Casinò Lugano, roulette (russa)

«Lavorare in un ambiente diverso, giovane, dinamico ed interessante, in un contesto professionale nuovo e di successo». Promette meraviglie l’invito che apre la rubrica dei posti vacanti sul sito www.casinolugano.ch. La realtà, però, è tutt’altra cosa. A pensarla in questo modo sono decine di dipendenti ed ex dipendenti della casa da gioco di via Stauffacher, che a inizio maggio si sono rivolti al sindacato Unia sottoscrivendo un testo nel quale si denuncia «l’inarrestabile deteriorarsi del clima di lavoro» e la «dispotica maniera con cui vengono gestite le risorse umane». La direzione generale del casinò (ri)aperto a fine novembre 2002 smentisce e parla di «armonia e collaborazione». La Commissione paritetica della casa da gioco rimanda anch’essa le accuse al mittente, che individua in «un gruppetto di una ventina persone del settore dei croupiers che vuol far passare situazioni particolari come disagio generale». Intanto, però, la roulette (russa) del licenziato ha fatto almeno altre due vittime negli scorsi giorni. Le ultime di una lunga serie. Poco meno di due mesi fa, Sandro, Michele, Salvatore* e 77 loro ex colleghi che ancora prestano servizio al casinò di Lugano hanno deciso che era giunta l’ora di fare qualcosa. Un piccolo, timido passo. Per denunciare «il costante ed inarrestabile deteriorarsi del clima di lavoro» e la «dispotica maniera con cui vengono gestite le risorse umane» nella casa da gioco cittadina. A cavallo tra aprile e maggio, gli 80 dipendenti ed ex dipendenti della Casinò Lugano Sa hanno così conferito un mandato al sindacato Unia, al quale chiedono di attivarsi presso il consiglio d’amministrazione della Casinò Lugano Sa. I firmatari esigono dalla direzione generale del casinò «il reintegro di tutto il personale indebitamente licenziato negli ultimi tempi» e «la sospensione immediata di altri eventuali decisioni in tal senso». La perentoria richiesta è stata trasmessa dal segretario responsabile di Unia Ticino & Moesa Saverio Lurati al presidente del Cda Rocco Olgiati. Che ha invitato il mittente a rivolgersi alla Commissione paritetica, organo cui spetta secondo il contratto aziendale del luglio 2004 la soluzione delle divergenze e dei conflitti riguardanti il personale. «All’interno del casinò – racconta Salvatore, licenziato qualche tempo fa – c’è un malcontento generale, direi del 100 per cento, e il clima di lavoro è peggiorato negli ultimi mesi. Si prendono ordini da persone che non hanno nessuna competenza in materia, che in tutta la loro vita hanno visto mezzo casinò a dir tanto. Le intimidazioni sono costanti, il mobbing è palpabile. La gente è terrorizzata, perché la filosofia imperante è quella del “con me o contro di me”. Le persone non vanno a lavorare tranquille: non si sentono sicure». Michele, anche lui lasciato a casa, la pensa allo stesso modo: «A fine mese come sempre parte la lotteria del licenziato. Nessuno è contento di come stanno le cose, però quasi tutti hanno paura di parlare. Anche perché chi parla, chi ha osato contraddire questi due signori incompetenti [il direttore generale Marco Baranzelli e Sergio Cappelletti della “Boom organizers”, consulente marketing della Casinò Lugano Sa che negli ultimi tempi ha assunto sempre maggiori responsabilità all’interno della casa da gioco, ndr] è stato licenziato». Sandro aveva osato parlare. È stato licenziato. Il motivo? «Riorganizzazione del personale, punto e basta. Non mi hanno mai convocato per darmi delle spiegazioni. Semplicemente ero una persona scomoda, che aveva osato discutere alcuni “ordini”. Tante persone sono state eliminate dall’oggi al domani, senza spiegazioni, e i dipendenti che godono della simpatia della direzione vengono favoriti attraverso promozioni, aumenti di stipendio e altre agevolazioni: in questo modo è normale che si insinui l’incertezza, la paura. Chi lavora là dentro teme di essere il prossimo sulla lista». Questo mese, i prossimi sulla lista sono state almeno due persone, che vanno ad aggiungersi a una lunga serie di lavoratori e lavoratrici (una sessantina, stando alle informazioni in possesso di Unia) licenziate negli ultimi anni alla casa da gioco. Il passo compiuto da Sandro, Michele, Salvatore e dai loro ex colleghi muove da un disagio che a loro dire si sta estendendo e approfondendo all’interno del casinò di Lugano. Un disagio emerso a metà aprile quando Andrea Pagano, croupier ed ex militante sindacale dell’Ocst, si incatenò davanti all’entrata della casa da gioco