Casse malati, manca solidarietà

Il premio di cassa malati preoccupa sempre più i ticinesi, la sua ascesa sembra inarrestabile di fronte all'aumento della spesa totale dei costi della salute. E la bolletta si fa sempre più salata. In questa situazione i legislatori hanno deciso di spingere sempre più sull'accelleratore per responsabilizzare il singolo assicurato. Negli ultimi anni una parte dei costi sono stati infatti trasferiti al malato chiamandolo così maggiormente alla cassa. Una preoccupazione, quella della crescita dei costi della salute, anche del Consiglio degli anziani del Canton Ticino. Anziani che vengono sempre più additati come una delle cause dell'ascesa dei costi e per questo c'è già chi chiede loro di assumersene i costi. Per capire maggiormente il fenomeno il Consiglio degli anziani – che è un organo consultivo del Consiglio di Stato – ha deciso di dare mandato all'istituto di ricerche Mecop per un'indagine sulla natura dei costi della salute in Ticino. Lo studio – come mostrano anche gli articoli scritti all'indomani della conferenza stampa sui quotidiani – conferma sostanzialmente che a Sud delle Alpi i costi della salute sono molto più elevati rispetto alla media Svizzera. Le cause sono diverse e a dispetto di quanto si possa pensare non sono generati dagli ospedali pubblici, ma nell'ambito delle case anziani, l'aiuto domiciliare, il consumo dei medicamenti, le analisi di laboratorio e l'aiuto domiciliare. Ma lo studio di Luca Crivelli, autore della ricerca insieme a Massimo Filippini, Barbara Mantegazzini-Antonioli e Francesca Pallotti, punta il dito – ed è una novità – anche su un altro fenomeno: l'erosione in atto della solidarietà nell'ambito delle assicurazioni sociali. Crivelli, nell'intervista che segue, spiega come avviene questo fenomeno e come l'approccio della responsabilizzazione economica del singolo assicurato – cavallo di battaglia di Couchepin – possa avere effetti controproducenti per quello che viene chiamato "capitale sociale". Esempio lampante di questa pericolosa direzione è, ad esempio, la gestione – anche mediatica – degli assicurati insolventi che mina alla base la credibilità del sistema dell'assicurazione sociale.

