente Gioia: «fanno così anche gli altri Cantoni. Proprio l’altro giorno a Chiasso abbiamo fermato e mandato indietro un Nem che era arrivato in treno da Sciaffusa...». *** Chi sono i nem In virtù delle misure di risparmio nel settore dell’asilo entrate in vigore il 1. aprile di quest’anno, i richiedenti colpiti da una decisione di “non entrata nel merito” (Nem) sono esclusi dall’aiuto sociale della Confederazione. I “Nem” sono considerati dal profilo giuridico quali stranieri illegali. Fino alla loro partenza dalla Svizzera hanno diritto solo ad un aiuto di urgenza (vitto e pernottamento) limitato nel tempo, sancito dalla Costituzione ed erogato dai Cantoni. Trascorso il periodo di urgenza (di regola 5 giorni), chi non lascia la Svizzera rischia l’incarcerazione amministrativa e l’allontanamento coatto. In principio le autorità non entrano nel merito di una domanda d’asilo se il richiedente: non consegna entro 48 ore dalla presentazione della domanda alcun documento di viaggio o altri documenti che ne permettano l’identificazione; inganna le autorità sulla propria identità o non collabora; può recarsi in un paese in cui è già pendente una procedura d’asilo; è già stato oggetto in Svizzera di una procedura di asilo terminata con decisione negativa, oppure ha ritirato la domanda; è stato oggetto di una decisione negativa in materia di asilo in uno stato dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo. In base alla clausola del “paese sicuro”, in principio le autorità non entrano nel merito di una domanda d’asilo presentata da un richiedente che proviene da uno Stato nel quale, secondo il Consiglio federale, non ci sono persecuzioni. (1) In gergo Edward è un “vecchio” Nem, un richiedente l’asilo per il quale la decisione di non entrata nel merito è diventata definitiva prima del 1. aprile 2004, data dell’entrata in vigore delle misure di risparmio nel settore dell’asilo (si veda anche box).

Pubblicato il

03.09.2004 02:00
Stefano Guerra