Cecenia, la guerra infinita

La Cecenia è situata sulle pendici settentrionali del Caucaso. In quella regione, assieme ai ceceni hanno trovato rifugio nei secoli moltissimi popoli di lingua e cultura diversissima tra loro, senza che ci fossero grandi contatti tra le varie etnie, soprattutto a causa della natura montuosa del territorio. Il primo scontro con i russi avviene nel 1722, quando lo zar Pietro il Grande avvia la sua politica di espansione verso i cosiddetti “mari caldi”. L’impresa fallisce, ma la necessità di assicurarsi uno sbocco sui mari navigabili anche d’inverno permane. Così nel 1770, rispondendo ad una richiesta di aiuto dei ceceni occidentali (oggi Inguscezia), aggrediti da un’altra etnia caucasica, i Circassi della Cabarda, i russi invadono tutta la regione. I ceceni orientali, che non avevano chiesto alcun aiuto, si ribellano, trovando nella fede islamica, che stava lentamente subentrando all’antica religione tradizionale, un motivo di coesione nazionale. Naturalmente la reazione russa è feroce. Oltre alla semplice repressione, lo zar confisca i tutti i terreni pianeggianti e li attribuisce ai cosacchi. È solo la prima di un’interminabile serie di rivolte, tutte soffocate nel sangue. In questo contesto l’Islam si rivela il miglior veicolo di rivendicazione della libertà nazionale. La rivoluzione d’ottobre affonda l’impero zarista, ma non porta la pace in Cecenia. Nel dicembre del 1917 ceceni e ingusci cercarono di riprendere possesso dei territori confiscati dallo Zar, dando il via ad una serie di guerre civili incrociate tra le varie popolazioni del Caucaso. Durante la seconda guerra mondiale Stalin accusa i popoli del Caucaso di collaborazionismo nei confronti dei nazisti e nel febbraio del 1944 procede alla deportazione di intere popolazioni, per un totale di circa due milioni e mezzo di abitanti, tra cui più di 400 mila ceceni e ingusci. Nel 1948 il Soviet supremo decreta che i deportati rimangano deportati a vita. I territori della Cecenia-Inguscezia, già svuotati dai loro abitanti, scompaiono anche amministrativamente e vengono incorporati in una provincia russa. Solo dopo la morte di Stalin decade il decreto di deportazione, ma i deportati non hanno il diritto di ritornare alle loro abitazioni. Nonostante il divieto i ceceni reclamano la restituzione delle loro case, ma questo scatena una nuova caccia al ceceno. Il resto è storia recente. Con il crollo dell’Urss i ceceni sperano di ritrovare l’autonomia, ma la nuova Russia non ha alcuna intenzione di concederla. Così inizia una nuova invasione e una nuova serie di sanguinosi scontri senza esclusione di colpi. All’orizzonte non si profila alcuna schiarita.

Pubblicato il

01.10.2004 12:30
Roberto Ruegger