Luca Crivelli, nella ricerca "I costi dell'assicurazione malattia nel Cantone Ticino" avete un approccio critico verso gli incentivi economici per migliorare la responsabilità individuale dell'assicurato. Insomma fra le righe fate capire che non è chiamando maggiormente alla cassa gli assicurati che si possono verosimilmente diminuire i costi della salute. Ci può spiegare meglio questo aspetto?
Nell'ambito della salute il mercato ha della particolarità che riducono l'efficacia degli incentivi economici. Oltre una certa soglia di franchigia, ulteriori modifiche della partecipazione ai costi incidono relativamente poco sulla decisione di consumare o meno un servizio sanitario. Una volta che si è deciso di andare dal medico, poco importa se la terapia proposta è a carico del paziente o della collettività. Siccome non siamo in grado di valutarla nei suoi contenuti tecnici, accettiamo la cura così come ci viene proposta dal medico. Questo è evidenziato da diverse ricerche. La sanità è un mercato in cui l'informazione è fortemente asimmetrica. Ha senso una partecipazione ai costi modesta, in quanto questa rappresenta un disincentivo a ricorrere al medico quando si ha un piccolo problema. Ma se la malattia è più grave, non è certo una maggiore partecipazione ai costi che limita il costo del trattamento. Esasperare la partecipazione ai costi non ha in realtà alcun effetto positivo sulla razionalità dei consumi sanitari. Si constata che, quando c'è un minor consumo dovuto ad elevata partecipazione ai costi, questo riguarda sia le cure necessarie sia quelli non necessarie.
Prendiamo l'esempio delle franchigie. Oggi è possibile scegliere di correre il rischio di dover pagare fino a 2'500 franchi di tasca propria nel caso in cui si debba andare dal medico. In cambio, però, si paga un premio molto più basso. È un incentivo sbagliato?
Le franchigie hanno un doppio significato. Come lei ben dice la franchigia è legata ai premi. Il nostro sistema sanitario si finanzia sostanzialmente attraverso il premio. È il modo in cui la torta della spesa sanitaria viene tagliata in singole fette fra gli assicurati. Con le franchigie è possibile ridurre la propria quota di solidarietà, perché una franchigia alta è associata ad uno sconto di premio. Se sono in buona salute non è però detto che la mia maggior responsabilità finanziaria abbia un influsso sulla spesa totale. Il mio comportamento muta solo lievemente, mentre muta in modo importante la mia solidarietà. Non voglio dire che le franchigie opzionali siano soltanto un incentivo alla desolidarizzazione. Ma nel sistema assicurativo attuale, finanziato con premi indipendenti dal reddito, si chiamano i cittadini a partecipare solidalmente ai costi della salute, ma con un risultato sproporzionato per il ceto medio, chiamato a versare un contributo superiore alle proprie capacità economiche. In questo sistema i buoni rischi (coloro che si ammalano poco, ndr) possono sfuggire al meccanismo di solidarietà scegliendo una franchigia più alta e un premio più basso. Man mano che queste franchigie si diffondono – nello studio abbiamo mostrato che negli ultimi dieci anni la franchigia media è raddoppiata – si determina una progressiva erosione della solidarietà.
Eppure ci hanno detto e ripetuto che è attraverso la scelta di una franchigia per noi adeguata e il cambio annuale della cassa malati che possiamo incidere sui costi della salute. Si chiede a noi di mettere in concorrenza il mercato.
Un messaggio che può essere vero per chi ha un atteggiamento opportunistico nei confronti del sistema, ma che potrebbe rivelarsi dirompente per chi ancora aveva un comportamento socialmente responsabile. Se si spingono fette sempre più ampie di popolazione a ragionare non in termini di un contratto di lungo termine, come dovrebbe essere l'assicurazione malattia, ma di costi-benefici sull'arco di un singolo anno, si mina alle fondamenta il sistema di assicurazione sociale. Si rompe la solidarietà fra malati e sani. Il contratto si riduce in questi termini: quest'anno ho pagato 3 mila franchi di premio, mi sento quindi in dovere di consumare prestazioni sanitarie per questo ammontare. In realtà il premio è la copertura di un rischio futuro, un contratto sociale di mutuo soccorso.
Siamo quindi in un sistema che spinge l'assicurato a ragionare in termini egoistici. Che cosa si può fare per far recuperare il senso della solidarietà?
È più facile fare una diagnosi che prescrivere la terapia. Uno dei messaggi che vogliamo lanciare con questo lavoro è che se usiamo solo gli incentivi economici basati sulla responsabilità individuale, rafforzeremo la razionalità economica dell'individuo. Spingeremo il cittadino ad agire in termini di costi e benefici individuali, di bilancio ottimale fra il dare e l'avere di breve periodo. Tuttavia il sistema sanitario poggia anche sulla dimensione della reciprocità. Con l'assicurazione sociale abbiamo scelto di pagare insieme le spese di tutti, con delle fette che non sono legate al nostro consumo. Negli ultimi anni si assiste all'innestamento di una logica economica sempre più spinta in un sistema che alla radice ha dei forti valori di comunità e di reciprocità. Stiamo correndo un grosso rischio. Esasperare questa attenzione economica, sopravvalutare l'entità degli abusi, erode la fiducia nel sistema. È un'erosione in atto in molti altri settori sociali. Chi spinge i sistemi sugli incentivi economici è d'accordo sul fatto che il sistema attuale, un misto tra solidarietà e mercato, funziona male, ma ha una sua agenda politica. L'obiettivo è arrivare ad un contratto assicurativo individuale, con un'assicurazione finanziata attraverso premi in base al rischio individuale. La domanda è: per noi svizzeri ha ancora valore un'assicurazione malattia sociale? Oggi con le attuali revisioni stiamo infatti andando in un'altra direzione.
Come è possibile tornare indietro?
Confesso di non saperlo. È in atto un fenomeno di erosione del capitale sociale. Cambiare questo trend è molto difficile. Il sistema capitalista per funzionare ha bisogno di fiducia, ma non è in grado di riprodurla. Anzi la consuma.
Non sta avvenendo lo stesso fenomeno con la questione degli assicurati insolventi in Ticino? In fondo il messaggio che passa è che ci sono 11 mila e più persone che decidono di non pagare il premio. Questo mentre noi lo paghiamo regolarmente ogni mese, finanziando anche i loro costi della salute.
Sì. È in questo senso che parlo di erosione del capitale sociale. Al posto di dire che vi sono dei problemi oggettivi che fanno sì che sempre più persone non sono in grado di pagare il premio di cassa malattia, si insinua nella popolazione il dubbio che i primi siano i furbi, quelli che abusano del sistema, mentre a noi tocca pagare per loro.
Non è in fondo anche colpa di voi economisti se si è arrivati a questo eccesso di "economicizzazione" della società?
Certamente la visione antropologica dell'economia, basata sull'idea di uomo razionale mosso unicamente dal desiderio di massimizzare la propria utilità in termini monetari ha le sue responsabilità. Bisogna reinserire nella scienza economica, e quindi anche nelle proposte di politica economica, una visione più larga, e reale, dell'essere umano. Il sistema sanitario mostra che questi altri fattori umani, come i beni relazionali e la reciprocità presenti nel sistema, vanno considerati nell'analisi e tenuti in conto quando si decide di apportare delle modifiche ad un sistema. Se non si terrà conto di questi aspetti, si rischierà di fare ulteriori danni.

Pubblicato il

25.01.2008 03:00
Can Tutumlu