Profondi cambiamenti caratterizzano da tempo la realtà sociale in cui viviamo e in cui son chiamati a operare i socialisti. Dove stiamo andando? Come dobbiamo posizionarsi di fronte a questi cambiamenti? Il socialismo può ancora rappresentare un'alternativa al capitalismo? Sono queste domande ad animare il documento "Identità e ruolo dei socialisti" redatto nelle scorse settimane da un gruppo trasversale del Ps (tra gli altri, anche il capogruppo Raoul Ghisletta, l'ex presidente Anna Biscossa, il deputato Werner Carobbio o ancora i membri di direzione Tatiana Lurati Grassi e Ivo Durisch) che verrà discusso il prossimo 6 dicembre in una Conferenza cantonale di riflessione. Che ne pensa il presidente del partito di questa proposta di dibattito? Condivide le critiche e le proposte avanzate?

Manuele Bertoli un gruppo trasversale del Partito socialista ha presentato un documento di riflessione sull'identità e il ruolo dei socialisti. Indipendentemente dal contenuto, come ha accolto questa iniziativa?
L'iniziativa parte da lontano, dalla volontà di riflettere sulle sconfitte elettorali alle federali e alle comunali. Naturalmente il dibattito va sempre bene, ma come molti, da questo genere di esercizi mi aspetto un'analisi rigorosa e una parte propositiva...
Prendiamo il documento. Nella premessa si sottolinea la necessità di soffermarsi a riflettere per meglio rispondere alle sfide cui la società è confrontata. Il Ps, si legge, fatica infatti ad adattarsi ai tempi che cambiano. È sbagliato supporre che, a livello cantonale, il Comitato cantonale negli anni ha perso lo smalto e quindi la sua capacità di riflessione e dibattito?
Il Comitato Cantonale ha purtroppo sempre faticato a discutere di temi politici, preferendo spesso il confronto su questioni organizzative, comunicazionali, di posizionamento, ma non dibattiti di fondo. Quando si discusse, sull'arco di più sedute, del programma, la fatica era palpabile. Detto questo condivido la tesi secondo cui il partito fatica ad adattarsi alle nuove sfide, perché troppo legato a certi schemi fissi, che tuttavia molti chiedono di mantenere. Un partito deve comunque sempre interrogarsi su quel che fa, direi che è un processo che deve essere permanente.
A proposito di schemi, secondo il documento la sinistra si è affermata in passato come garante della redistribuzione della ricchezza; mentre la produzione della ricchezza era un compito di altre forze. Uno schema in cui la sinistra aveva un ruolo chiaro e forte. Oggi questa chiarezza sembra venir meno, in particolare per quel che riguarda il ruolo della sinistra. Visto il contesto attuale non dovrebbe essere più facile per la sinistra ritrovare il suo spazio e dunque la sua forza? Il documento non dà precisi suggerimenti. Secondo lei la sinistra come deve ritrovare la sua forza?
Io non condivido affatto quello che lei chiama "schema forte", perché è la visione della sinistra che ha la destra. Ricorda la storiella della cicala e della formica? Beh, in questo schematismo noi saremmo la cicala, che non si interessa affatto della creazione del benessere e si limiterebbe a goderne. Storicamente la sinistra ha tentato di sovvertire i modi di produzione, oltre che di occuparsi della distribuzione della ricchezza. Io credo che, soprattutto oggi, con lo sbriciolamento delle teorie liberiste, si debba puntare sul recupero di una serie di paletti proprio nella creazione della ricchezza. Ridurre i trasporti assurdi, produrre e consumare localmente, migliorare l'efficienza energetica, investire nei servizi, combinare lavoro e famiglia, lavoro e formazione continua con modelli nuovi di lavoro, abolire i divari artificiali tra lavoratori salariati e indipendenti, ecco solo alcune delle cose che dovrebbe fare la "formica rossa". Poi naturalmente continuare a riformare la distribuzione della ricchezza, con la cassa malati unica e sociale, con l'Avs flessibile, con gli assegni familiari per tutti, con i servizi per famiglie, giovani, anziani ecc. Tutte cose che abbiamo sostenuto in questi anni e che sono tutt'altro che marginali.
Nel documento, si sottolinea che anche in Ticino il partito ha perso profilo sia per cause esterne, sia – e soprattutto – interne. Troppi istituzionalismi e troppi personalismi sono messi all'indice. Accuse forti per un partito che si è sempre voluto distanziare da questi due "peccati"…
