In via Rinaldi a Mendrisio si respira l’entusiasmo e l’adrenalina che accompagnano sempre i preparativi per un grande giorno e domani, sabato 14 settembre, per Casa Astra lo sarà: si festeggeranno, in sede con una giornata di porte aperte a partire dalle 10.30 cui seguiranno pranzo e concerti, i venti anni di vita della struttura.


Esistenza non sarebbe il termine esatto per il primo centro di accoglienza aperto in Ticino: qui si parla di vite, di quelle di chi ha usufruito del servizio, ma anche di coloro che, di fronte a una situazione di emergenza sociale, non ci hanno pensato due volte – sfidando in un certo modo le istituzioni che negavano il problema dell’assenza di alloggio per alcune persone – ad affittare a spese proprie nel 2004 un appartamento a Ligornetto. Un alloggio inizialmente quasi clandestino voluto dal Movimento dei senza voce. In venti anni la struttura è stata luogo di accoglienza, protezione, ascolto e accompagnamento per più di 2 mila persone: e domani si celebrerà, con un pranzo offerto a tutta la popolazione, favole per bambini e concerti fino alle 20, l'essere riusciti a mettere al centro... i margini. 

 

«Dallo scorso maggio ha iniziato a ospitare persone che non hanno un tetto sotto cui dormire: soprattutto ecuadoriani, ma pure qualche ticinese. Nella più assoluta discrezione. Le autorità comunali e cantonali, come pure qualche vicino, sono al corrente dell’esistenza di questo centro di prima accoglienza ricavato in un appartamento che può ospitare fino a 15 persone. Ma non tutti in paese – siamo nel Mendrisiotto – tantomeno nel resto del Cantone sanno della sua presenza».

Così scriveva laRegioneTicino in un vecchio articolo del 16 marzo 2006. Con Donato Di Blasi, responsabile di quella che da appartamento semi-clandestino è diventata un’impresa sociale, con una decina di persone impegnate quotidianamente per garantire il funzionamento della struttura aperta 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, abbiamo ripercorso quella che può essere definita un’avventura.


Donato Di Blasi, ma chi ve lo ha fatto fare, verrebbe da dire: nessuna garanzia, tanto lavoro gratuito, pregiudizi da abbattere, soldi da recuperare... Non deve essere stato facile, soprattutto per le resistenze istituzionali a riconoscervi... 

Le cose succedono quando senti che sono giuste. Nel 2002 era nato il Movimento dei senza voce, che seguiva sul territorio alcune persone in difficoltà e aveva dato vita a una raccolta firme per un centro di emergenza. Alla fine lo abbiamo fatto noi, affittando un appartamento a Ligornetto nell’ex fabbrica di scarpe Astra. Nacque così Casa Astra che all’inizio ha ospitato perlopiù ecuadoriani, persone di passaggio e, a partire dal 2006,  sempre più svizzeri e domiciliati. 


Come siete stati accolti dalla società e dalla politica? Quali resistenze avete dovuto affrontare?

L’iniziativa è stata accettata prima dalla società che dalle istituzioni. Da subito siamo stati sostenuti da parlamentari, trasversali ai vari partiti politici, che portavano la questione dei senzatetto in Gran Consiglio. Le istituzioni, all’epoca il ministro del dipartimento era Luigi Pedrazzini, erano terrorizzate, perché non volevano rendere visibile alla popolazione un problema che veniva nascosto. Accettare l’esistenza di una struttura come Casa Astra significava ammettere che non si faceva abbastanza per il problema. Nel 2005 Martino Rossi, allora direttore della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie, commissiona un rapporto alla Supsi ed emerge che nel cantone sono 800 le persone che si ritrovano senza un alloggio. Nel 2006 inizia un nuovo tipo di utenza: le cliniche psichiatriche e qualche curatore cominciano a mandarci dei loro assistiti e l’anno dopo il Cantone decide di contribuire alla retta quotidiana con 30 franchi.


Pochi soldi, poco spazio, la necessità di una struttura più grande e l’acquisto dell’ex Osteria al Ponte con 23 posti letto, aperti anche alle donne. Come ce l’avete fatta e chi sono gli ospiti oggi?

Nel gennaio 2016 siamo entrati nella nuova sede grazie al sostegno della collettività che ha sostenuto la nostra raccolta fondi. Un piccolo miracolo, anche se il Cantone continua a sottofinanziarci. Chi sono gli ospiti? I figli di questo tipo di società e di un mondo del lavoro che precarizza le esistenze umane, lasciando la gente a casa, senza soldi, in depressione e in grande difficoltà. 


I dati del 2023 indicano un aumento di persone con passaporto svizzero, o domiciliati (67,24% dell'utenta), nonché di giovani fra coloro che chiedono aiuto a Casa Astra. 

Pubblicato il 

13.09.24
Nessun articolo correlato