I cerotti non bastano più. I malati oggi in Svizzera sono gli assicurati che devono pagare una quota al di sopra di ciò che è ragionevole e soprattutto sopportabile: la cassa malati non va riformata, va rifatta, perché buona parte della popolazione fatica ad arrivare a fine mese per questa voce, che si trasforma in una spada di Damocle sulla testa della gente. Negli scorsi giorni l’ennesima bastonata sugli aumenti della cassa malati per il 2024: è ora di scendere in piazza e far pressione sulla politica, perché il costo non è più sopportabile. Sabato, 7 ottobre, alle 16, a Bellinzona, è prevista una mobilitazione per protestare contro l’ultimo aumento sproporzionato dei premi delle cassi malati. Tra rincari, inflazione, non adeguamento dei salari, la misura in Svizzera è colma. A guidare la protesta sono le forze politiche di sinistra (Mps, Partito socialista, Verdi, Giso e ForumAlternativo) e le forze sindacali (Uss con Unia, Sev, Vpod e Syndicom). L’alternativa? Una cassa malati unica a livello federale e con i premi in base al reddito. «Non è normale, in un paese democratico, che un manager con un reddito di mezzo milioni di franchi all’anno, paghi di cassa malati quanto un operaio con un’entrata di 4 mila franchi al mese. Chiediamo, quindi, premi proporzionali che non superino il 10% del reddito» ha sottolineato Fabrizio Sirica, co-presidente del Partito socialista ticinese. Già, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta oggi alla Casa del Popolo di Bellinzona è stato ribadito che è questo il momento per intervenire. «Siamo il cantone più povero della Svizzera, il finalino di coda, eppure quest’anno siamo saliti tristemente sul podio: + 10,5% di costi della sanità. Quelli che pagheranno il conto più alto nel paese. Il fatto che fa pensare ulteriormente e che viene crimininalizzato chi si cura, mentre il bisogno di base e diritto fondamentale. Con i salari reali che diminuiscono. La salute non è più un diritto, ma un lusso, e non è accettabile. I dati ci dicono che un 46% della popolazione, con franchigie molto alte, rinuncia a farsi curare per una questione economica. Non si può morire, perché non si fa dal medico a farsi diagnosticare una malattia per questione di costi: ciò in un paese ricco come la Svizzera è sconcertante: la salute è un diritto» ha precisato Chiara Landi, responsabile del settore terziario di Unia, in veste di portavoce dell’Unione sindacale svizzera (Uss). Pietro Majno, primario del Servizio di chirurgia dell’Ospedale Regionale di Lugano, rispettivamente professore di ruolo di chirurgia alla Facoltà di scienze biomediche dell’Università della Svizzera Italiana, ha ribadito il concetto espresso da Landi: «Molti pazienti non vanno dal medico, perché hanno la franchigia troppa alta. E poi arrivano troppo tardi nei controlli, quando la malattia è in stato avanzato e non è più curabile». Per Majno, di ForumAlternativo, la Svizzera a livello di sanità è messa peggio degli Stati Uniti, dove «il sistema è marcio. Da noi la salute è stata messa nelle mani del libero mercato, che non farà mai gli interessi del bene comune, in quanto il suo obiettivo è fare profitti. In questo modo si sta disgregando il sistema sanitario, che non va riformato, ma smontato e ricostruito». La manifestazione di sabato non vuole essere un episodio isolato, perché il limite è stato superato da tempo e ora «la pressione deve essere permanente» per dirla con Giuseppe “Pino” Sergi, del Movimento per il socialismo, che lancia l’iniziativa del 7 settembre: «Non ci si può indignare solo a settembre quando arriva l’annuncio dei premi, un’indignazione a intermittenza, ma occorre esercitare una pressione politica continua. Il sistema è arrivato al suo limite e non è più rattoppabile». Dal canto suo, Matteo Pronzini, parlamentare del Mps, ha sostenuto che «la cassa malati unica a livello nazionale e in base al reddito è l’unica via praticabile per mantenere un tenore di vita sopportabile per i cittadini». Insomma, non è la concorrenza fra casse malati che fa diminuire i costi, per cui i “consigli” delle associazioni per i consumatori di scegliere la compagnia meno cara appaiono fuori luogo. «È la logica del sistema che deve cambiare. Non condivido l’idea del risparmiare sulla salute. Anzi, nella sanità bisogna investire: se la popolazione invecchia, diventa un bisogno, per cui occorre spendere di più, non di meno. Contenere i costi non è una soluzione: siamo un paese solido: si può pensare di investire una quota maggiore di Pil nazionale per riservare una parte della nostra ricchezza in un settore fondamentale, che non è un capriccio, ma un diritto di ogni cittadino» ha continuato Sergi. L'Mps osserva che le reazioni alla notizia degli aumenti, per il momento, «si sono limitate a espressioni di ‘sorpresa’, ‘indignazione’, ‘preoccupazione’ pure da coloro che negli scorsi anni si sono sistematicamente opposti anche a quelle proposte che avrebbero, seppur minimamente, migliorato la situazione».
I relatori hanno chiarito che di proposte sul tappeto ce ne sono; è quindi giunto il momento di far sentire una forte pressione pubblica affinché le cose cambino; sia nella prospettiva dei cambiamenti che possono essere realizzati a breve termine (e ve ne sono molti proposti a livello cantonale e federale), sia nella prospettiva di un cambiamento radicale di sistema che, oggi, quasi tutti ritengono necessario. L’invito è quindi a scendere in piazza, sabato 7 settembre, a Bellinzona per dire no agli aumenti dei premi comunicati negli scorsi giorni e ribadire la necessità di una cassa malati unica a livello federale con premi in base al reddito. |