Rappresentare nelle istituzioni certi interessi, certe aspirazioni è il ruolo principe di un partito politico. Naturalmente esso deve avere tutta una serie di legami con la società, ma il ripudio della sua funzione istituzionale di fatto corrisponde al ripudio del suo ruolo principale. Oggi non siamo più nell'era dei partiti/chiesa; esistono molte associazioni, gremi, gruppi di interesse che fanno molte cose ed i partiti dovrebbero rappresentare queste realtà, non sostituirsi ad esse.
Sui personalismi è certamente vero che il partito nelle scelte di persone fatica a decidere serenamente, senza che qualcuno dei "contendenti" tenti di rimettere in discussione il processo decisionale. È accaduto alle cantonali, dove la proposta della Direzione, peraltro legittimamente modificata dal Congresso, era stata tacciata di verticistica, frutto della nomenclatura e chi più ne ha più ne metta, ed è successo di recente con la vicepresidenza del Gran Consiglio. Su questo punto mi permetta di dire che il partito c'entra poco, perché queste "battaglie" sono avviate e condotte da poche persone dentro il partito, che in genere non fa che subirle.
Altra critica sollevata: il dibattito sulle questioni di attualità è stato inadeguato. Condivide la critica? In tal caso dove si è sbagliato? È ancora possibile rimediare?
Non credo che ci siano dei temi rilevanti di attualità che siano stati sottovalutati. Non sempre è stato possibile dare risposte utili, convincenti, rispondenti a certe aspettative o semplicemente fattibili, ma il partito non ha mai ignorato l'attualità.
È però vero che vi è una perdita di contatto con la base. Nel caso delle Officine di Bellinzona in sciopero ammetterà che il Ps ha perso un treno ghiotto immediatamente pagato anche alle elezioni comunali….
Vede, nel caso delle Officine abbiamo cercato di rispettare quella che è stata la vera forza di questo movimento, ossia la sua indipendenza rispetto a partiti e sindacati. Queste persone hanno saputo prendersi in mano e reagire in prima persona. Abbiamo cercato di dare un aiuto concreto con nostri qualificati membri alla costruzione di quel dialogo che si era interrotto, criticando anche Leuenberger quando è stato necessario e portandolo al tavolo quando è stato il momento di farlo. Gli scioperanti volevano questo e noi abbiamo puntato al risultato, piuttosto che ai tornaconti elettorali, dei quali a chi rischiava il suo futuro importava ben poco. Non abbiamo compiuto dello sciacallaggio politico e ne sono felice. Altri hanno fatto altre scelte, sono stati premiati dall'elettorato per il gran fumo sollevato più che per fatti concreti, ma questo fenomeno è antico e non è una novità di oggi.
Per riaffermare l'identità del partito il documento solleva domande e propone riflessioni. In queste settimane la base del partito, le sezioni hanno già avuto occasione di reagire al documento. In che modo? Quali le sue reazioni?
Non ho ancora potuto fare un'analisi approfondita per cui non posso ancora rispondere a questa domanda. Comunque tutte le proposte saranno considerate seriamente e valutate dal Comitato Cantonale dopo la giornata del 6 dicembre.
Nel documento si deplora la perdita del settimanale area quale mezzo di comunicazione e legante con i cittadini. In tutta sincerità non pensa che il Ps abbia in parte sottovalutato e di conseguenza trascurato questo mezzo di comunicazione a discapito del fondamentale rapporto con la base? Altri partiti intrattengono un rapporto molto più saldo con i loro organi di informazione e questo è pagante…
Innanzitutto va detto che area non è mai stato l'organo di informazione del Ps, ma un settimanale coedito anche da noi, con un suo spazio proprio. È stata una buona esperienza, finita per decisione di Unia, non per scelta del Ps. Più in generale io credo che la forza di un mezzo di informazione sta nella sua capacità di farsi leggere, senza essere sostenuto a viva forza. Chi acquista un giornale per militanza non lo aspetta come aspetta un prodotto che lo interessa per i suoi contenuti. Per questo credo che anche Confronti (è questo il nome del nuovo progetto editoriale che il Ps lancerà nel 2009, ndr), debba puntare sulla qualità, più che sul sostegno militante. Solo così saprà farsi leggere, interessare, fare opinione pubblica.

Pubblicato il 

28.11.08

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