In questi giorni di canicola si moltiplicano, giustamente, gli avvisi e le raccomandazioni delle autorità alla popolazione sui comportamenti da adottare a tutela della propria salute. Da parte nostra, ci preme però spostare l’attenzione su due aspetti particolari: da un lato i gravi pericoli (forse un po’ sottovalutati) che corrono i lavoratori dell’edilizia e dall’altro il cinismo che stanno dimostrando le medesime autorità (in Ticino) che emettono i consigli. Il gran caldo che molti di noi hanno la possibilità di vivere in un ufficio climatizzato, in casa o in vacanza, rappresenta il nemico numero uno per chi opera sui cantieri o in generale all’aria aperta: la disidratazione, un colpo di sole o un’insolazione possono avere conseguenze mortali. E nei periodi di canicola anche gli incidenti sul lavoro si moltiplicano aumentando del 7 per cento. Per queste ragioni i datori di lavoro, cui compete la tutela della salute dei loro dipendenti, devono provvedere a particolari misure di protezione e adattare gli orari di lavoro. Anche se in condizioni estreme come quella di questi giorni i cantieri più esposti al sole andrebbero chiusi del tutto: in questo sarebbe auspicabile un po’ di flessibilità sui tempi di consegna da parte dei committenti. Così come andrebbe chiuso (per passare alla seconda riflessione) il tristemente noto bunker di Camorino usato come alloggio per una trentina di richiedenti l’asilo, che il Cantone Ticino sta trattando come fossero delle bestie. Mentre «alla popolazione» raccomanda, di bere, di stare all’ombra, di proteggersi eccetera, queste persone vengono costrette a trascorrere tutto il giorno sotto il sole cocente nei dintorni della struttura (chiusa per consentire una migliore efficacia del sistema di aerazione), senza soldi e senza poter far nulla. Una struttura già in sé inadeguata, pericolosa per la salute di chi vi alloggia e irrispettosa della dignità umana e che in condizioni meteorologiche estreme collassa. E non lo si scopre oggi. Mentre scriviamo gli asilanti ospiti stavano inscenando uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni di vita cui vengono costretti: “Non potete trattarci come animali, siamo umani”. È forse chiedere troppo? Pare di sì.
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