per protestare contro un licenziamento che considerava abusivo. Pagano parlò allora di «forte pressione psicologica e mobbing», di «una sessantina di licenziamenti ingiustificati dalla riapertura del casinò» e di «dittatura totale». La sua spettacolare protesta si rivelerà più di un gesto isolato. Poco dopo, infatti, un gruppo di lavoratori del casinò contattò il sindacato Unia. Da fine aprile dipendenti e vertici sindacali si sono incontrati a più riprese. Il 28 aprile e il 25 maggio una cinquantina di persone ha partecipato a due assemblee sindacali. Poi il mandato, con il quale 80 lavoratori ed ex lavoratori chiedono a Unia di farsi rappresentare presso il Cda della Casinò Lugano Sa. La direzione generale della casa da gioco ha subito preso le distanze dalle manifestazioni di malcontento. Dapprima il licenziamento di Pagano venne motivato con la necessità di mettere fine al clima di litigiosità e di destabilizzazione che il croupier avrebbe alimentato all’interno della casa da gioco, in seguito anche i recenti contatti tra il gruppo di lavoratori scontenti e il sindacato Unia sono stati censurati e minimizzati. In una comunicazione interna esposta un mese fa nella bacheca al primo piano del casinò di via Stauffacher, la direzione generale fa sapere che «non tollererà spiacevoli atteggiamenti volti a creare un clima di tensione tra il personale, attraverso informazioni inveritiere e fuorvianti». In una “precisazione” apparsa qualche settimana più tardi la direzione generale «suggerisce la massima prudenza nei contatti con coloro che promuovono assemblee o incontri che hanno il solo scopo di sobillare parte dei collaboratori, con finalità che non favoriscono di certo l’interesse dei lavoratori e della Società». Nando Ceruso, vicesegretario del sindacato Ocst e membro della Commissione paritetica del casinò, riconosce che «esistono dei problemi qua e là, come in tutte le imprese». Però, precisa, «almeno nell’ultimo anno il clima di lavoro e le relazioni tra lavoratori e quadri sono notevolmente migliorati: non mi risulta che ci sia un malessere generale». Ceruso denuncia invece i legami esistenti tra un sindacato autonomo che opera in alcuni casinò italiani e alcuni lavoratori del «settore dei croupiers» del casinò di Lugano, persone che «fanno 38 ore la settimana, ogni ora di lavoro hanno 15-20 minuti di pausa e prendono 80 mila franchi di stipendio». «C’è una commissione del personale – osserva il vicesegretario dell’Ocst – alla quale può essere segnalato qualsiasi problema, purché si tratti di problemi concreti, documentati nero su bianco. Ebbene, a noi della Paritetica finora non è mai stato trasmesso nulla di concreto». Sui licenziamenti Ceruso relativizza: «Ce ne sono stati, ma per ragioni fondate. E alle persone interessate la disdetta è stata regolarmente notificata. Spesso si è trattato di assenteismo o di indisciplina. Chi non accetta gli ordini del capo e si mette a fare conferenze, se poi ha un problema deve seguire le vie di servizio, non mettersi a far cagnara all’interno del casinò». Dal canto suo, il direttore generale Marco Baranzelli, da noi interpellato, risponde con una e-mail sottolineando «la crescita notevole» della Casinò Lugano Sa «in termini di risultati e di qualità dell’organizzazione», una crescita determinata da «una politica di sviluppo della qualità in azienda a tutti i livelli». «È vero che alcuni collaboratori ci hanno lasciati», rileva Baranzelli, ma «coloro che non sono più impiegati di Casinò Lugano Sa sono stati sostituiti da altri più adatti a svolgere il loro ruolo». «Stiamo comunque sviluppando l’organico [attualmente di circa 270 dipendenti, ndr] e se lo sviluppo continuerà assumeremo altri collaboratori», spiega il direttore generale definendo il clima di lavoro come «positivo, di armonia e collaborazione tra tutti noi». Armonia, collaborazione tra tutti noi? «Terrore», fa Salvatore. Che guarda oltre: «Questa è una politica anti-aziendale, che risponde solo alla logica del profitto a corto termine. Ai numeri io però non credo molto. Qui si tratta innanzi tutto di salvaguardare la forza lavoro: se non fai crescere il personale, alla lunga sarà l’azienda a rimetterci». Troverà eco (o perlomeno ascolto) questo timore in un Cda ora interamente pubblico dopo la recente estromissione degli azionisti privati? * Le persone hanno richiesto l’anonimato. La loro identità è nota alla redazione.

Pubblicato il

24.06.2005 02:30
Stefano Guerra
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